Tra le sfide che il mondo contemporaneo si troverà ad affrontare nei prossimi anni per assicurarsi un futuro sostenibile vi è certamente la crescente urbanizzazione mondiale, che nei paesi in via di sviluppo (PVS) ha assunto un carattere drammatico e numeri impressionanti.

I processi di rapida urbanizzazione nei PVS, infatti, non hanno implicazioni solo di natura ambientale (un aumento dell'impatto ecologico del nostro stile di vita), ma anche di carattere economico e sociale che non possono e non devono essere sottovalutati, ma richiedono piuttosto tutta la nostra attenzione.
Qui di seguito riporto una breve analisi delle caratteristiche principali di questo fenomeno, anche in comparazione a quello occorso nei paesi occidentali all'inizio del secolo, e un'indagine delle cause che l'hanno prodotto.

L'urbanizzazione non è un processo nuovo del nostro secolo. Fin dalla nascita delle prime civiltà, centinaia di migliaia di persone si sono aggregate in uno spazio relativamente concentrato per operare le proprie attività e trovare le risorse per il proprio sostentamento. Tuttavia, negli ultimi due secoli il fenomeno si è contraddistinto per una crescita sempre più rapida e vorticosa. Fino al 1955, la porzione di abitanti mondiali residenti in città rispondeva a circa il 30% su un totale di 2 miliardi e 700 milioni e le nazioni principalmente urbanizzate, favorite dalle trasformazioni industriali, si trovavano in America del Nord e in Europa (con l'eccezione del Giappone che con Tokio era la città più popolosa). Da allora il processo di urbanizzazione ha assunto una accelerazione impressionante, tanto che attualmente i residenti in zone urbane costituiscono il 48% dei 6 miliardi e 400 milioni della popolazione mondiale. E i rapporti delle Nazioni Unite stimano che entro la fine del 2007, per la prima volta nella storia del mondo, la popolazione urbana supererà quella nelle aree rurali. In questo processo, mentre l'Europa è passata dal 53% al 72% e il Nord America dal 67% all'80%, gli altri tre continenti hanno visto un aumento dai numeri impressionanti, anche perché in queste aree il fenomeno si lega ad un tasso di crescita della popolazione più elevato: il tasso di urbanizzazione in Asia è passato dal 18% al 39%, in Sud America dal 45% al 77% e in Africa dal 16% al 32%.

Il primo aspetto riscontrabile dai dati citati (fonte Bbc) è il carattere quasi inarrestabile della dinamica sia a livello mondiale sia a livello dei PVS. Approfondiamo l'ultimo punto: mentre nei periodi di maggiore urbanizzazione in Europa i più alti tassi di urbanizzazione annui toccavano il 2,1%, in Africa negli ultimi anni i tassi si attestano attorno ad una media del 4% annuo. Oltre all'inarrestabilità, il secondo carattere peculiare dell'urbanizzazione nei PVS, dunque, è la velocità con la quale il fenomeno ha avuto origine e che differenzia i processi di urbanizzazione nei PVS da quelli occorsi nei paesi sviluppati (dove il fenomeno è andato formandosi in oltre cento anni di storia). A conferma di questo basti pensare che se nel 1970 le città con oltre 10 milioni di abitanti erano solo tre (New York, Tokio e Città del Messico) nel 2005 sono oltre 20 di cui, escludendo Shangai, ben 12 nei PVS (Buenos Aires, Rio de Janeiro, Sao Paulo, Dhaka, Manila, Jakarta, Delhi, Lagos. Cairo, Mumbai, Calcutta e Karachi).

I numeri forniti rivelano dunque due tendenze (breve periodo e rapidità) che significano una rapida concentrazione nei PVS in un numero ridotto di città che assumono dimensioni elefantiache: tale fenomeno è detto macrocefalia urbana e distingue nettamente la natura dell'urbanizzazione nei paesi poveri dai processi che si sono avuti in Europa e in Nord America. Una differenza che ha implicazioni importanti, quali primo tra tutti l'aumento dei cosiddetti slum, ossia le aree urbane periferiche degradate e sfornite delle infrastrutture e dei servizi di prima necessità dove si affollano milioni di persone con evidenti e gravi conseguenze sociali e sanitarie. Ad oggi, ad esempio, circa il 70% della popolazione urbana in Africa sub-sahariana ed un terzo della popolazione urbana mondiale vive negli slum.

Quali sono le cause di questo fenomeno complesso? Sociologi ed economisti hanno provato a tracciare le cause che hanno spinto i PVS a conoscere in questi ultimi decenni un'urbanizzazione così rapida e concentrata, dividendole in due tipologie distinte: da una parte, i processi che operano una destrutturazione delle aree rurali; dall'altra, i processi che rendono i centri urbani opzioni sempre più attraenti per le popolazioni rurali.

