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Cinema e Cinèma - La semiologia del cinema ai Convegni di Pesaro del '66 e del '67

Il mio lavoro parte proprio da Christian Metz, pioniere in questa ricerca sul cinema tramite gli strumenti della semiologia.
Di Metz mi ha particolarmente entusiasmato la maniera di porsi, decisamente poco accademica nel senso ingessato del termine, nei confronti del fenomeno cinema e di conciliarlo con la ricerca semiologica. Lavorando su Metz ho scoperto i Convegni Pesaresi e l’importanza che questi hanno avuto nel tentativo di elaborare questa nuova disciplina.
Ho ampliato le mie conoscenze studiando molte delle figure intellettuali che hanno gravitato intorno a questa ricerca e mi sono resa conto di come essa fosse arrivata a un punto morto a causa del fatto che gli strumenti della semiologia erano risultati limitanti nell’analizzare un fenomeno così complesso come il cinema.
Ciò che sembrava essere arrivato a un punto di stasi in realtà trova un ulteriore possibilità di sviluppo grazie ad autori come Emilio Garroni, Pier Paolo Pasolini, Gilles Deleuze e soprattutto Paolo Fabbri.
Quest’ultimo mi ha interessato per le nuove prospettive che ipotizza nel campo della semiotica. La sua infatti è a tutti gli effetti una Svolta che mi è risultata più familiare in quanto più vicina alla mia idea, sebbene da profana, di quello che la semiotica potrebbe essere come strumento di studio in diversi campi.
Ho organizzato dunque il mio lavoro proprio seguendo l’ordine di quanto andavo scoprendo proseguendo nel mio studio. Esso è diviso in tre capitoli.
Nel primo capitolo descrivo l’intreccio tra semiotica e le teorie del cinema nonché la fondazione, ad opera di Metz, della semiologia del cinema. In particolare nel quarto paragrafo approfondisco gli aspetti del pensiero di Metz che ne fanno un importante ricercatore dell’epoca: la glossematica e lo strutturalismo. Sottolineo lo spirito di Metz teso ad una ‘ricerca aperta’, favorevole alle obiezioni e alle critiche.
Nel secondo capitolo espongo le posizioni di Metz, Eco, Pasolini, Garroni dopo aver illustrato i propositi delle Mostre Internazionali del Nuovo Cinema di Pesaro e i relativi convegni.
Nel terzo capitolo, sviluppando alcuni suggerimenti di Fabbri, pongo l’attenzione sul segno cinematografico. Questo infatti, rivelandosi un ostacolo epistemologico, porta la semiologia del cinema all’empasse. La ricerca semiologica sul cinema si blocca in quanto il modo prevalente di condurre l’analisi si basa sulla considerazione del segno come unica strategia per la significazione. Ma la complessità del cinema non permette di ridurlo ai tratti linguistici identificabili semiologicamente; esiste un’organizzazione del senso del film che ricorre ad unità espressive che non sono coincidenti con quello che le parole possono scoprirne dentro. Rivalutando il cinèma pasoliniano e collocandolo nella prospettiva della Svolta ci è possibile reinserire nel segno la materialità, le azioni e le passioni; aspetti fondamentali per una lettura del film in grado di coglierne il senso più ampio possibile.
A volte nello studio della semiologia del cinema mi è pesato avvertirne il carattere eccessivamente asettico, quasi mai trovavo coinvolto qualcuno dei tanti esempi di film. Solo i registi venivano presi in considerazione e nemmeno tanto spesso. L’adeguarmi a questo modo di procedere non è stato semplice.
Avrei potuto spostare la mia attenzione sulla filosofia del cinema ma sia perché gli attuali studi tendono esclusivamente a spiegare concetti filosofici con il supporto cinematografico (avendo quindi un ruolo più didattico che esegetico) sia perché la mia ostinazione non ha permesso che mi arrendessi, ho continuato sulla strada scelta. Grazie a questo lavoro ho conosciuto i Convegni Pesaresi, culla della semiologia del cinema, e intellettuali come Metz e Pasolini. Il loro amore per questa ‘arte’ ha rinvigorito il mio desiderio di conoscere le dinamiche che stanno alla base della significazione al cinema.

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INTRODUZIONE Questo lavoro nasce dalla mia passione per la ‘settima arte’: il cinema. Ho avuto più occasioni di coglierne le sue capacità espressive e comunicative e pensavo che chiunque nel film cogliesse gli stessi aspetti che io vi scorgevo. Attraverso il confronto ho capito che non era così. Il mio è stato un approccio da autodidatta e la domanda che mi sono posta è stata: esistono schemi interpretativi che vadano oltre la mera critica soggettiva di addetti ai lavori? Durante i miei studi universitari ho tentato di conciliare questa mia passione e curiosità con gli studi intrapresi ed è stato studiando ‘Storia e critica del cinema’ che mi sono imbattuta nel libro di Christian Metz Semiologia del cinema, rendendomi così conto che la mia domanda non era priva di fondamento ma che altri, certo di maggiore spessore, avevano sentito la necessità di un codice di lettura del cinema. Ho esposto questa mia idea, per l’eventuale elaborazione della mia futura tesi, al docente di semiotica, il quale con molta disponibilità mi ha aiutata suggerendomi delle letture con le quali dare il via al mio lavoro. È iniziata così la mia ricerca che se da un lato ha ulteriormente ampliato il mio interesse per l’argomento,

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Punturo
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Marco Carapezza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 117

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Parole chiave

cinema
convegni internazionali pesaro
fabbri
filosofia
metz
pasolini
semiologia del cinema
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