Home Sociologia
Home Sociologia
Pagina 3 di 3
Uno sguardo sugli Obiettivi del Millennio


Figura 3
Come mostrato in figura 3, la partecipazione delle donne in impieghi non agricoli e retribuiti ha continuato a crescere lentamente nel mondo. Questo sia per una mancanza dell'istruzione necessaria sia per gli impedimenti derivanti da un'impostazione ancora discriminatoria delle società e dell'immaginario sociale. I progressi più significativi rispetto alle posizioni passate sono stati compiuti dall'Asia meridionale (+5%), dall'Asia occidentale (+5%), dall'Oceania (+10%) dal Sud America (+5%) e dalla regione sub-sahariana (+4%). Nessun progresso, invece, si è registrato in Nord Africa dove probabilmente le radicalizzazione del conflitto fra Occidente e Islam hanno condotto ad un freno nella promozione dell'uguaglianza di genere.

Le aree dove si registrano in termini assoluti i risultati migliori sono quelle degli ex stati sovietici (circa il 51% dei posti totali di lavoro non agricolo è occupato da donne) e le regioni del mondo più ricco (circa il 47%).

La maggior parte dei lavori retribuiti in Africa e in alcune zone dell'Asia e del Sud America sono concentrati in aree urbane. Nelle campagne, al contrario, la maggior parte dei lavori agricoli principalmente destinati alla sussistenza familiare sono svolti da donne (circa il 60% sul totale dei lavoratori non pagati), le quali restano escluse da qualsiasi forma di protezione sociale pur contribuendo con attività fondamentali per l'ambiente domestico e collettivo. A conferma, quest'ultima considerazione, della necessità di coinvolgere le donne nei processi di sviluppo nelle aree più rurali per assicurare una gestione sostenibile delle risorse (visto che fino ad ora sono state principalmente loro ad essersene occupate).

Anche in campo politico la situazione non migliora più rapidamente. Anzi si potrebbero considerare gli avanzamenti in questo campo come lo specchio della più generale situazione sociale, considerando anche che, se si guarda alla politica come ad uno strumento di educazione, i suoi riflessi avrebbero sicuramente un impatto notevole sul resto della società. Globalmente, nel 2007 le donne presenti nei parlamenti delle nazioni sono il 17%, mentre nel 1990 erano il 13%. Solo in 19 paesi rappresentano almeno il 30% dei deputati e ai primi tre posti, oltre la Svezia (47%), ci sono due paesi non occidentali come il Rwanda, molto vicino al 50%, e il Costa Rica, con il 39%.

Segnali incoraggianti provengono anche dal mondo arabo, dove nel 2006 per la prima volta sono state elette delle donne nei parlamenti del Kuwait, del Baharain e degli Emirati Arabi. Per ciò che riguarda la rappresentanza femminile nelle alte cariche di governo, nel 2006 ben sei donne hanno assunto la funzione di capo di stato o di governo (Cile, Giamaica, Liberia, Corea del Sud, Svizzera e Israele), divenendo in totale 13 le donne che dirigono la politica di un paese o ne fanno le veci di rappresentante.

Target 4: Ridurre di due terzi i tassi di mortalità infantile

Nel 2005 erano circa 10 milioni i bambini che morivano prima di aver compiuto il loro quinto compleanno: a livello globale si stanno ottenendo buoni risultati, sebbene il passo con il quale si sta procedendo resta comunque lento e i progressi non sono distribuiti in modo uniforme.
Recentemente l'Unicef ha dichiarato che è stata superata la soglia storica dei 10 milioni, attestandosi a 9.7 milioni.


Figura 4
Miglioramenti rapidi sono stati ottenuti in Nord Africa dove si è passati da un tasso di mortalità di 88 bambini su 1.000 ad uno di 35 su 1.000 nel 2005, vicino così al raggiungimento dell'obiettivo. In corsa per il target sono anche i paesi caraibici e dell'America Latina, dove nel 2005 registrano 27 decessi su 1.000 nascite (mentre nel 1990 erano 55).

Situazione ben diversa si delinea invece nella regione sub-sahariana che resta l'area con il più alto tasso di mortalità infantile. 166 bambini su 1.000 nati perdono la vita entro i primi cinque anni per diversi fattori: come malattie legate alle scarse condizioni igienico-sanitarie (diarrea, malaria, colera etc.), alla malnutrizione e, in particolare, all'AIDS.

