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Le rappresentazioni sociali: definizioni e contributi

Cenni storici e principali contributi di ricerca

«Rappresentazione sociale: una parola che si comincia a trovare dappertutto nelle scienze sociali oggi, molto dopo però che Moscovici, nel 1961, riprendesse l’uso di questo concetto dimenticato di Durkheim»17. Infatti il destino delle rappresentazioni sociali è segnato da un oblio che durerà per più di sessant’anni.
Il primo sociologo che iniziò ad utilizzare il concetto ed il termine rappresentazione è Emile Durkheim nel 1898. Egli distingue essenzialmente due concetti: le rappresentazioni individuali e le rappresentazioni collettive. Distinzione che pare arbitraria, poiché egli distingue due concetti separati, scissi, ma di fatto è la rappresentazione stessa ad avere questa natura bifronte, infatti, essa nasce da una sinergia tra la sfera individuale e la sfera collettiva.
«Si deve ad un sociologo francese l’invenzione del concetto. Durkheim (1898) propose in effetti la nozione di rappresentazione collettiva per spiegare i diversi fenomeni d’ordine sociologico. L’idea di Durkheim posa sul postulato secondo il quale la società formerebbe un tutto, un’entità originale, differente dalla semplice somma degli individui che la compongono»18.

Nel lavoro di Durkheim la rappresentazione designa, prioritariamente, una vasta classe di forme mentali (scienze, religioni, miti, spazi, tempi), di opinioni e saperi senza distinzioni. La nozione è equivalente a quella di idea o di sistema, non essendo i suoi caratteri cognitivi specificati.
Il concetto di rappresentazione, dunque, nasce nell’ambito della sociologia, infatti: «accade spesso che un concetto sia stabilito in una scienza e che la teoria sia elaborata in un’altra. La nozione di gene è nata, come indica il nome, nella genetica, e la sua teoria nella biologia molecolare. Così accade anche per la rappresentazione sociale.
Il concetto di rappresentazione sociale, o piuttosto collettiva, appare in sociologia dove poi conosce una lunga eclissi. Ma la sua teoria si va delineando in psicologia sociale (Serge Moscovici, 1961, 1976) non senza aver fatto prima un giro attraverso la psicologia dell’età evolutiva (J. Piaget, 1926)».19 Si deve comunque a Serge Moscovici la rinascita di questo ambito di studi che pone al centro le rappresentazioni sociali.
E’ fondamentale sottolineare che a questo autore si deve l’ottica più marcatamente psicosociale di questo ambito di ricerca. Infatti, egli sostiene che «per affrontare i fenomeni sociali, rispettando la loro specificità sociale, è necessario servirsi di un’ottica ternaria, in cui alla relazione a due termini tra soggetto e oggetto si sostituisce una relazione a tre termini: Soggetto individuale; Soggetto sociale; Oggetto. Ovvero Io-Altro-Oggetto. Tra soggetto e oggetto esiste e si inserisce un terzo elemento, il sociale»20.
Il contributo di questo grande studioso sta nel fatto che egli è l’anticipatore degli studi condotti sulle rappresentazioni sociali. Ma la distinzione che pone Durkheim, individuale e collettivo, non sarà ripresa da Moscovici. Infatti, Durkheim definisce la rappresentazione con una doppia separazione: le rappresentazioni collettive si separano dalle cosiddette rappresentazioni individuali. Moscovici spiega che «le rappresentazioni individuali proprie di ciascun individuo sono variabili e talvolta scorrenti in un flusso ininterrotto. […] In seguito le rappresentazioni individuali assumono come substrato la coscienza di ciascuno, e le rappresentazioni collettive, la società nella sua totalità»21. Tale distinzione non sarà ripresa da Moscovici, infatti egli parlerà solo ed unicamente di rappresentazione sociale.

