Home Sociologia
Home Sociologia
Pagina 2 di 4
In difesa di Danilo Dolci

Dunque lo storico che si metterà a sfogliare questo processo, quando saranno da lungo tempo caduti e dimenticati quegli articoli della legge di pubblica sicurezza e del codice penale di cui stiamo qui a discutere da una settimana (quegli articoli che già assomigliano a quei gusci vuoti che rimangono attaccati ai tronchi degli ulivi quando già ne è volato via l'insetto vivo), scorrerà attentamente gli incartamenti per ricercare le prove di questa "spiccata capacità a delinquere" che l'ordinanza istruttoria con tanta durezza preannuncia. E, senza perdersi in sottili acrobazie di dialettica giuridica, si domanderà umanamente: che cosa avevano fatto di male questi imputati? In che modo avevano offeso il diritto altrui; in che senso avevano offeso la solidarietà sociale e mancato al dovere civico di altruismo?

Lo storico arriverà a trovare documentati nel seguito del processo due "misfatti".
Io mi limito a leggere qualche passo di un solo documento: di un documento che è ancora nelle mie mani e che dà a questa mia difesa il carattere non solo di una testimonianza, ma anche, come ieri vi dicevo, di una complicità.

Quando alla fine dello scorso gennaio Danilo Dolci, dopo essere stato a Torino per consultarsi con i suoi amici sulle azioni che si proponeva di svolgere a Partinico, passò da Firenze nel viaggio di ritorno, venne al mio studio per consigliarsi anche con me come legale ed esser sicuro che quello che stava per fare entrasse perfettamente nei limiti delle leggi. Non mi trovò; e allora mi lasciò una copia del foglietto che in questo momento vi sto leggendo, con questa nota scritta di suo pugno: "Speravo di vederti e di avvisarti. Un saluto con affetto. Tuo Danilo". Quando tornai dopo due giorni, e lessi il foglietto, il quale conteneva, come ora vi dirò, il programma di quello che stava per succedere a Partinico, trovai che niente di quello che era preannunciato in tale programma poteva in qualsiasi modo andar contro alle leggi o ai regolamenti di polizia: e per questo mi guardai bene dall’avvertire Danilo Dolci, che intanto era ritornato a Partinico, di astenersi dal fare quello che si proponeva. Se in quello che ha fatto c’è qualche cosa di contrario alla legge, sono dunque responsabile anch’io di complicità e, e forse la mia responsabilità è più grave della sua, perché io dovrei avere quella conoscenza tecnica delle leggi che Danilo non ha.
Dunque, vi dicevo, in questo documento che sto per leggervi c’è la prova di due misfatti.
Il primo misfatto è quello che si proponevano di compiere lunedì 30 gennaio i pescatori di Trappeto.

Si legge testualmente in questa dichiarazione:

"abbiamo ripetutamente documentato alle Autorità direttamente responsabili e all'opinione pubblica, per anni e anni, la pesca fuori legge della zona, gravissimo danno a tutti noi e all’economia nazionale.

" E’ profondamente doloroso e offensivo constatare che lo Stato non sa far rispettare le sue leggi più elementari, più giustificate: i mezzi di informazione e di pressione normali in uno Stato civile, qui sono stati assolutamente inefficaci. Decisi a fare rispettare le leggi, promuoviamo un movimento che non si fermerà fino a quando il buon senso e l'onestà non avranno trionfato. Inizieremo lunedì, 30 gennaio, digiunando per 24 ore."
Seguono circa 300 firme tra loro sono anche numerosi vecchi e ragazzi con piena coscienza dell'azione.

