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Sociologia economica: il mito dell’economia formale

Reciprocità, stato e mercato

In molti credono erroneamente che nel libro di Polanyi “La grande trasformazione”, pubblicato nel 1944, il grande cambiamento individuato sia l’affermarsi del mercato del XIX e XX secolo. In realtà, nel suo libro egli affronta l’analisi delle trasformazioni dei sistemi economici, ponendo come centrale la tesi secondo cui la crisi del mercato durante gli anni ’30 era un segno del declino del mercato come forma allocativa prevalente nell’organizzazione economica. Al di là delle debolezze di Polanyi, in particolare la parzialità di un modello fondato solamente su una teoria delle istituzioni senza essere accompagnata anche da una teoria dell’azione, le sue analisi sono interessanti perché propongono una chiave di lettura per i rapporti tra economia e società e le sue manifestazioni storiche, ponendo al centro la dimensione sociale e non viceversa.

Egli rifiuta infatti l’idea di definire una società a partire dalle istituzioni economiche prevalenti (errore nel quale incorrono non solo gli economisti ma anche certe correnti sociologiche come quelle di ispirazione marxista), insistendo sulla possibile compresenza di diverse forme di integrazione fra economia e società. Polanyi, infatti, guarda agli scambi e alle transazioni economiche come a procedure che connettono le due sfere come forme di regolazione delle relazioni tra le due dimensioni, sottolineando in questo modo come l’economia sia parte integrante della società. Secondo Polanyi, solamente la società occidentale del XX secolo ha indirizzato i rapporti tra economia a e società in una sola direzione dove a prevalere è un “mercato” separato dalla società.

A partire da queste premesse, nel suo libro si domanda come fossero assicurate produzione e distribuzione in quelle società in cui, appunto, erano assenti i principi del mercato (razionalità strumentale e comportamento massimizzante). Nella sua analisi storica individua tre forme di allocazione delle risorse che pongono alla base degli scambi economici differenti logiche di regolazione, altresì dette “principi allocativi”. Questi tre principi sono: la reciprocità, la politica, il mercato.

Alla base della prima, forma allocativa presente soprattutto nell’ambiente familiare, amicale e comunitario, la logica sussistente è l’obbligo sociale del dono. Nella seconda, il principio di regolazione è l’autorità politica che determina, appunto autoritariamente, le modalità entro le quali lo scambio deve avvenire (ad esempio la determinazione di un prezzo, la definizione di categorie aventi diritti e benefici, ecc). La questione centrale è che reciprocità e politica sono principi allocativi qualitativamente differenti dal mercato in quanto non sono regolate da quella logica economizzante che il mainstream neoclassico identifica come l’essenza economica. Un sistema economico così fondato su queste due forme, dunque, si caratterizza come una funzione dell’organizzazione sociale, che assicura il funzionamento dell’economia senza la necessità di motivi economici, laddove l’aggettivo economico è inteso formalmente (Cella, Le tre forme dello scambio, 1997).

“Le tre forme dello scambio”, così come le ha definite Gianprimo Cella nel suo libro, prevedono differenti modelli istituzionali. Gli scambi in Polanyi sono movimenti istituzionalizzati che connettono gli elementi del processo economico: essi sono, quindi, sia i movimenti spaziali dei beni che il movimento delle grandezze economiche. A definire uno scambio non è dunque l’oggetto di scambio o la relazione tra i soggetti, bensì la sua istituzionalizzazione. In altre parole sono scambi solo quei movimenti che sono disciplinati da norme ripetute e profonde, che avvengono attraverso la presenza di istituzioni le quali identificano le modalità ricorrenti affinché i movimenti stessi abbiano luogo. Ecco perché ogni forma di scambio, e quindi di integrazione tra società ed economia, ha necessità di modelli istituzionali differenti. Da ciascuno di essi, poi, conseguono diverse strutture sociali regolate secondo norme formali o informali che prevedono sanzioni giuridiche sociali o economiche.

Nelle società dove prevale la reciprocità (che Polanyi identificava con le società primitive senza connotarle entro una prospettiva di evoluzionismo sociale) il modello istituzionale è la simmetria, mentre le strutture sociali che la caratterizzano hanno un’architettura simmetrica (gruppo familiare, vicinato, comunità di villaggio).

Per quanto riguarda la politica, il principio istituzionale è la centralità che opera attraverso le grandi istituzioni burocratiche centralizzate, favorendo, appunto, pratiche redistributive delle risorse dal centro alla periferia. Mentre in questi due casi il principio istituzionale è esterno alla sfera economica, nel mercato il principio è lo scambio stesso all’interno di un luogo, reale o virtuale, che permette l’incontro e il coordinamento dei motivi individuali senza altri principi guida.

