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La carrozza della metropolitana, silenziosa e solitaria

3. Norme comportamentali, relazionali e sistemazione nello spazio

Si è detto nel paragrafo precedente dell’esistenza di tali norme all’interno della carrozza che regolano il nostro modo di agire ed il nostro mettersi in rapporto con gli altri. Si è altresì chiarito come queste norme derivino dalla necessità di condividere comportamenti che allentino la tensione dovuta alle caratteristiche, sopra dette, del contesto suburbano. Le regole che strutturano i nostri comportamenti all’interno delle carrozze, tuttavia, non si richiamano solo a tali caratteristiche, ma anche a quelli che sono stati definiti “istinti territoriali”2 per indicare la relazione fra contesto spaziale e i comportamenti posti in essere dai soggetti al fine di ottenere una condizione di sicurezza e di stabilità emotiva. In sostanza nell’occupazione e disposizione in uno spazio pubblico gli individui agiscono in maniera strategica e razionale secondo modelli di agire che sono ampiamente condivisi ed impliciti. Ciò significa che essi sono validi per tutti, sia per coloro che sono utenti abituali, sia per coloro che per la prima volta salgono sul metrò e rientrano nelle conoscenze fondamentali che attraverso le diverse fasi di socializzazione apprendiamo.
In questo paragrafo si cercherà di identificare tali schemi di comportamento, di disposizione e le loro norme, consapevoli tuttavia che insistere eccessivamente su di essi significa presupporre una condotta dei passeggeri fortemente standardizzata. Per questo motivo nel paragrafo 4 si cercherà di mostrare le differenti varianti operate in questi modi di agire generali dalle diverse “popolazioni” che compongono l’insieme dei passeggeri. E’ lecito notare come quanto appena accennato si ricollega ai principali caratteri del metrò: da una parte uniformità, dall’altra molteplicità.
E’ possibile cominciare l’esposizione di tali modelli comportamentali e relazionali seguendo le diverse fasi in cui si articola il transito nella carrozza. La fase di ingresso presuppone che le persone in entrata lascino un debito spazio per dar adito di uscire a coloro che sono giunti alla loro fermata: spesso l’inosservanza di questa accortezza (che viene espressamente indicata da appositi cartelli sulle porte automatiche) prevede da parte di coloro che escono una certa irrequietezza che può sfociare in diversi comportamenti (dall’insulto al semplice spintone per farsi spazio).
Una volta entrati in carrozza, ci si trova di fronte al cuore dell’azione strategica messa in atto dall’attore sociale: egli deve scegliere dove sistemarsi valutando un insieme di fattori che va dall’osservare la presenza di eventuali posti liberi fino alla considerazione delle persone presso le quali ci si disporrà. Generalmente per quest’ultimo punto, dato l’anonimato dei presenti, si mette in atto la c.d. euristica della rappresentatività (Tversky e Kahneman) con cui l’individuo trae le sue conclusioni sull’immagine dei passeggeri e decide presso chi sia meglio sistemarsi.
Per quanto riguarda la sistemazione spaziale all’interno della vettura sono state riscontrate, durante le osservazioni fatte sul campo di indagine, diverse tendenze elencate qui di seguito.
Per prima cosa è necessario indicare schematicamente come si struttura la carrozza al suo interno: di forma rettangolare, lungo le due pareti laterali si alternano quattro blocchi da quattro sedili frapposti dalle porte automatiche. Per una maggiore comprensione viene riportata in figura 1 l’interno di una tipica carrozza della metrò milanese. Inoltre è bene sottolineare come le tendenze riscontrate sono valide per la Linea M1, dove maggiormente si è concentrata l’osservazione, in quanto le porte d’accesso ad ogni fermata sono sempre quelle poste sul lato di destra prendendo come nord la direzione verso cui il mezzo viaggia. Questa regolarità, all’apparenza ininfluente, tende a caratterizzare la linea rossa per una maggiore intimità ed un minor bisogno di concentrazione-tensione poiché viene definito sistematicamente quale sarà il luogo da lasciare libero per il transito di ingresso/uscita.
Ad un livello generale, le persone tendono ad occupare, qualora la disponibilità di posti lo permetta, i sedili posti all’estremità dei blocchi: tale regolarità è fortemente riscontrabile quando il treno metropolitano è all’inizio della sua corsa presso la fermata di capolinea o quando, appena liberatosi uno di questi sedili, le persone sedute nei posti centrali scivolano in quello laterale (comportamento che può anche generare disagio o imbarazzo in coloro che gli sono seduti accanto). A tal proposito, sempre in figura 1, si può avere un riscontro visivo di tale fenomeno. La causa di questa tendenza è da ricercarsi sia nel fatto che i sedili all’estremità sono caratterizzati da una maggiore comodità per la presenza di una struttura di ferro che li delimita e che permette di appoggiarsi (e di sopirsi!) sia nelle motivazioni più generali che stanno alla base degli istinti territoriali, ossia la ricerca di sicurezza e di controllo della situazione. Così la sbarra di ferro diventa una difesa che consente agli individui di assicurarsi la protezione di un lato del corpo.
Parallelamente a tale dinamica, che si può definire centrifuga, e sempre per quest’ultima ragione ve ne è una seconda che si riscontra quando i posti a sedere sono occupati: tendenzialmente, infatti, le persone in piedi si dispongono o lungo le porte inutilizzate con la schiena appoggiata ad esse – nonostante i richiami che ci indicano quanto sia pericoloso appoggiarsi – oppure presso gli spazi laterali antistanti le porte di ingresso/uscita.
Questi due primi modelli di condotta sono illustrati graficamente nella figura 1.




