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Uno sguardo sugli Obiettivi del Millennio

Target 1: Dimezzare, tra il 1990 e il 2015, il numero di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno e che soffrono la fame


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Nel 2005 circa un miliardo di persone nel mondo viveva con meno di un dollaro al giorno, ossia la soglia ufficiale stabilita dall'ONU per determinare la condizione di estrema povertà.

Dal 1990 al 1999 la proporzione mondiale di persone povere ha conosciuto un declino di circa un terzo, scendendo al 23.4% per arrivare ad attestarsi nel 2004 al 19%. Il report annuale dell'ONU afferma che con buona probabilità l'obiettivo potrà essere raggiunto se i miglioramenti procederanno con tale intensità. Tuttavia sono necessarie alcune considerazioni, già evidenti scorrendo le colonne presentate in figura 1. La riduzione di quest'ultimo quindicennio è dovuta principalmente allo sviluppo e alla crescita economica registrata in Sud America e in particolare in Cina e in tutta l'Asia sud orientale. La diminuzione a livello globale, però, non non si riflette omogeneamente in tutte le aree del sud del mondo


Nell'Africa Sub-sahariana, infatti, la percentuale solo negli ultimi anni è andata diminuendo, seppure molto lentamente. Non è un caso che gli ultimi dieci paesi nella classifica ideata dall'ONU attraverso l'indice di sviluppo umano (DHI, Development Human Index). Durante tutti gli anni '90 la crisi politica ed economica nella regione, accompagnata dall'aumento della popolazione e dal più alto tasso di urbanizzazione, ha portato ad un aumento della proporzione di povertà estrema . Solo con la seconda metà degli anni '90 si è avuto un'impercettibile cambiamento dei trend economici negli stati del sud dell'Africa. Per la prima volta infatti si sono registrati tassi di crescita economica superiori al tasso di crescita della popolazione: nel 1999 la proporzione di gente povera sul totale è passata dal 46.8% del 1990 al 45.9% e nel 2004 ha raggiunti il 41.1%. Tuttavia, la maggiore ricchezza dei paesi non si è tradotta in un aumento generale del benessere della popolazione, in quanto lo sviluppo è risultato disomogeneo: non solo tra i diversi paesi dell'area, ma anche e soprattutto all'interno degli stati stessi. La sperequazione tra ricchi e poveri si è accentuata con la crescita economica e in mancanza di meccanismi di equa redistribuzione della ricchezza la condizione delle aree più indigenti, ossia quelle rurali e le baraccopoli delle città, è andata peggiorando.


Figura 1

Ad oggi, dunque, la situazione, pur essendo migliorata (nel 1999 la proporzione di gente povera sul totale è passata dal 46.8% del 1990 al 45.9% e nel 2004 ha raggiunti il 41.1%.),resta comunque, molto lontana dall'obiettivo fissato per il 2015 (il 22% sull'intera popolazione della regione), che potrebbe essere raggiunto solo raddoppiando il passo di diminuzione annuale della percentuale fin qui registrata negli anni più recenti. Ma siccità, instabilità politica di alcune aree e stagnazione economica rendono molto difficile il compito, sebbene non manchino segnali incoraggianti. L'economie di 7 paesi africani registrano un incremento annuale sopra il 3.5%, mentre altri 23 paesi si attestano ad una crescita pari al 2% e il numero assoluto di poveri sia aumentato solamente di due milioni dal 1999 (296 milioni) al 2004 (298 milioni). Considerazioni numeriche che non devono però illuderci sulla equa distribuzione della ricchezza nazionale di ogni paese.

Anche in Russia e nell'area occidentale del continente asiatico non si hanno avuti progressi, anzi la proporzione di popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno è andata addirittura aumentando (dall'1.6& del 1990 al 3.8% del 2004).

Per quanto riguarda la proporzione di bambini sotto i cinque anni che sono malnutriti, la percentuale è scesa dal 33% del 1990 al 27% del 2005 . Come nel caso della povertà, la Cina ha ampiamente raggiunto il target, mentre l'Asia occidentale e l'America Latina hanno registrato buoni progressi. Al contrario, la regione sub-sahariana e l'Asia del sud hanno fatto segnare gli sviluppi meno significativi, si è passati, infatti, rispettivamente dal 33% al 29% e dal 53 % al 46 % nel 2005. Difficilmente sarà possibile raggiungere per queste aree l'obiettivo fissato.

Target 2: Assicurare entro il 2015 un istruzione primaria universale


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L'istruzione è considerata dall'ONU un diritto umano fondamentale (art.26 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo), la cui accessibilità deve essere protetta in modo formale e garantita nella sostanza (diritto formale e sostanziale). L'Unesco considera l'istruzione per tutti un passaggio fondamentale per spezzare (break out) il circolo vizioso della povertà: attraverso le conoscenze, infatti, è possibile favorire crescita economica e assumere quella capacità di rispondere dei propri diritti e doveri (accountability).