Nel primo caso ci si riferisce a quei processi che spingono gli abitanti delle campagne fuori dalle aree rurali a causa della rottura dell'equilibrio che regolava il rapporto tra popolazione e risorse naturali necessarie al sostentamento. I fattori di questa rottura sono essenzialmente di natura esogena ed economica: la posizione periferica dei PVS nella divisione internazionale del lavoro e nella distribuzione della ricchezza mondiale ha spinto l'agricoltura di molti di questi paesi verso le monocolture, ossia modalità di produzione intensive di una sola coltura basate non sulla necessità delle popolazioni locali, bensì sulle esigenze del mercato internazionale.
Questi processi, insieme alle politiche di deregolamentazione squilibrata del mercato mondiale (dove i contadini dei PVS si trovano ad affrontare la sfida impari con i rispettivi competitori occidentali favoriti da sussidi e da un avanzamento tecnologico migliore), agli effetti dell'impatto ambientale (che ha accentuato i problemi di siccità e di alluvioni nelle zone meno preparate ad affrontare le conseguenze del cambiamento climatico, ossia i paesi più poveri), ai conflitti armati e allo sfruttamento delle risorse naturali da parte dei paesi avanzati (non a caso lo sfruttamento a tappeto delle risorse petrolifere in Nigeria ha fatto sì che la capitale Lagos sia la seconda città più abitata dell'Africa), hanno reso sempre più difficile per le popolazioni locali rurali trovare i mezzi di sussistenza necessari, spingendole così verso il miraggio dei centri urbani.

La seconda tipologia di processi riguarda invece quelle forze centripete urbane che attraggono a sé gli abitanti delle aree rurali, ossia i fattori legati alle risorse e alle opportunità che le città offrono. I centri urbani nei PVS rappresentano spesso un miraggio di ricchezza per i contadini in quanto sono la prima frontiera dello sviluppo materiale inteso in termini occidentali: in questo modo le città presentano motivi di attrazione legate alle attività economiche e alla possibilità di accedere alla distribuzione del reddito fondamentali per risolvere le difficoltà quotidiane.
I fattori di attrazione non sono solamente di natura economica: le città offrono anche maggiori risorse sociali nei termini di servizi offerti dallo stato, dai paesi avanzati, dagli organi internazionali o da iniziative economiche private. Inoltre, i centri urbani esercitano attrattiva per le risorse culturali che rappresentano: sia perché in molti PVS è possibile accedere alle nuove tecnologie solo nei centri urbani, sia per i modelli di consumo promessi e proposti, sia per la possibilità di un minore controllo sociale da parte del gruppo primario di appartenenza.

L'incrociarsi di queste due aree di macro-processi è alla base del complesso fenomeno di macrocefalia urbana e, seppur non esaurendone la spiegazione, permette di comprendere molti aspetti del fenomeno. La combinazione delle due tipologie,infatti, non deve essere pensata né come una dialettica in equilibrio né come una dicotomia, ma come un'interazione di processi: nei paesi più poveri, come in Africa sub-sahariana, a prevalere saranno le spinte centrifughe a fuoriuscire dalle campagne e l'arrivo in città si traduce nel crollo di qualsiasi miraggio legato alle risorse offerte da centri urbani che non dispongono delle infrastrutture e dei servizi necessari ad affrontare gli ingenti flussi migratori provenienti dalle aree rurali. Ecco allora il formarsi delle cinture periferiche di baracche e sistemazioni precarie, gli slum, dove le condizioni di vita sono spesso addirittura peggio di quelle del luogo lasciato (mentre nelle aree rurali, laddove è possibile, la coltivazione di piccoli appezzamenti terreni e le attività di scambio nei mercati locali offrono opportunità di sostentamento, nelle aree urbane tali occasioni non sono spesso disponibili, oltre al fatto che i prezzi dei beni sono anche più elevati) e le capacità di sopravvivenza si legano ad espedienti e ad attività alternative (non necessariamente criminali).

Al contrario, nei paesi in cui sono in corso processi di sviluppo ad uno stadio più elevato, come in Cina ad esempio, a prevalere saranno i fattori attrattivi: i centri urbani offrono realmente maggiori possibilità e servizi legati allo sviluppo dei comparti produttivi e l'arrivo della popolazione rurale aumenta la manodopera al loro servizio, offrendo allo stesso tempo l'occasione di partecipare ad una competizione che garantisce, seppure in un contesto di diritti spesso limitati se non negati, un miglioramento nelle condizioni materiali di vita.

