Pochi giorni fa a Roma è stato presentata la sesta edizione della pubblicazione annuale "Rappoto sui diritti globali". Lo studio, curato da Cgil, Arci, ActionAid, Antigone, Cnca, Forum Ambientalista, Gruppo Abele e Legambiente, è un'analisi sistematica e approfondita su economia, mercato del lavoro e precarietà, sicurezza sul lavoro, welfare, immigrazione, guerre, ambiente e diritti umani.
Sul sito di ActionAid si legge "Il rapporto fotografa e analizza la globalizzazione per quello che è attualmente, inquadrando criticità e punti deboli del sistema-mondo e delinea al contempo i tratti di una globalizzazione diversa, quella che vorremmo, centrata sui diritti umani e sociali, attenta alla costruzione di eguaglianza, democrazia e ricchezza per tutti. Particolare attenzione viene rivolta anche all’Europa e all’Italia. Un intero capitolo viene dedicato al problema della sicurezza, con i risvolti di intolleranza e di “industria della paura”, tema sempre più attuale e preoccupante".

Un dato interessante che emerge tra i molti rilevati è l'uso della forza lavoro clandestina: il 21% delle imprese italiane, infatti, "fa ricorso al lavoro immigrato [...] perché i cittadini stranieri sanno lavorare, perché sono disponibili per lavori su cui è difficile trovare manodopera italiana, perché costano meno. La loro presenza è ormai considerata strutturale".
Una fotografia ben diversa da quella che siamo soliti considerare, considerando che, sempre secondo i dati del Rapporto, le nostre aziende crescono a un ritmo invidiabile: fatturati e utili "delle maggiori aziende hanno viaggiato a un ritmo cinese, superiore del 10% rispetto all'anno precedente".
Un ritmo invidiabile che contrasta con le numerose morti sul lavoro, l'inflazione galoppante e la riduzione del potere d'acuisto dei salari. "Da gennaio 2007 a gennaio 2008 l'aumento dei salari su base annua è stato del 2,5%, un punto in meno dell'inflazione. I salari italiani si trovano al 23esimo posto su trenta Paesi Ocse, solo nel 2004 erano in 19esima posizione. La retribuzione media di un lavoratore italiano senza carichi di famiglia, in termini di parità del potere di acquisto, è di 19.861 dollari (13.000 euro, mille al mese) contro la media dell'Europa dei 15 di 26.434 dollari e dei paesi Ocse di 24.660 dollari. I cinque top manager più pagati nel corso del 2007 hanno incassato stock option escluse, 102 milioni di euro; considerando i primi 50 top manager si arriva a un incasso complessivo superiore a 300 milioni di euro". Tradotto in parole semplici ognuno di essi guadagna 400 volte di più di un operaio.

Un sistema economico, dunque, che aumenta sempre più le sperequazioni tra i ceti, dove l'Olimpo della ricchezza poco alla volta va un po' più in sù a discapito di qualsiasi ragione in ordine di giustizia sociale e diritti. Ulrick Beck, nell'intervista pubblicata proprio su questo canale, afferma che oggi la produzione di ricchezza è sempre più connessa alla produzione di rischi. Tali rischi non sono solo quelli ambientali, le grandi catastrofi legate al deterioramento dell'ambiente, ma anche quelli quotidiani, basati sulla precarietà del lavoro o sull'inadegutaezza dei sistemi di sicurezza. Rischi condivisi da molti per una ricchezza divisa tra pochi...perchè tutte queste cose (aumento dei fatturati, inflazione, riduzione del potere d'acquisto dei salari e morti sul lavoro) avranno pur una qualche logica che li lega.