Prima del 1961 la scienza sociale non ha prodotto nessuna ricerca sistematica e significativa su tale tema. Il ricercatore svilupperà la sua ricerca con uno studio approfondito delle rappresentazioni sociali della psicoanalisi presso un vasto pubblico. Lo studio si chiama «La psychanalise, son image et son public» (1961). «Nella sua ricerca sulla diffusione della psicoanalisi nella società francese mise in luce come, quando una teoria viene a far parte del senso comune, ci sia una selezione di alcuni concetti, estrapolati dal corpus teorico originale, che vengono rielaborati tenendo conto delle conoscenze già esistenti e familiari».22
Egli sostiene che la rappresentazione sociale «ha una certa fissità, trattandosi di un concetto, ed un’oggettività, poiché è condivisa e riprodotta in maniera collettiva. Ecco che cosa le dona il potere di penetrare in ciascun individuo, come dal di fuori, e di imporglisi»23.
[...]
Moscovici ha dato un forte impulso alle scienze sociali, infatti la nozione di rappresentazione sociale, oramai da più di venti anni, è all’origine di numerosi lavori e dibattiti in psicologia sociale, e tende ad occupare una posizione centrale nelle scienze umane. Questo movimento, avviatosi in Francia, incontra un interesse crescente in paesi diversi, in Europa e al di là dell’Atlantico. Anche altri autori hanno dato vita ad un filone di studi che ha prodotto lavori e ricerche sulle rappresentazioni sociali. Altri studi possono essere ricondotti a Denise Jodelet (1984)24 che ha strutturato una ricerca sulla follia e la rappresentazione sociale della malattia mentale. Lo studio della ricercatrice si svolge in una comunità rurale della Francia centrale che, dall’inizio del secolo, accoglie in strutture istituzionalizzate alcuni malati mentali. Basandosi sul materiale raccolto durante prolungati soggiorni sul campo, viene ricostruita la storia dell’avvenimento, la storia della costituzione ed evoluzione di una rappresentazione specifica della malattia mentale ed è spiegata l’interdipendenza tra questa elaborazione cognitiva e l’adozione di comportamenti concreti.
Un altro ricercatore importante di questo filone di studi è Willem Doise (1995)25, egli ha condotto delle analisi su diverse rappresentazioni. Ne è un esempio la ricerca condotta sulla rappresentazione dell’identità maschile e femminile. Egli introduce il suo lavoro asserendo: «In uno studio concernente sia la percezione del gruppo d’appartenenza sia quella dell’altro gruppo 240 soggetti (120 ragazzi e 120 ragazze) descrivevano gli uomini e le donne, con l’aiuto di una lista di 24 tratti (8 stereotipi maschili, 8 stereotipi femminili, 8 neutri).
I soggetti indicavano su una scala divisa in sette punti in quale grado ciascun tratto caratterizzava i differenti bersagli (1: poco caratteristico, 7: molto caratteristico). Lo studio comportava parecchie situazioni. I soggetti dovevano descrivere, con l’aiuto di questi tratti, gli uomini e le donne in generale»26. Tralasciando la metodologia della ricerca nel dettaglio, qui è importante sottolineare i risultati di questa ricerca. Lo stesso Doise afferma che guardando i risultati si noterà la presenza della rappresentazione sociale dell’identità maschile e dell’identità femminile nelle risposte degli studenti. Dunque nella visione d’insieme l’identità maschile sarà associata ai tratti “indipendente; aggressivo; individualista; che ha fiducia in sé; dominatore; ecc”.
Al contrario, l’identità femminile sarà associata ai tratti più spiccatamente femminili e quindi stereotipati. Per esempio la donna sarà:
«“indipendente” che si trova legato a “coscienziosa”, “che va verso gli altri”, “sollecitata ad alleggerire le pene altrui”; dunque, riservata; imprevedibile; accomodante»27.
Comunque è importante sottolineare che i primi studi che hanno dato una spinta a questa branca della psicologia sociale sono le ricerche condotte, come abbiamo più volte asserito, da Serge Moscovici e da Claudine Herzlich (1973)28.

