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La carrozza della metropolitana, silenziosa e solitaria

4. Le popolazioni della metropolitana

L’insieme dei percorsi individuali che partono da una fermata per giungere ad un'altra possono essere classificati, a fini rappresentativi, secondo il ricorrere di determinate regolarità nei modi di agire e nelle diverse modalità di utilizzo del metrò dei vari utenti, le quali comportano diverse produzioni e attribuzioni di senso al contesto suburbano e al mezzo metropolitano stesso (format o frame). Nel paragrafo 3 si è visto come la vettura sia essenzialmente un luogo di transito fisico ma anche sociale, in quanto un individuo smette i panni rivestiti in un determinato contesto per apprestarsi poi ad indossarne altri qualora giunge al punto di arrivo del viaggio, nuovo ambito e nuovo ruolo. Come si vedrà fra poco, tale considerazione avrà una parte importante nel determinare i modi di agire delle diverse popolazioni.
La classificazione è stata articolata sullo sfondo della tipologia della popolazione urbana fornitaci da Martinotti (1993) , il quale distingue fra abitanti, pendolari, city users e metropolitan businessmen. Ad essa, inoltre, viene sovrapposta un’ ulteriore suddivisione fra esperti e non esperti.
In primis, abbiamo i pendolari che, insieme agli abitanti, rappresentano, almeno nei giorni feriali, la quota maggiore di utenti del mezzo suburbano. I pendolari sono esperti utenti del mezzo, dato il loro abituale uso, e ciò che caratterizza tale popolazione è principalmente la perfetta organizzazione che hanno del loro viaggio, al punto che alcuni sanno già in quale carrozza sistemarsi per poter essere più vicini alle scale di uscita nella fermata di arrivo. Generalmente i pendolari sono quelli che aderiscono meglio agli schemi comportamentali sopraccitati e dispongono di meccanismi di distrazione del primo tipo. A conferma di ciò mi è stata utile la seconda osservazione, effettuata durante una domenica mattina, in cui ho riscontrato effettivamente un bassissimo numero di libri (al punto che diviene più facile credere l’Italia un paese che non ama eccessivamente leggere) o di walkman. Infatti, nei giorni festivi maggiore è la presenza di city users, ossia di coloro che si recano a Milano, principalmente in gruppo, per godere di risorse di svago. E’ possibile riscontrare tale fenomeno anche durante le fasce temporali che intervallano gli orari di ufficio nei giorni lavorativi. I pendolari infatti si caratterizzano per il fatto di riversarsi in blocco in metrò entro lassi di tempo ben definiti che sono, appunto, i tradizionali orari d’ufficio, nonostante le nuove tendenze economiche di flessibilità.
Generalmente i pendolari vivono la metropolitana come una perdita di tempo, ancor più quando si compie il tragitto di ritorno verso l’abitazione, senza la consapevolezza, a volte, che un viaggio in macchina avrebbe comportato più tempo ed energia nervosa. Probabilmente ciò è dovuto allo stress della giornata lavorativa, ma anche alla mancanza di controllo che si ha sul mezzo e all’eccessivo affollamento che solitamente caratterizza quelle ore.
Accanto ai pendolari, vi sono poi gli abitanti (generalmente esperti) che con i primi condividono quasi tutti gli aspetti, se non che essi spesso aggiungono un sentimento di affezione verso la metropolitana che non viene vista solo quale luogo di trasporto, bensì è connotata anche come simbolo della città. Durante la prima osservazione, dopo avermi ascoltato parlare con una ragazza ivoriana, mi si è avvicinata una signora milanese che, chiestomi se stessi effettuando una ricerca sulla metropolitana, mi disse di sottolineare che la maggior parte di coloro che raccolgono collette in metrò sono “sfigati” (per usare le sue parole), ma che ciò non li giustificasse dall’eccessivo sporco che, a parere della signora, questi lasciavano nelle stazioni e nelle carrozze.
Una terza popolazione è quella composta dai city users, ossia da coloro che utilizzano la metrò per recarsi in città ad usufruire delle sue risorse di svago e di consumo. La principale differenza con il gruppo dei pendolari non sta in una diversa composizione, in quanto un individuo può appartenere in momenti temporali diversi ad entrambi i gruppi, bensì nel fatto stesso che la metropolitana significa passaggio da un luogo di familiarità ad un altro di divertimento e non di lavoro. Come dicevo all’inizio questo ha un’ evidente influenza sul modo di agire e sul format che viene attribuito alla metropolitana. Infatti i city users, per il fatto stesso di recarsi in un luogo di svago, vivono innanzitutto la metrò più positivamente ed in maniera più rilassata: inoltre si aggiunga che raramente utilizzano dispositivi di distrazione del primo tipo (libri, riviste etc.), giacché, generalmente, si spostano in gruppi di due o più persone. Questa è una fondamentale differenza con i pendolari i quali, al contrario, utilizzano la metrò singolarmente.