Qualora anche queste zone fossero occupate vi sono altri due istinti territoriali che regolano la nostra disposizione all’interno della carrozza (figura 2): per prima cosa i passeggeri tendono ad occupare la fascia centrale contenuta fra le coppie di porte contrapposte, successivamente, quando anche quest’ultima zona è esaurita, allora le persone tenderanno ad infrangere lo spazio contenuto fra le coppie dei blocchi di sedili contrapposti. Tali aree possono essere viste come settori off-limits in quanto sono occupate solo quando tutte le altre zone non sono più disponibili.
La ragione di questa ritrosia a situarsi in tali ambiti è presumibilmente da ricercarsi, come visto precedentemente, nel fatto che siffatta collocazione comporterebbe l’essere al centro di più sguardi incrociati e l’assenza di controllo della zona situata dietro la persona.
Come indicato dalla figura 3, nelle precedenti situazioni l’individuo grazie alla loro collocazione presso le pareti laterali mantiene un controllo totale del contesto, in quanto l’unico spazio da monitorare si sovrappone allo spazio visivo da essi abbracciato, mentre nelle zone off-limits vi è una parte (nel disegno evidenziata in azzurro) che è esclusa dal controllo.

Figura 3

Ulteriore considerazione, desumibile dall’osservazione e riconducibile alla necessità di controllo che spesso struttura il nostro agire in metropolitana e che richiama il bisogno di equilibrio di cui si è trattato nel paragrafo precedente, è la tendenza dei passeggeri in piedi a posizionarsi con lo sguardo rivolto verso le porte di ingresso per poter monitorare il flusso in entrata che, ad ogni fermata, compone il gruppo di individui presenti all’interno della carrozza. Sempre riconducibile alla questione più generale del comportamento in metropolitana in funzione del bisogno di stabilità è la persistenza di quelle sfere attorno agli individui, che Hall ha definito space body bubble (lo spazio della bolla del corpo), le quali definiscono le distanze sociali e le prossimità con gli altri nella vita quotidiana. Tuttavia tali sfere subiscono un ridimensionamento, rispetto agli altri spazi pubblici, proporzionale al riempimento del vagone fino al caso estremo in cui lo spazio è congestionato e l’ultima forma di preservazione del proprio spazio si riduce al contrapporsi delle schiene o nel divergere degli sguardi fra coloro che si ritrovano faccia a faccia.
Per ciò che concerne la fase di uscita, generalmente vi sono coloro che si approssimano alle porte anticipatamente e coloro che, ormai esperti del viaggio, a tempo debito si alzano repentinamente e sgattaiolano fuori confondendosi con il flusso che si riversa sulla banchina e che, in un brevissimo lasso, si dileguano su per le scale di uscita lasciando lo spazio deserto. Elencate le dinamiche che regolano la disposizione spaziale all’interno della carrozza, è ora possibile accennare a quelle che sono le norme più diffuse che definiscono le interazioni ed i comportamenti durante la permanenza in carrozza.
Si è già detto, precedentemente, come l’anonimato e la fuggevolezza contribuiscono a favorire l’assenza di relazioni dettagliate. Innanzitutto, osservando gli schemi interazionali prevalenti nella carrozza due sono i caratteri principali che li definiscono: accidentalità e indifferenza. Le relazioni fra i passeggeri, infatti, molto spesso hanno come oggetto effimere circostanze che raramente danno vita ad un’interazione profonda. Mentre l’accidentalità esprime la casualità dell’origine della relazione sociale, l’indifferenza è il principio generale a cui si ispirano le interazioni ed i comportamenti: nel primo caso basti pensare a tutti quei rapporti transitori e volatili che si formano quando si tenta di riparare ad eventuali infrazioni della condotta o quando compare nella carrozza un attore che esplicitamente non ha un comportamento adeguato, richiamando la riprovazione morale degli altri che, tacitamente attraverso sguardi complici e sorridenti, rafforzano la loro normalità. Per ciò che riguarda l’indifferenza è esemplare un episodio a cui direttamente ho assistito: una ragazza rom, piangendo, ha percorso un lungo tratto della linea metropolitana senza che alcuno si avvicinasse per sincerarsi di come stesse. Indifferenza che, paradossalmente, propende ad acutizzarsi nella misura in cui la vettura tende a riempirsi.