Il contributo che più ha segnato gli studi sulle rappresentazioni sociali, è lo studio condotto da Serge Moscovici nel 1961 La psychanalyse, son image et son public.
Il lavoro di questo ricercatore si svolge e si struttura intorno un’ipotesi centrale: come il concetto di psicoanalisi è penetrata nella società francese, ossia che tipo di rappresentazione gli individui hanno di questa scienza. Infatti egli afferma: «il proposito di questa ricerca non è quello di esaminare la validità e l’evoluzione interna delle scuole psicoanalitiche o della psicanalisi in generale, ma di studiare quei processi che consolidano il radicarsi nella coscienza degli individui e dei gruppi della psicanalisi stessa».29
La metodologia che lo stesso autore dichiara di utilizzare è l’inchiesta, poiché, «è la più adeguata ad un esame scientifico della rappresentazione sociale»30. Il tipo di campione utilizzato per questa ricerca è formato da un vasto numero di individui appartenenti a diverse classi di età e di professioni (professionisti, professori, studenti, artigiani, commercianti, ecc.). Il numero totale dei soggetti intervistati è di 2265; egli utilizzerà dei questionari come strumento d’indagine ad hoc. Egli spiega: «Novecento cinquanta persone appartenenti a tutte le categorie sociale, con esperienze personali e culturali le più diverse, hanno risposto a delle domande, prima di instaurare un dialogo con noi, nel corso del quale siamo riusciti a far emergere le loro rappresentazioni sociali della psicoanalisi»31.
Il nostro autore condurrà la prima ricerca empirica su come i mass-media, nella fattispecie la stampa, riescano a veicolare e a creare delle rappresentazioni sociali. La ricerca si basa sull’analisi di 1640 articoli di 230 giornali e riviste. Il metodo utilizzato è l’analisi del contenuto degli articoli, dunque si osserverà come verrà trattato questo argomento ad esempio nello stesso dell’articolo, nei termini di presentazione, nel tema e soprattutto nella parte valutativa.
Egli parla di tre differenti sistemi di comunicazione: la propaganda, la propagazione e la diffusione. La propaganda e gli stereotipi hanno uno stretto legame, infatti «la ripetizione delle associazioni e l’orientamento che gli stereotipi generano, sottolineano il rapporto con gli stereotipi»32.
L’analisi delle inchieste e della stampa porterà alla conclusione che la rappresentazione sociale della psicoanalisi è strettamente collegata a dei concetti chiave come ad esempio l’ipnosi, lo psicoanalista stesso e all’associazione alla pazzia e alla criminalità.
La visione che ne dà la stampa è perlopiù influenzata dalla testata, come ad esempio l’appartenenza politica delle stesse ispirerà molto l’immagine che diversi giornali daranno della psicanalisi. Come lo stesso ricercatore spiega: «Ciò che è mistificazione per un giornale comunista, è rinnovamento della scienza psicologica per un giornale cattolico, ciò che appare ad un cattolico una perdita dei valori e dei costumi, è visto da un quotidiano politicamente al centro come una trasformazione dei costumi, delle tradizioni»33.

Il lavoro di Claudine Herzlich del 1973 invece è incentrato sull’analisi della rappresentazione sociale della salute e della malattia. Herzlich introduce il suo lavoro asserendo: «Cosa significano per noi la salute e la malattia? Cosa sono per un individuo appartenente alla nostra società? Dall’esperienza personale di ciascuno, ma anche attraverso l’informazione che circola nella società, modellata dai suoi stessi valori, le immagini si strutturano: essere malati, essere in buona salute, sono delle immagini nate primariamente da un’esperienze individuale che non può essere condivisa».34
Dunque il lavoro della ricercatrice si concentra sulle rappresentazioni sociali della malattia, come nasce e come si diffonde, soprattutto sottolinea l’importanza del fattore culturale della rappresentazione della malattia, ma in generale di tutte le rappresentazioni sociali. Infatti, ogni cultura avrà una diversa rappresentazione, una diversa immagine di ciò che significa essere malati o in buona salute.