Il fatto di essere in gruppo non comporta solo meccanismi di distrazione differenti, ma anche disposizioni spaziali diversi (infatti in questi casi se qualcuno del gruppo si siede, coloro che sono in piedi infrangono le sopraccitate zone off-limits senza remore).
Ulteriore considerazione riferita al gruppo deriva dall’annotare come essi tendono a rafforzare la propria interazione nella misura in cui aumentano i passeggeri della carrozza, quasi a voler sottolineare la propria comune appartenenza quanto più questa stessa è messa in pericolo da altre identità (l’esempio più evidente è la familiarità che si viene a creare fra estranei in mezzo ad una moltitudine qualora riconoscano di avere un elemento comune – sia esso un dialetto, la città natale etc.). I city users fin qui tratteggiati sono quelli che hanno una conoscenza notevole della metropolitana e si differenziano da coloro che invece sono inesperti, ossia coloro che usano raramente o per la prima volta il mezzo suburbano. Per questo secondo tipo di utenza sono interessanti due considerazioni: essi tendono a connotare il metrò come un luogo esotico, di mistero e per questo affascinante e parte integrante dello svago che si ricava nel recarsi in città. Parimenti tale significato fa sì che gli inesperti siano anche i più propensi, da una parte, a vedere il contesto suburbano come luogo di rischio e di crimine e, dall’altra, a credere alle immagini spesso distorsive create dai media di informazione e quindi più facili ad essere oggetti di psicosi collettive riguardanti la metropolitana (si veda ultimamente la diffusione di notizie riguardanti possibili attentati presso le fermate delle linee metropolitane).
La quarta e quinta popolazione (ultime nell’ordine, ma non per importanza) sono state individuate grazie all’indagine sul campo in quanto non sono tratte dalla classificazione di Martinotti. Esse si differenziano dalle precedenti per il diverso senso che assume la vettura in relazione alla modalità d’uso che le stesse ne fanno: la prima è composta da coloro i quali hanno nella carrozza un luogo di sostentamento, mentre la seconda è composta da coloro che usano l’interno del mezzo suburbano per trasmettere messaggi e, quindi, hanno in esso un luogo di espressione.
Tra le diverse figure che compongono la prima di queste due popolazioni vi sono da una parte i borseggiatori (che operano principalmente quando le carrozze rigurgitano di gente nelle zone presso le fermate di quella parte di città che è sede di eventi o manifestazioni particolarmente importanti – Lotto, quando vi è una partita; Amendola/Fiera in occasione di importanti eventi fieristici) e dall’altra coloro che chiedono la colletta ai passeggeri delle diverse carrozze.
Per quanto riguarda questi ultimi è legittimo distinguere fra coloro che chiedono una piccola offerta semplicemente questuando e facendo, dunque, leva sulla generosità o sul desiderio di apparire dei presenti e coloro – la maggior parte – che forniscono una qualche esibizione musicale. Questi ultimi, data la loro performance, in qualche modo impegnano il presente in un rapporto duale dove l’offerta è più vista come un contro-dono che è possibile rifiutare con la scusa interiore che la breve esposizione non è stata gradita, a differenza dei primi per cui, spesso, il fatto che domandano senza nulla dare in cambio, poiché nulla hanno, induce i più a ricercare una giustificazione morale del perché non si è fatta la buona azione quotidiana3.
La seconda di queste popolazioni, infine, si compone dei c.d. writers, ovverosia ragazzi, per lo più adolescenti, che disegnano le proprie firme (tag) sulle pareti interne ed esterne della carrozza (oltre che in altri luoghi) nel tentativo di lasciare un segno, un’orma cittadina del proprio passaggio in uno spazio urbano sempre più indifferente e di fretta. In un luogo, la metropolitana, che si è definito nella premessa come silenzioso e solitario, queste tag rappresentano delle grida di giovani che ci sono, ma che forse non sanno come farsi vedere. A volte sono più la manifestazione di un malessere, piuttosto che di un strafottenza verso la realtà che li circonda.
Rientrano sempre in questa popolazione quelle che possono essere definite le presenze occulte ossia i messaggi pubblicitari che sono situati all’interno della carrozza. Per una loro analisi si rimanda a quanto detto precedentemente.
Vi è infine da considerare a parte la presenza di immigrati extra-comunitari (dove per extra-comunitari si intende la connotazione che riveste nell’accezione comune, ossia provenienti da paesi a basso grado di sviluppo economico) e cercare di analizzare se sono oggetto di comportamenti discriminatori. Le poche osservazioni effettuate non hanno portato a conclusioni rilevanti o ad individuare tendenze di segregazione particolarmente evidenti. Generalmente, può accadere che nelle euristiche di rappresentatività operate da alcuni il fatto di individuare la presenza di immigrati può portare ad allontanarsi da quella zona, piuttosto che a manifestare comportamenti violenti. Tuttavia queste sono solamente ipotesi, plausibilmente formulate entro quelle che sono le tendenze più diffuse nella quotidianità verso l’Altro culturale.