Questo è dunque il primo misfatto. Le circostanze sono semplici e chiare. Una piccola popolazione di poveri pescatori vive alla meglio con la pesca del suo mare. Per legge, il tratto di mare più vicino alla costa è riservato alla pesca della popolazione rivierasca; i motopescherecci, devono tenersi al largo. Ma qui i motopescherecci, per vecchio sistema, si beffano sfrontatamente della legge; da tempo vengono a pescare nel mare vicino alla riva, predando il pesce che dovrebbe dar da vivere ai piccoli pescatori. Così i pescatori locali non hanno più da pescare; questa sistematica rapina dei motopescherecci appartenenti a grandi società organizzate e protette dalle autorità, condanna i piccoli pescatori a morire di fame. Ricorrono alle autorità; ma le autorità non provvedono. Protestano, ma le autorità non ascoltano. Il contrabbando continua: qualcuno pensa che le autorità siano d'accordo coi contrabbandieri; e che ci sia qualcuno in alto che partecipa agli utili del contrabbando.

Allora che cosa fanno i pescatori che da anni reclamano giustizia e non riescono ad averla da chi dovrebbe darla: si ribellano? Si mettono a tumultuare? Rubano? Commettono violenze?
Niente di tutto questo. Arriva Danilo in mezzo a loro e dice: "Voi non avete da mangiare: non avete di vostro altro che la fame. L'unica protesta che vi rimane è questa: la vostra fame. Siete abituati a digiunare, andiamo tutti insieme a digiunare sulla spiaggia del mare. Stiamo a guardare, digiunando, i contrabbandieri protetti dalle autorità, che continuano a far rapina del pesce che la legge vorrebbe riservato a voi. Consoliamoci insieme col nostro digiuno; mettiamo in comune questo nostro unico bene, la fame. E per essere più sereni, porteremo sulla spiaggia qualche disco e ascolteremo la musica di Bach". (Qualcuno ha sorriso su questo particolare della musica: non ha ricordato che anche nella prima guerra mondiale questo era il motto dei fanti inchiodati nelle trincee: "canta che ti passa".)

Allora vengono fuori i commissari di polizia, gli agenti dell'ordine. Voi pensereste che intervengono finalmente per rimettere nella legalità i moto pescherecci contrabbandieri e per far cessare la loro rapina. No gli agenti dell'ordine intervengono per pigliarlsela con Danilo: per diffidare Danilo e i pescatori dal mettere in atto il loro proposito.

- non è permesso digiunare: vi vietiamo formalmente di digiunare.
- Ma come possiamo non diginare se non abbiamo più pesce da pescare?
- Non importa: digiunate a casa vostra, in privato, in segreto.

E’ un delitto digiunare in pubblico. Digiunare in pubblico vuol dire disturbare l'ordine pubblico.

l'ordine pubblico di chi? L'ordine pubblico di chi ha da mangiare. Non bisogna disturbare con spettacoli di miseria e di fame la mensa imbandita di chi mangia bene; non bisogna che la gente ben nutrita, che va sulla spiaggia a passeggiare per meglio digerire il suo pranzo, sia disturbata dalla modesta vista dei pallidi affamati.

Questo è il primo misfatto: ora viene il secondo. Si legge sul solito documento.

"I cittadini di Partinico, donne comprese, proseguiranno l'azione giovedì 2 febbraio come è detto nella loro dichiarazione:
"Milioni di uomini nelle nostre zone stanno sei mesi all'anno con le mani in mano. Stare sei mesi all'anno con le mani in mano è gravissimo reato contro la nostra famiglia contro la società.

"Solo qui in Partinico su 25000 abitanti siamo in più di 7000 con le mani in mano per sei mesi all’anno e 7000 bambini e giovanetti non sono in grado di apprendere quanto assolutamente dovrebbero. Non vogliamo essere dei lazzaroni, non vogliamo arrangiarci da banditi: vogliamo collaborare esattamente alla vita, vogliamo il bene di tutti: e nessuno ci dica che questo è un reato.

"E’ nostro dovere di padri e di cittadini collaborare generosamente perché cambi il volto della terra, bandendo gli assassini di ogni genere. Chiediamo alle autorità, di collaborare con noi, indicando quali opere dobbiamo fare e come: altrimenti, assistiti dai tecnici, cominceremo dalle più urgenti.

" Perché sia più limpido a tutti il nostro muoverci, digiuneremo lunedì 30 gennaio; giovedì 2 febbraio cominceremo il lavoro. Frangeremo il pane con le mani.

