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La mafia imprenditrice

Gli anni '70 rappresentano un periodo di gran trasformazione dell'organizzazione di stampo mafioso. La mafia non è più una componente marginale e subalterna che gravita ai margini dell'economia legale ma tende ad esserne soggetto attivo, per questo si parla di "impresa" mafiosa. Questo cambiamento avviene nell'ambito di un mutato scenario nazionale che vede una progressiva disintegrazione economica e sociale. L'organizzazione mafiosa cambia per adattarsi al nuovo contesto. Si parla di un passaggio da una vecchia mafia ad una nuova mafia. La mafia, da "parassitaria" diverrebbe produttrice. Tuttavia questa visione non deve far pensare che la mafia abbia sostituito la competizione per il potere e l'onore con la competizione per la ricchezza, perché, come detto sopra, essa è un intreccio tra continuità e trasformazione. Piuttosto serve solo ad individuare una fase di cambiamento del fenomeno nel corso dell'evoluzione storica. L'opinione diffusa secondo cui ci fu una nuova mafia che ha occupato il posto di quella vecchia o che dalle ceneri della mafia tradizionale sia sorta una nuova mafia, definita imprenditrice, venne considerata anche da Falcone opinione "fuorviante e antistorica". Premesso questo, è innegabile che gli anni '70 rappresentino un momento d'evoluzione per "Cosa nostra". La mafia, arricchita dai proventi dell'economia illegale, in modo particolare dal fiorente mercato dell'eroina, s'inserisce nel mondo economico legale. Si realizza un incontro tra mafia ed imprenditorialità che porta ad un modello d'impresa mafiosa che può contare su specifici vantaggi competitivi, rispetto alle imprese "normali", dati dalla sua struttura particolare (Arlacchi P., Mafia imprenditrice, Bologna, Il Mulino, 1983).

Il primo vantaggio competitivo è rappresentato dall'azione di scoraggiamento della concorrenza. L'impresa mafiosa ha la possibilità di poter agire in una situazione di vantaggio rispetto alla concorrenza, perché può sfruttare la sua capacità d'intimidazione che agisce come una barriera doganale.
Questo può avvenire tramite una serie d'intimidazioni volte ad ostacolare l'attività delle aziende concorrenti e mediante l'accaparramento della maggior parte degli appalti pubblici, contratti e forniture a prezzi molto vantaggiosi. Spesso interventi di carattere violento non sono necessari, perché basta il solo riconoscimento dell'efficacia coercitiva del fenomeno mafioso.

Il secondo vantaggio, competitivo dell'impresa mafiosa, è rappresentato dalla compressione salariale e dalla possibilità di poter usufruire di una manodopera più fluida. L'impresa mafiosa impone le condizioni di lavoro ad essa più favorevoli. Le conseguenze sono la precarietà dei lavoratori, la violazione dei diritti sindacali, l'evasione dei contributi previdenziali e lavorativi, il ricatto costante dei lavoratori, condizioni di lavoro non sicure e un accrescimento della produttività dell'impresa mediante la pressione creata sugli operai.

Il terzo vantaggio competitivo dell'impresa mafiosa consiste nella sua maggiore disponibilità finanziaria che può essere imputata a diverse cause. In primo luogo, il mafioso ha la possibilità di investire parte delle risorse che provengono dalle attività illecite. Queste attività illecite possono essere le più svariate: estorsioni, commercio dell'eroina, traffico d'armi, sequestri di persona ecc. Gli immensi profitti provenienti dalle attività illegali possono essere utilizzati nel circuito delle imprese legali. La mafia, quindi, ha la possibilità di un accesso privilegiato al circuito bancario, grazie alla sua liquidità, e una disponibilità finanziaria assai superiore alle imprese concorrenti.

Dagli anni '70 la mafia si baserebbe su alcuni meccanismi propulsivi che permetterebbero di consentire l'accumulazione di risorse all'organizzazione (Centorrino M., L'altra economia in economia e potere mafioso in Sicilia, Giuffrè, Milano, 1984). Facendo riferimento a questi meccanismi, innanzi tutto possiamo distinguere un'accumulazione di tipo "violenta" da una "pulita".
In primo luogo, la mafia attraverso un'accumulazione "violenta" (estorsioni, tangenti, sequestri ecc.), proveniente dal "sommerso", auto-finanzia l'espansione, mantiene gli affiliati impiegati al suo interno e alimenta l'accumulazione "pulita". Negli anni '70 con la sola industria dell'eroina la mafia fatturava utili addirittura superiori alle "multinazionali" e aggiungendo a questi gli utili provenienti dagli altri "settori" illegali (estorsioni, sequestri di persona, traffico di armi ecc.), si può comprendere come il flusso finanziario a disposizione fosse enorme. Questi capitali, provenienti dall'accumulazione "violenta", sono investiti nell'economia "pulita", in alberghi, supermercati, costruzioni e varie tipologie d'imprese, oppure l'economia mafiosa li esporta verso altre regioni dell'Italia o addirittura verso alcuni paesi dell'Europa.
In secondo luogo, la mafia si avvale del sistema bancario, che serve a riciclare denaro sporco e nasconderne la sua provenienza illegale. Si svilupperebbe un intreccio tra le attività bancarie di alcune città siciliane e il riciclaggio dei proventi dell'accumulazione "illecita".
Il terzo meccanismo consiste nell'inserimento nel settore edile e nel controllo degli appalti a diversi livelli. In primo luogo, questo settore è utilizzato come sede principale del riciclaggio dei proventi "illegali". Inoltre, la mafia realizzerebbe una sorta di ciclo di produzione integrato: se il mafioso fa il costruttore, amplierà il suo raggio d'azione fino a comprendervi le cave di pietra, i depositi di calcestruzzo, i magazzini di materiale sanitario, le forniture e anche gli operai. Gli altri proprietari verranno a poco a poco inglobati in una rete monopolistica sulla quale egli eserciterà il controllo (Falcone G., Cose di cosa nostra, Milano, Fabbri editori, 1991). L'impresa mafiosa può realizzare questo monopolio grazie ai vantaggi competitivi che possiede rispetto ad un'impresa normale (scoraggiamento della concorrenza, compressione salariale, flusso finanziario dall'economia illegale) e l'accumulazione proveniente dal settore edile implicherebbe il controllo degli appalti pubblici. Infine, l'ultimo meccanismo fa riferimento all'accaparramento di flussi di spesa pubblica destinati ad incentivare il settore agricolo. Tra gli anni '70 e gli anni '80 la mafia sfrutta le sovvenzioni provenienti dalla comunità europea, dallo Stato e dalla regione per inserirsi nella gestione del credito all'agricoltura attraverso società per azioni, ma soprattutto attraverso le cooperative.

La figura del nuovo "mafioso imprenditore" si contraddistingue dal passato per cambiamenti che riguardano anche lo stile di vita e la stessa cultura. Il mafioso vecchio stampo lascerebbe strada ad una nuova tipologia di mafioso che assume sempre più i moderni valori capitalistici con l'inclinazione verso la moderna cultura del successo e della potenza. Il nuovo mafioso riesce a combinare valori nuovi che esigono una società industriale con valori tradizionali e comportamenti arcaici. Il cambiamento riguarda anche l'origine sociale e il livello di istruzione formale: gli affiliati non provengono esclusivamente dalle classi inferiori, ma sempre più frequentemente da categorie di ceti medio-alti e con un livello di istruzione spesso discreto.




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