Altre zone del pianeta dove difficilmente saranno raggiunti gli obiettivi sono l'Asia meridionale e gli stati asiatici appartenenti all'ex area sovietica.

Le cause all'origine della mortalità infantile sono la maggior parte delle molte malattie che possono essere prevenute con adeguati trattamenti e con le cure mediche disponibili. Il direttore esecutivo dell'Unicef, Ann Veneman, ha sottolineato recentemente come sia possibile ridurre la mortalità assicurando l'accesso ad un sistema di servizi sanitari integrato e basato sulla comunità. Da una parte dunque la necessità di interventi tecnici, come la distribuzione di medicinali disponibili contro le diverse malattie, le campagne di vaccinazione (ad esempio le morti per morbillo sono state ridotte del 75% attraverso la copertura immunologica), la fornitura di vitamina A; dall'altra, interventi che coinvolgano la comunità per migliorare le condizioni e le abitudini igienico-sanitarie.

Target 5: Migliorare di tre quarti entro il 2015 le condizioni di salute delle donne in gravidanza e durante il parto


Foto 5
I tassi di mortalità femminile durante il parto o nel periodo della gravidanza restano ancora molto alti nei paesi in via di sviluppo, particolarmente in Africa e in Asia meridionale. Circa 1 donna su 16 rischia di morire per complicazioni durante il parto nella regione sub-sahariana, mentre nelle mondo sviluppato le statistiche parlano di 1 donna su 3.800.

In termini assoluti sono 500.000 le donne che muoiono per complicazioni che sono prevedibili o comunque curabili.

La ragione principale, infatti, degli alti tassi di mortalità materna è la mancanza o l'impossibilità di accedere per le partorienti a cure e a strutture sanitarie di buona qualità. Gran parte delle morti potrebbe essere evitata attraverso un adeguato servizio medico che segua la madre prima, durante e dopo il parto.

Come mostrato in figura 5, solo il 38% delle nascite in Asia meridionale e il 45% in Africa sub-sahariana è assistita da personale preparato e qualificato, mentre in tutte le altre aree del sud del mondo rapidi progressi hanno portato le percentuali a superare abbondantemente il 60%.


Figura 5
Le disparità non si fanno sentire solo tra le diverse regioni ma anche all'interno dei paesi stessi: secondo un'intervista di un'agenzia ONU condotta tra il 1996 e il 2005 in 57 paesi in via di sviluppo, l'81% delle donne che abitano in città partoriscono con l'assistenza di personale medico qualificato, contro il 49% delle donne che vivono nelle zone rurali. Le differenze si attestano anche su un altro tipo di frattura sociale, ossia l'istruzione ricevuta: l'84% delle donne che hanno almeno completato il ciclo dell'istruzione secondaria sono assistite durante il parto da medici e infermieri, circa due volte volte di più del tasso registrato per le madri che non hanno avuto nessun tipo di istruzione formale.

Maggiori conoscenze e soprattutto la presenza di personale medico (dottori e infermiere) con una preparazione specifica è un fattore essenziale per ridurre gli alti tassi e, tuttavia, come visto, è difficile assicurarlo nelle aree più povere, e in particolare in quelle rurali. Dottori e infermiere tendono infatti a trasferirsi nei centri delle città dove possono trovare non solo strutture e retribuzioni migliori, ma anche uno spettro di servizi più ampio.

E' necessario, allora, per superare queste difficoltà, oltre alla fornitura di strumenti sanitari adeguati, creare un sistema di conoscenze mediche di base fondato sulla comunità, e integrato con i saperi tradizionali, che possa assistere le donne non solo nel momento del parto, ma anche in tutta la fase precedente della gravidanza, dove è possibile identificare rischi potenziali e pianificare così trattamenti per una nascita più sicura.

Target 6: Combattere ADIS/HIV, malaria e le altri principali malattie


Foto 6
Il target 6 prevede obiettivi ambiziosi e allo stesso tempo fondamentali. Il target principale è quello di fermare entro il 2015 e cominciare a invertire l'incidenza e la diffusione dell'AIDS.

Per la realizzazione di questo target, in particolare per l'AIDS, è necessario quanto prima veniva detto nella parte iniziale del testo, ossia un approccio congiunto che unisca gli sforzi della comunità internazionale nel fornire fondi e strumenti insieme alla partecipazione delle comunità e delle amministrazioni locali nel condividere le conoscenze necessarie. Non è sufficiente, di per sé, un trasferimento di soldi e medicinali per combattere l'AIDS se poi non si ha personale preparato a somministrare i medicinali stessi, come denunciava un articolo comparso sul sito della BBC per paesi come lo Zimbawe.