Il presente lavoro è stato tratto dal primo capitolo della tesi di Francesca Nuvola, dal titolo “Quando l'altro è uno straniero. Stereotipi e pregiudizi nella cultura giovanile”.

A cura di Erika Paolini e Manuel Antonini



17. Jodelet D. (1984), Psicologia sociale, tr. it., Edizioni Borla 1989, p. 336.
18. Moliner P., Images et représentations sociales. De là théorie des représentations à l’étude des images sociales, Presses Universitaires de Grenoble 1996, p. 9.
«C’est à un sociologue français que l’on doit l’invention du concept. Durkheim (1898) propose en effet la notion de représentation collective pour expliquer divers phénomènes d’ordre sociologique. L’idée de Durkheim repose sur le postulat suivant lequel la société forme un tout, une entité originale, différente de la simple somme des individus qui la composent».
19. Jodelet D. (1984), Psicologia sociale, tr. it., Edizioni Borla 1989, p. 336.
20. Castelli C., Quadrio A., Venini L.,Psicologia sociale dello sviluppo, FrancoAngeli 1998, p. 14.
21. Moscovici S. (1989), Le rappresentazioni sociali, tr.it., Liguori Editore 1992, p. 79
22. Pojaghi B., Nicolini P., Contributi di psicologia sociale in contesti socio-educativi, FrancoAngeli 2003, p. 58.
23. Moscovici S. (1989), Le rappresentazioni sociali, tr.it., Liguori Editore 1992, p. 80.
24. Jodelet D. (1984), Psicologia sociale, tr. it., Edizioni Borla 1989, p. 336.
25. Doise W., Clemence A., Lorenzo-Cioldi F., RRappresentazioni sociali e analisi dei dati, tr.it., Il Mulino 1995.
26. Doise W., Clemence A., Lorenzo-Cioldi F., Rappresentazioni sociali e analisi dei dati, tr.it., Il Mulino 1995, pp. 31, 32 .
27. Ibidem
28. Herzlich C., Santé et maladie. Analyse d’une représentation sociale, École des Hautes Études en Sciences Sociales 1973.
29. Moscovici S., La psychanalyse son image et son public, Presses Universitaires de France 1961, p. 1. «La propos de ce travail n’est pas d’examiner la validité et l’évolution interne des écoles psychanalytiques ou de la psychanalyse en general, mais d’étuder les processus afférents à son enracinement dans la conscienze des individus et des groupes».
30. Ibidem.
C’est la plus adequate à un examen scientifique de la représentation sociale».
31. Ivi, p. 27.
«Neuf cent cinquante personnes appartenant à toutes le catégories sociales, ayant l’expériences personelles et culturelles les plus deverses, ont répondu à cette question avant de poursuivre avec nous un dialogue au cours duquel nous devions les aider à dégager leur répresentations sociales de la psychanalyse».
32. Castelli C., Quadrio A., Venini L., Psicologia sociale dello sviluppo, ed. FrancoAngeli 1998, p. 100.
33. Moscovici S., La psychanalyse son image et son public, Presses Universitaires de France 1961, p. 433.
«Ce qui est mystification pour un journal communiste est renouvellement de la science psychologique pour un journal catholique, ce qui apparaît à un catholique comme un relâchementdes moeurs est vu par un quotidien politiquement au centre comme une trasformation de cesmoeurs».
34. Herzlich C. (1973), Santé et maladie. Analyse d’une représentation sociale, École des Hautes Études en Sciences Sociales 1984, p. 13.
«Que signifient pour nous la santé et la malarie? Que sont-elles pour un membre de notre société? Par l’expérience personelle de chacun, mais aussi à travers l’information qui circule dans la société modelés par ses valeurs, leur image se structure: être malate, être en bonne santé, c’est, semole-t-il, d’abord et seulement, une expérience individuelle qui ne peut partager».


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