Per queste ragioni, al fine di favorire il raggiungimento dell'obiettivo del millennio, l'Unesco, con la partecipazione dei governi nazionali e altri organi multilaterali, ha dato il via a un programma (EFA, Education for All) che ha, tra i diversi scopi, quello di favorire politiche nazionali per un insegnamento primario gratuito in modo da rendere accessibile la scuola anche agli strati più poveri. Sempre in quest'ottica gli istituti scolastici raramente richiedono l'adozione di testi agli studenti, che sarebbero così impossibilitati a frequentare la scuola.

Come espresso all'inizio del testo, per raggiungere un tale tipo di risultati servono interventi decentrati e partecipati: nelle aree rurali più povere è spesso difficile assicurare uno stipendio adeguato agli insegnanti che si trasferiscono verso aree più ricche o maggiormente raggiunte da servizi efficienti. Oltre a ciò è necessario assicurare strutture logistiche adeguate e servizi (come la mensa e acqua potabile) che permettano agli studenti di frequentare la scuola al massimo delle loro possibilità.


Figura 2

Nelle regioni in via di sviluppo si è passati dall'80% del 1990 all'88% del 2005: due terzi dell'incremento si sono registrati dal 1999. A differenza el primo target, buoni risultati sono stati ottenuti dalla regione sub-sahariana che è passata dal 54% al 70%, seppure ancora il 30% dei bambini in età scolastica non frequentano la scuola primaria.

Il numero di bambini fuori dalla scuola resta ancora alto, circa 72 milioni del quale almeno il 57% sono bambine. Inoltre le statistiche non riportano tutti quei casi in cui, seppure iscritti, i bambini non frequentano regolarmente o non frequentano affatto gli istituti scolastici a causa del lavoro minorile, domestico o di altri impedimenti dovuti a situazioni di indigenza. Da segnalare anche che uno studente su cinque in età di scuola secondaria frequenta ancora la scuola primaria sia per un tardo inserimento nell'istruzione sia per evidenti difficoltà a studiare quando difficilmente si ha qualcosa da mettere fra i denti. Seppure un'istruzione più lenta è meglio che nessun tipo di educazione, essa ha conseguenze negative nel futuro del ragazzo: dalle difficoltà di apprendimento a quelle di avanzare poi in ulteriori studi.

Evidente che in entrambi i casi, sia di abbandono della scuola sia di tardo inserimento nell'istruzione, le aree maggiormente colpite sono quelle rurali e dei quartieri più poveri della città (circa un terzo dei bambini di queste aree è lontana dalla scuola contro il 18% di quelli che vivono in città).

In ultima analisi, il raggiungimento di un'istruzione primaria universale necessiterà di una forte spinta per poter essere raggiunta e assicurare così il pieno diritto all'istruzione di ogni bambino della terra.

Target 3: Promuovere le pari opportunità nell'istruzione entro il 2005 e in tutti i livelli della società entro il 2015


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Scorrendo gli articoli di giornale e delle ong riguardanti i progetti di sviluppo non capita raramente di imbattersi in articoli che evidenzino l'importanza della partecipazione delle donne nei processi sociali e nelle attività quotidiane utili a sostenere un reale miglioramento della vita.

Un esempio molto pratico lo si può trovare nel report dell'Onu sulla accessibilità all'acqua e sulla sua gestione sostenibile. Le donne, insieme ai bambini, provvedono all'approvvigionamento idrico in molte regioni rurali. E' evidente, sottolinea il rapporto, che per ottenere risultati efficaci nella gestione delle risorse idriche non si può prescindere dal coinvolgimento attivo delle donne della comunità. Altri casi ancora pongono in rilievo le donne come un passaggio fondamentale per acquisire una cultura dei diritti necessaria a garantire uno sviluppo indipendente e solido, come ad esempio la possibilità di frequentare la scuola che permette alle donne di avere maggiori possibilità nel trovare un lavoro fuori dall'ambiente domestico e rinviare così il momento della gravidanza, ponendo allo stesso tempo un freno spontaneo ad alti tassi di natalità. Un altro esempio ancora è il caso del Rwanda, dove diverse associazioni di vedove hanno preso in mano la ricostruzione delle comunità locali, dando vita a strutture di lavoro e di ritrovo dove la parità viene poco a poco assimilata come principio fondamentale.

Sebbene esistano ancora molte resistenze in tante parti del mondo povero, il problema delle pari opportunità ha un'estensione globale dove le aree tradizionalmente più sviluppate non vantano sempre i migliori risultati. Non a caso questo rappresenta il target che più di ogni altro deve essere valutato a livello mondiale, considerando anche continenti come l'Europa e il Nord America.

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