Verosimilmente, una delle possibili ragioni che stanno alla base di una così forte pervasività nei comportamenti e nelle interazioni suburbane di questo atteggiamento si trova sia nelle caratteristiche fin qui esposte della metrò (il suo essere anonima, fuggevole), sia nel bisogno di alleggerire la tensione nervosa che si crea nell’individuo a contatto con gli altri, ancor più in metropolitana data la forzata prossimità che si impone. Proprio da quest’ultima considerazione è possibile analizzare i differenti dispositivi di distrazione (che ricalcano il concetto goffmaniano di disattenzione civile) posti in essere dai passeggeri, nel tentativo sia di alleggerire la tensione nervosa sia di evitare il contatto con gli altri. Fra i più evidenti vi è la lettura di qualsiasi libro, giornale o rivista (tanto che si stenta a credere ai media informativi quando ci rammentano che l’Italia non è un paese di lettori) specialmente da parte di coloro che utilizzano abitualmente il mezzo suburbano, i quali sono il più delle volte organizzatissimi (quanto mi appartiene questa categoria!!!); altra categoria di dispositivi è ascoltare il walkman o lasciarsi assopire dopo una dura e stressante giornata di lavoro o dopo una, altrettanto faticosa, notte brava. All’opposto di tali dispositivi che, in maniera diversa, prevedono un certo grado di isolamento con la realtà esterna, vi sono quei meccanismi di distrazione che consistono nel far “vagabondare” lo sguardo alla ricerca di qualcosa che colpisca l’attenzione, appena il tempo della propria fermata. Ben inteso, senza mai ancorare troppo lo sguardo su alcuno o alcuna, altrimenti l’imbarazzo ed il disagio sono evidenti nell’altro tanto che spesso può cambiare di posto al fine di uscire dallo spazio visivo troppo insistente. In questo vagabondaggio particolarmente importante sono gli annunci pubblicitari che si trovano posti all’interno della carrozza, nella parte alta lungo le pareti laterali. Una collocazione che pare strategica in quanto permette all’individuo di “alleggerire” lo sguardo senza incrociare occhi altrui e senza dare l’impressione di osservare altri. Da questa necessità di distrazione, la pubblicità in metropolitana acquisisce un potente fattore di attrazione (a tal proposito sarebbe interessante studiare il ritorno commerciale di questi messaggi promozionali), accentuato dal fatto che in metrò tra inserzione e spettatore si instaura un rapporto individuale che altre fonti non permettono: da qui la presenza di cartelli pubblicitari particolarmente dettagliati che si rivolgono specificatamente al consumatore quasi allacciando una relazione “confidenziale”.
Per ultimo vi è la “meditazione”, una summa delle due tipologie sopra esposte: lo sguardo riverso a terra e la riflessione affannata in qualche problema quotidiano o in un piacevole pensiero che porta l’individuo ad isolarsi.
Un’interessante considerazione, in ultimo, riguarda il successo che hanno avuto i giornali gratuiti distribuiti all’ingresso delle metropolitane, quali “Metro” o “City Milano”: presumibilmente è lecito supporre che tale favore di pubblico sia legato proprio alla necessità del passeggero di potersi distrarre, fornendo notizie di attualità in maniera veloce e concisa sia perché gli articoli possano essere letti entro il breve volgere del viaggio, sia perché possano funzionare come strumenti di disattenzione e di svago.
Da quanto illustrato finora sia riguardo alla disposizione spaziale caratterizzata da dinamiche tese all’isolamento e al non-contatto tra gli individui, sia per ciò che concerne le forme più diffuse di comportamenti e di interazioni che, come visto, sono definite generalmente da indifferenza e accidentalità, è possibile rispondere affermativamente a quelle che erano le premesse poste all’inizio della ricerca tese ad analizzare i modelli interazionali e comportamentali suburbani come esasperazione di tendenze più generali e presenti quotidianamente nei nostri modi di agire e rapportarsi. Questo insieme di dinamiche contribuisce a costruire quel senso di solitudine che l’individuo esperisce quando si trova all’interno della metropolitana: una sensazione che si fa tanto più forte quanto gli altri che ci stanno attorno tendono ad evitarci, come accade nella metropolitana.
Tuttavia si è detto che la metropolitana non è solo uniformità e standardizzazione, bensì essa si compone di una molteplicità di solitudini per cui vale quanto fin qui esposto.
Attenzione del prossimo paragrafo è la breve descrizione di questa molteplicità

2 A. Mela La sociologia della città Carrocci 2000

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