La reciprocità, quindi, si presenta come movimenti tra punti correlati di gruppi simmetrici; la politica come un insieme di movimenti che prevedono prima una fase di raccolta delle risorse dalla periferia al centro e, successivamente, la distribuzione dal centro alla periferia; infine lo scambio come un insieme di movimenti bilaterali che si svolgono casualmente tra due attori in un sistema non strutturato, se non appunto dallo scambio e dalle regole del mercato.

Nel caso della reciprocità il principio istituzionale della simmetria dei gruppi è fondamentale come garanzia che lo scambio vada a buon fine entro movimenti che non sono tutelati da istituzioni formali. La reciprocità, infatti, non è una forma allocativa imperativa come lo stato, né è mossa da motivazioni individuali rivolte alla massimizzazione della ricchezza: la garanzia, dunque, del funzionamento del modello centrato sulla reciprocità è formata dalla presenza di obblighi sociali derivanti da valori e norme culturali tradizionali.

Ciò che è interessante sottolineare del contributo di Polanyi in quanto utile al nostro discorso è la differenza principale tra le istituzioni alla base delle tre forme di scambio: nelle prime due forme (ossia i gruppi simmetrici e la struttura di potere centralizzata), le istituzioni si presentano come strutture interne alla società con criteri di funzionamento non direttamente economici. Ciò significa che le istituzioni interessate non si pongono come fine principale o come ragione di esistere lo scopo economico: nel primo caso si hanno istituzioni sociali come i gruppi familiari e la comunità, nel secondo invece istituzioni politiche in senso lato. Nello scambio di mercato, invece, le istituzioni sono dirette solamente alla regolazione degli scambi economici, così che le necessità istituzionali sono assolte da strutture specifiche che non hanno altro fine se non quello, appunto, economico. In altre parole, in tutte e tre le forme di integrazione le istituzioni corrispondenti hanno un carattere economico, ma nelle prime due esse non sono solamente istituzioni economiche. Per meglio chiarire questa differenza, Polanyi distingue le prime due forme come “embedded”, ossia inserite nel tessuto sociale, mentre lo scambio di mercato come “disembedded”. Le attività di scambio nella reciprocità e nello stato avvengono attraverso strutture interne alla società stessa e, quindi, le transazioni economiche sono, innanzitutto, relazioni sociali o politiche.

Polanyi, nel suo libro, ritiene che le società umane abbiano organizzato i propri schemi economici attraverso forme di integrazione “embedded” per millenni, insistendo sul fatto che è solo con la novità storica dell’organizzazione economica attraverso forme “disembedded” che l’economia passa ad essere regolata da forme sociali che hanno alla base necessità istituzionali e principi di funzionamento centrati sulla massimizzazione e sulla razionalità strumentale. E’ a questo punto che l’economia, da settore funzionale di un’organizzazione sociale, si trasforma in un ambito di attività separato dall’organizzazione sociale stessa e le transazioni non sono più espressione di obblighi sociali o politici, ma diventano solamente azioni individuali spinte dall’interesse economico.

Gli scambi regolati da forme “embedded” avvengono attraverso criteri esterni allo scambio stesso (ad esempio tradizione, affettività, decreto autoritativo, ecc): la loro effettuazione non è demandata ad un incontro tra domanda e offerta o a principi per i quali ogni attore in gioco ricerca la massimizzazione dell’utile per sé.

In conclusione, due considerazioni sono fondamentali: in primis non si deve credere che forme “embedded” di organizzazione economica siano vestigia del passato ormai superate dall’affermarsi del mercato. Infatti, ancora oggi sussistono in molti contesti, e non solo quelli delle comunità rurali o del Sud del mondo, transazioni economiche regolate da forme interne alla società. Secondariamente, le tre forme di integrazione possono tra loro coesistere in quanto si affidano a modelli istituzionali differenti che, sebbene a volte possano entrare in conflitto, spesso possono coesistere tra loro proprio come accade nelle società occidentali, in misura minore, e nelle società del Sud del mondo, in maniera maggiore4.

A cura di Erika Paolini e Manuel Antonini



4. Sebbene Polanyi non credette che la reciprocità potesse avere un ruolo anche nella società contemporanea, non è difficile constatare empiricamente come in diversi contesti economici le logiche sociali della reciprocità esistono parallelamente a quelle di mercato; un esempio chiarificatore potrebbero essere le note “economie morali” di Friedman, concetto che verrà affrontato nei prossimi capitoli


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