Sono, inoltre, necessarie campagne di prevenzione, sensibilizzazione e promozione per corretti e sicuri comportamenti sessuali e igienici, che non si affidino solamente sull'astinenza, e per migliorare la conoscenza della malattia: diversi paesi africani stanno procedendo su questa via, come il Rwanda, sebbene povertà, malnutrizione, scarsi servizi igienico-sanitari, difficoltà di accesso ad un'acqua sicura rendono l'incidenza delle diverse malattie ancora molto forte. Tuttavia le misure di prevenzione non stanno tenendo il passo con la diffusione dell'epidemia: in Africa sub-sahariana solo un terzo degli uomini e solo poco più di un quinto delle donne dimostrano di possedere una conoscenza chiara e adeguata dell'HIV.
A tutto questo deve essere aggiunto che l'ignoranza attorno alla malattia, oltre a favorire la diffusione di trattamenti totalmente inadeguati e inefficaci, si trasforma spesso anche in stigma ed emarginazione sociale nei confronti del malato che allontana molti dall'effettuare eventuali test di prevenzione.


Figura 6
Attualmente la prevalenza dell'AIDS nel mondo in via di sviluppo ha cominciato a diminuire, sebbene in Africa sub-sahariana le morti causate dal virus sono ancora in aumento e l'incidenza resta molto alta (come mostrato in figura 6), con le regioni centrali e meridionali come le aree più colpite (Rwanda, Burundi, Sud Africa, Zimbawe etc.). Alla fine del 2006 circa 39 milioni di persone nel mondo erano affette di AIDS, con un incremento di 4 milioni di nuovi malati (in particolare si sono registrati rapidi tassi di infezione in Asia orientale e negli ex paesi sovietici). Anche il numero di persone che ogni anno muoiono per la malattia è aumentato: passando da 2.2 milioni del 2001 a 2.9 milioni del 2006.

I metodi di trasmissione più diffusi del virus sono sia l'utilizzo di siringhe non sterilizzate (in particolare nei paesi della CSI e in alcuni stati africani, come Mauritius, Kenya, Tanzania e Nigeria) sia attraverso rapporti sessuali non protetti (specie in Asia meridionale e orientale).

Gli sforzi per fornire le cure necessarie ai malati sono in continuo aumento: circa 2 milioni di persone nelle regioni in via di sviluppo ricevono la terapia anti-retrovirale, il 28% dei 7 milioni che si stima ne abbiano bisogno. L'area sub-sahariana, sebbene sia la più colpita dal virus (il 63% della popolazione mondiale afflitta da AIDS si trova in queste terre), vede fornita la cura solo ad uno su quattro dei 4.8 milioni di malati che al contrario potrebbero beneficiarne.

L'AIDS è una piaga che ha implicazioni sociali rilevanti: oltre a distruggere la vita di una persona, indebolendola e portandola alla morte senza le cure adeguate, mina la famiglia e rende orfani molti bambini. Nel 2005 circa 15 milioni di bambini hanno perso almeno uno o entrambi i parenti, l'80% del quale in Africa sub-sahariana. Un alto numero di orfani ha conseguenze disastrose per lo sviluppo di una società: costretti a lasciare la scuola per lavorare e trovare il cibo per sé e per i propri fratelli e sorelle, viene a mancare una parte del futuro della società stessa.
In altre parole sono necessari interventi che assicurino un pacchetto minimo di servizi per gli orfani, inclusa l'educazione, la salute e la protezione sociale così da poter mettere riparo ad un problema sociale tanto rilevante quanto senza precedenti specifici.

Dal quadro generale delineato per il target 6 è evidente che molti sforzi devono essere compiuti e con maggiore intensità per poter avvicinare la realizzazione dell'obiettivo, altrimenti destinato a fallire come alcuni altri, specie nella regione sub-sahariana.

Manuel Antonini

Precedente 3    
ARTICOLI AUTORI LIBRI DOSSIER INTERVISTE TESI GLOSSARIO PROFESSIONI LINK CATEGORIE NEWS Home

Skype Me™! Tesionline Srl P.IVA 01096380116   |   Pubblicità   |   Privacy