3 M. Augé. Un etnologo nel metrò Elèuthera 1992


5. Conclusioni

I caratteri della metropolitana, esposti nella prima parte, hanno contribuito alla costruzione di quell’immagine di Milano, molto diffusa nell’immaginario collettivo, quale città frenetica, “fredda” e priva di sentimenti. Ancor più che a lungo Milano è stata l’unica città italiana ad essere munita di una tale struttura di trasporto.
Tuttavia, il mezzo suburbano ha assunto altresì un carattere simbolico positivo per la città, connotandola come continuo luogo di innovazione e di dinamismo economico.
Inoltre, se, come visto, da un lato sono valide le ipotesi che vedono il contesto suburbano quale luogo di enfatizzazione di schemi comportamentali e relazionali moderni, improntati all’ indifferenza, al non-contatto, all’azione strategica e strumentale, dall’altro è necessario non dimenticare mai che esso è parimenti un vero e proprio laboratorio sociale, un micro-cosmo che impone le sue norme ad attori che interagendo contribuiscono a formarle e a rafforzarle. L’insieme delle popolazioni ricavato forma quell’aggregato eterogeneo che è il gruppo dei passeggeri, il quale varia la sua composizione al variare dei diversi cicli temporali. Un aggregato che si piega a regole e norme implicite comuni.
In conclusione, ritorna qui quello che è stato il filo conduttore della ricerca: all’interno della carrozza vi è una costante ambiguità, una forte contraddittorietà fra i suoi aspetti (uniformità/molteplicità; reiterazione/novità; silenzio/moltitudine; indifferenza e isolamento/moltitudine) che dona alla carrozza metropolitana la sua identità peculiare, la sua aura.

Manuel Antonini

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