"Vogliamo essere padri e madri anche noi e cittadini."

Seguono circa 700 firme.

Anche le circostanze di questo secondo misfatto sono chiare.
Ci sono a Partinico, oltre pescatori, altre migliaia di disoccupati. La Costituzione dice che il lavoro è un diritto e un dovere. Allora, che cosa fanno questi settemila disoccupati: invadono le terre dei ricchi, saccheggiano i negozi alimentari, assaltano i palazzi, si danno alla macchia, diventano banditi?

No. Decidono di lavorare: di lavorare gratuitamente; di lavorare nell'interesse pubblico.
Nelle vicinanze del paese si trova, abbandonata, una trazzera destinata al passo pubblico; nessuno ci passa più, perché il comune non provvede, come dovrebbe, alla sua manutenzione; è resa impraticabile dalle buche e dal fango. Allora i disoccupati dicono: "Ci metteremo a riparare gratuitamente la trazzera , la nostra trazzera. Ci redimeremo, lavorando da questo avvilimento quotidiano, da questa quotidiana istigazione al delitto che è l'ozio forzato. In grazia del nostro lavoro la strada tornerà ad essere praticabile. I cittadini ci passeranno meglio. Il sindaco ci ringrazierà". Che cosa è questo? E’ la stessa cosa che avviene quando, dopo una grande nevicata, se il Comune non provvede a far spalare la neve sulle vie pubbliche, i cittadini volenterosi si organizzano in squadre per fare essi, di loro iniziativa, ciò che la pubblica autorità dovrebbe fare e non fa; e la stessa cosa che avviene, e spesso è avvenuta, quando, a causa di uno sciopero degli spazzini pubblici, i cittadini volenterosi si sono messi a rimuovere dalle strade cittadine le immondizie e in questo modo si sono resi benemeriti della salute di tutti.

Giustamente uno dei difensori che mi hanno preceduto, il collega Taormina, ha detto che questo è un caso di "negotiorum gestio": un caso, si potrebbe dire, di esercizio privato di pubbliche funzioni volontariamente assunte dai cittadini a servizio della comunità e in ossequio al senso di solidarietà civica.

Allora, per impedire anche questo secondo misfatto, arrivano i soliti commissari Lo Corte e Di Giorgi, e questa volta non si limitano alle diffida e questa volta non si limitano alle diffide. Questa volta fanno di più e di meglio: aggrediscono questi uomini mentre pacificamente lavorano a piccoli gruppi dispersi sulla trazzera, strappano dalle loro mani gli strumenti del lavoro, lì incatenano e li trascinano nel fango, tirandoli per le catene come carne insaccata, come bestie da macello.

Bene.

Rimane dunque inteso che digiunare in pubblico è una manifestazione sediziosa; che lavorare gratuitamente per pubblica utilità, per rendere più strada una pubblica strada, è una manifestazione sediziosa.

E a questo punto interviene il giudice istruttore a dare il suo giudizio: "spiccata capacità a delinquere".

E poi riprende la parola il P.M.: "otto mesi di reclusione a Danilo Dolci e ai suoi complici".

Bene.

Ma come può essere avvenuto questo capovolgimento, non dico del senso giuridico, ma del senso morale e perfino del senso comune? Guardiamo di rendercene conto con serenità.

Al centro di questa vicenda giudiziaria c'è, come la scena madre di un dramma, un dialogo tra due personaggi, ognuno dei quali ha assunto senza accorgersene un valore simbolico.

E’, tradotto in cruda rossa di cronaca giudiziaria, il dialogo eterno tra Creonte e Antigone, tra Creonte che difende la cieca legalità e Antigone che obbedisce soltanto alla legge morale della coscienza, alle "leggi non scritte" che preannunciano l'avvenire.



Precedente 2 Successiva
ARTICOLI AUTORI LIBRI DOSSIER INTERVISTE TESI GLOSSARIO PROFESSIONI LINK CATEGORIE NEWS Home

Skype Me™! Tesionline Srl P.IVA 01096380116   |   Pubblicità   |   Privacy