La nascita delle cinture urbane dove si concentrano gli elementi più poveri ed esclusi della società si traduce in un'altra caratteristica evidente delle città nei PVS, ossia la netta separazione tra il settore moderno delle attività industriali e dei servizi e i restanti fattori. Il centro città più ricco e dotato di servizi, infatti, attira gli investimenti internazionali e gli sforzi dei governi locali a migliorarne la vivibilità e la sicurezza, entro un circolo vizioso che rafforza la distinzione dalle aree periferiche, lasciate ai margini dello sviluppo. In questo modo, alla precedente frattura si sovrappone generalmente un'ulteriore separazione tra attività formali (regolate dalle leggi e controllate da forze di sicurezza) e quelle informali (dove prevalgono leggi consuetudinarie e il controllo pubblico è operato dalla pressione sociale o da forze alternative allo stato).
Santos definisce la compresenza di queste due aree, vicine nello spazio eppure isolate e senza integrazione sociale, come “doppio circuito urbano”: da una parte, il circuito moderno che collega le attività industriali e terziarie ed è a contatto con i paesi avanzati e, dall'altra, il circuito informale, dove prevalgono le attività informali e sistemi sociali chiusi al mondo globale. Questo ultimo tipo di attività non sono necessariamente illecite: spesso sono attività organizzate al di fuori di qualsiasi tipo di mercato (scambio di favori, solidarietà etc.) e rientrano in quell'economia morale (secondo l'espressione di Friedmann) essenziale per la sopravvivenza in aree povere; oppure, sono piccole attività di servizio che hanno un mercato, spesso in relazione con i trasporti, con il commercio o con il turismo, che consentono modesti guadagni.

Un'altra caratteristica delle città nei PVS, specie nelle aree periferiche, è il sistema di vita sociale che si sviluppa, molto differente da quello tipico delle città occidentali: la vita sociale avviene per larga parte della giornata in strada, all'interno di comunità solide che costituiscono protezione e solidarietà. La strada diviene infatti l'unica risorsa e i modelli solidaristici tipici delle aree rurali, sviluppatisi per affrontare le crisi cicliche dell'agricoltura legate alle condizioni meteorologiche, sono ripresi al suo interno e riprodotti per creare un sistema di cooperazione adatto alle nuove condizioni di vita. Tuttavia, spesso tali sistemi di protezione sociale non bastano, specie per le generazioni più giovani, le quali conoscono un alto tasso di alcolismo, di droga e di violenza: i minori, infatti, abbandonati nelle aree urbane, sono soggetti ad un controllo sociale minore che si traduce nell'abbandono delle scuole e in un più facile reclutamento nelle attività criminali o in gruppi armati.

L'elefantiasi urbana qui presentata in alcuni dei suoi aspetti più importanti ed evidenti ha notevoli implicazioni sul futuro sostenibile del mondo: da un punto di vista ambientale, ad esempio, l'aumento della popolazione urbana significa anche un aumento delle attività inquinanti e un rischio più elevato a fronte dei disastri ecologici, le cui gravi conseguenze sono amplificate proprio dal carattere precario e sovraffollato della vita nelle cinture periferiche.
Vi sono anche implicazioni sociali, sanitarie e politiche. L'elefantiasi delle città nei PVS impedisce in primis alle città stesse di fornire le risorse economiche, sociali e sanitarie (spesso già limitate) attese e sperate dalle popolazioni rurali in arrivo. L'insufficienza e l'inefficienza delle infrastrutture idriche, ad esempio, vengono così acuite con il peggioramento delle condizioni igienico-sanitarie, l'aumento delle difficoltà di approvvigionamento di acqua pulita e il rischio di nuove epidemie.

L'aggravarsi delle condizioni e il numero in aumento di abitanti degli slum si traduce, ovviamente, in scontento e ineguaglianza che ha un duplice effetto: da una parte, l'insieme di questa situazione non può che aumentare la pressione migratoria verso l'occidente di persone alla ricerca di un migliore livello di vita (con la perdita da parte dei PVS, specie africani, degli elementi migliori della propria società - come sosteneva Schutz l'emigrante è colui che è dotato di maggiori risorse e iniziative – e contribuendo così ad aumentare le difficoltà della lotta alla povertà in un circolo vizioso che, con il concorrere di altri fattori, mantiene le società dei PVS in condizioni di disagio e indigenza), dall'altra, come visto, fornisce un ambiente sociale favorevole all'esplodere di fenomeni di violenza e alla trasmissione del virus dell'HIV.

In conclusione, in accordo con Bourdieu, per il quale lo studio di un fenomeno sociale non deve essere approntato né con sguardo assuefatto (per cui non c'è niente di nuovo sotto il sole) né con approcci radicali (per cui evento del genere non si è mai verificato), il fenomeno dell'urbanizzazione nei PVS non è un evento del tutto nuovo, ma presenta caratteristiche sue proprie e come tale deve essere studiato e affrontato per giungere a definire soluzioni di un problema che si presenta sempre più grave, senza pensare, come spesso accade erroneamente, che le società dei PVS stiano attraversando lo stesso identico percorso, con eguali problemi e soluzioni, affrontato dalla società occidentale.


di Manuel Antonini