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Dal lavoro standard al lavoro atipico: la storia in breve

La nuova fase si caratterizzò per instabilità della crescita, inflazione ed anche per disoccupazione. La domanda di lavoro si modificò rapidamente a causa dell'introduzione della tecnologia nelle imprese, della dislocazione territoriale delle stesse, nonché della comparsa di nuove professioni. Queste trasformazioni, acceleratesi nel corso degli anni '80, bene descrivono i cambiamenti che le imprese subirono anche nelle loro dimensioni e nei settori economici di intervento: così, infatti, alla riduzione della grande impresa corrispose la diffusione della piccola impresa, nel settore industriale ma, soprattutto, in quello terziario che aumentò nella sua dimensione privata favorendo la crescita di una "Società di Servizi" che richiese una riorganizzazione sociale e tecnica del lavoro particolarmente complessa; si assistette "al passaggio dalla produzione di beni all'assolvimento di funzioni e bisogni, alla perdita di entusiasmo per la quantità in favore della qualità, dal ricorso alle persone per attività semplici e standardizzate al crescente impiego delle loro conoscenze e delle loro capacità decisionali e creative"4. A queste trasformazioni del sistema economico e produttivo occorreva conformare sia i canoni del diritto del rapporto individuale di lavoro, che quelli del diritto sindacale.
Oltre all'espansione del terziario, il fenomeno di erosione della centralità del lavoro subordinato standard costituì l'indizio più vistoso delle modificazioni del tessuto economico italiano degli anni '80; ad esso è seguita nel decennio successivo, a causa di tutta una serie di fattori che vedremo, l'applicazione delle manovre finalizzate a generalizzare e formalizzare la flessibilità del mercato del lavoro.

I cambiamenti tecnologici ed organizzativi, la fine della crescita dell'occupazione nei settori tradizionali dell'industria, dell'agricoltura e, repentinamente, anche dei servizi, hanno imposto una reazione più rapida sia nell'adeguamento della forza-lavoro sotto il profilo professionale, sia nel sostegno alla domanda di impiego che, pur continuando ad essere formulata dai lavoratori nella sua accezione tradizionale di lavoro a tempo pieno e continuo, si vedeva contrapposta sempre più spesso all'offerta, da parte degli imprenditori, di posti che richiedevano una prestazione parziale e comunque limitata nel tempo, se non addirittura del tutto occasionale. Nel 1995, il sociologo Accornero disse "stiamo uscendo da un'epoca in cui il mondo del lavoro e le relazioni di lavoro avevano avuto un assetto uniforme, massificato e quasi unificato e stiamo entrando in un'epoca in cui sia l'uno che le altre tendono ad essere differenziate"5.

Si è assistito, così, al superamento del modello di lavoro dipendente a tempo indeterminato, stabile e di lunga durata, esclusivo ed a tempo pieno, capace di contenere nel suo involucro una carriera progressiva e lineare. Era ormai diventato essenziale, sia per l'impresa manifatturiera che aveva decentrato alcune fasi della produzione, come per l'azienda di servizi altamente automatizzata, non solo ricercare le nuove professionalità, ma anche immaginare una struttura contrattuale capace di incorporare una nuova dimensione temporale e spaziale del lavoro.
L'introduzione della flessibilità nel mondo del lavoro ha sollecitato l'interesse dello Stato che è voluto intervenire per disciplinare il fenomeno in vista di un obbiettivo preciso: favorire la modifica delle "regole del gioco" per assicurare l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro flessibile così da promuovere l'aumento dell'occupazione e la ristabilizzazione del sistema economico. Tutto ciò in coerenza con quella opinione prevalente che considera il complesso degli standard legali, protettivi del "posto fisso", un'importante causa di freno all'incremento dell'occupazione: se la sicurezza del lavoro resta l'obiettivo primario per i lavoratori, al contempo la protezione del "posto", attraverso regole giuridiche severe, costituisce un elemento di controproducente rigidità del mercato del lavoro. E' per tale motivo che possiamo affermare come, nell'epoca attuale, il posto di lavoro fisso e vicino casa, configurante l'unica esperienza lavorativa nel corso della vita, in grado di garantire una considerevole liquidazione in denaro e la certezza di una pensione adeguata per poter affrontare la vecchiaia nel modo più sereno, rappresentano consuetudini sociali ormai obsolete, in quanto riservate sempre più a pochi.

Luisa Fabbricatore
Articolo tratto dalla tesi Il lavoro flessibile: progresso o recessione? Ricerca empirica nel territorio comasco.



4. Parricchi M., La formazione verso il 2000, in "Professionalità", 44/1998.
5. Accornero A., Ancora il lavoro: conversazione con Patrizio Di Nicola, Ediesse, Roma, 1995


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