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Avatar: la costruzione di un'identità

Parlando di mondi virtuali, videogame on line o società digitali in genere, con il termine "avatar" siamo soliti fare riferimento alla rappresentazione digitale di un individuo all'interno di un universo parallelo. L'avatar in questo senso è la proiezione sintetica che distingue e identifica il soggetto all'interno della comunità. L'origine della nozione di "avatar" affonda le sue radici nella cultura brahamanica hindu. In sanscrito il termine avatara (sostantivo derivato dal verbo avatr- che significa "scendere") significa appunto "discesa" e nella tradizione hinduista sta ad indicare l'incarnazione della divinità in un corpo fisico e terrestre.
In modo particolare questo termine viene utilizzato per definire le incarnazioni del divinità hinduista Visnù che, secondo la tradizione deve scendere due volte sulla terra sotto dieci forme diverse per salvare l'umanità1 ogni qualvolta si verifichi un declino dell'etica e della giustizia.
Ognuna delle dieci incarnazioni del Dio, ovvero ognuno dei suoi avatar, sembra corrisponda all'evoluzione della vita e dell'umanità attraverso le diverse epoche della creazione dell'universo. I primi tre avatar di Visnù possiedono una forma animale: Matsya, il pesce, rappresenta la vita negli oceani primordiali; Kurma, la tartaruga, rappresenta gli anfibi; Varaha, il cinghiale, simboleggia la vita sulla terra. Il quarto, per metà umano e per metà animale, è Narasimha, l'uomo-leone, che manifesta il principio dello sviluppo dell'uomo. I successivi avatar invece, assumono tutti sembianze umane: Vanama-il nano, Parashurama-l'abitante della foresta, Rama-il re, Krishna che rappresenta l'evoluzione culturale dell'umanità, Buddha-l'Illuminato simbolo dell'evoluzione spirituale dell'uomo. Infine Kalkin, ultima incarnazione di Visnù, appare nelle sembianze di un sacerdote guerriero dal cavallo bianco, incaricato di sterminare i malvagi e regolare l'equilibrio dell'universo.

Nella cultura brahamanica hindu, l'avatar raccoglie in sé una doppia valenza, dal momento che rappresenta una creatura terrestre e al contempo l'incarnazione di un essere superiore, ovvero della divinità discesa tra i mortali. Allo stesso modo, l'avatar che ritroviamo nei mondi virtuali contemporanei non è altro che la manifestazione digitale dell'individuo al di qua dello schermo, che proietta la sua incarnazione in un ambiente sintetico.
Come la divinità hindu, così il giocatore o residente che sia, discende all'interno di questi universi tridimensionali e attraverso la propria rappresentazione fatta di pixel, esperisce e percorre scenari digitali. La nozione di avatar venne applicata per la prima volta parlando di mondi virtuali persistenti nel 1985 da Chip Morningstar in relazione ad Habitat, il primo MMOG (Massive Multiplayer On line Game) in assoluto2, un mondo a due dimensioni, ispirato alla grafica dei cartoni animati. In questi contesti l'avatar permette all'utente di definire il proprio aspetto, permettendo allo stesso tempo agli altri partecipanti di vederlo e riconoscerlo. Proprio per questa valenza fondamentale utenti e programmatori dedicano una attenzione meticolosa agli avatar: i primi impegnandosi nella costruzione di un corpo digitale che li rappresenti al meglio, i secondi cercando di offrire una gamma ricca di opzioni di personalizzazione. L'avatar più o meno curato, bello o brutto che sia, rappresenta la chiave d'accesso di ognuno ai nuovi mondi digitali nei quali viviamo, di fatto, "per interposta persona".

Fabbricare il corpo

"Noi inventiamo noi stessi come unità in questo mondo di immagini da noi stessi creato" (Nietzsche)

Non possiamo varcare la soglia di Second Life senza essere muniti di un corpo di pixel. Questo mondo virtuale è una scena della quale entriamo a far parte solo attraverso il nostro avatar, l'immagine tridimensionale dell'essere che scegliamo di incarnare una volta dentro il metaverso.
Il primo passo per definire la nostra nuova identità è la scelta del nome che adotteremo; il sistema di registrazione di Second Life permette infatti agli utenti di scegliere liberamente il nome proprio, mentre per il cognome bisogna attenersi ad una lista seppur molto varia, di opzioni predefinite.
Il nome all'interno di questo mondo virtuale è l'unica cosa che definisce la nostra identità in maniera certa e stabile; compare in ogni momento sopra la testa del nostro avatar come un cartellino identificativo, e una volta scelto non può essere cambiato: è scritto nella pietra.

Ciò che invece può essere modificato radicalmente secondo l'impulso del momento è il nostro corpo virtuale. Superata la prima fase della registrazione ognuno di noi ha la possibilità di scegliere tra dodici modelli di avatar (sei maschili e sei femminili) corrispondenti ad altrettanti tipi umani. A nostra disposizione ci sono: il ragazzo e la ragazza "della porta accanto" vestiti semplicemente in jeans e maglietta, dall'aspetto normale e sobrio; il/la ragazzo/a "citychic" dall'abbigliamento trendy e metropolitano; il/la ragazzo/a da "nightclub" vestiti in modo più sexy; il/la "cybergotico/a" dal pallore estremo, vestiti rigorosamente in nero; gli alternativi "harajuko" d'ispirazione giapponese. Non mancano inoltre i cosiddetti "furry"3, curiosi personaggi dalle sembianze di animale antropomorfo; a ben vedere in effetti la decisione più importante da prendere forse sta proprio nello scegliere se essere un umano a tutti gli effetti o un furry.



1. Gerosa M. e Pfeffer A., Mondi virtuali, Castelvecchi, Roma, 2006
2. Gerosa M. e Pfeffer A., op. cit
3. La sottocultura del "furry fandom" nacque nel 1980 durante un congresso di fantascienza in cui Albedo di Steve Gallacci, un fumetto futuristico con oltre 150 versioni umanoidi di furry o animali con piume, diede vita a un gruppo di discussione. Da allora i furry si incontrano e condividono la loro attrazione per ciò che è peloso quando e dove possono.

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