Tra la fine del primo anno di vita e l'inizio del secondo i comportamenti del bambino si modificano profondamente: con lo sviluppo del linguaggio egli può più facilmente prendere iniziative nella realtà sociale che comincia ad essere imitata, organizzata e raccontata attraverso il gioco simbolico o di finzione. Le azioni del "far finta" sono simulazioni delle attività di routine quotidiana attraverso le quali i bambini sviluppano le competenze sociali, l'abilità di formare e usare simboli, la capacità di elaborare temi narrativi: così il bambino finge di bere, dà il biberon alla bambola, la mette al letto, parla al telefono, prepara da mangiare.
Con il progredire dell'attività di simbolizzazione anche le forme del gioco simbolico cambiano. Nei primi atti di finzione il bambino ha un ruolo attivo e i partner, reali o immaginari che siano, ne hanno uno passivo: a poco a poco anche la bambola viene fatta "recitare", parla, mangia da sola, cammina. In breve tempo aumentano le capacità di operare trasformazioni simboliche e diminuisce pertanto la necessità di oggetti realistici perché qualsiasi cosa può assumere diverse funzioni e può essere utilizzata in molti modi. Le azioni non saranno più episodiche ma verranno organizzate in sequenze coerenti e sarà possibile rintracciare un tema di gioco espresso linguisticamente.

A partire dal terzo anno di vita, i bambini sono capaci di decidere autonomamente la situazione di gioco, senza il supporto degli adulti, e di strutturarla come se fosse un vero e proprio copione: questo avviene anche tra coetanei, pur essendo ancora prematuro il livello di interazione reciproca. In questo periodo i cambiamenti più rilevanti si notano proprio nel gioco simbolico tra pari: le azioni del "far finta" si situano all'interno di un copione condiviso, i ruoli diventano complementari, le trame sono oggetto di negoziazione e i bambini sono in grado di sostenere sequenze di gioco lunghe e complesse.

Dai tre anni in poi invece la scena del gioco si trasforma in modo evidente e si osservano nuove abilità sia cognitive sia sociali: i temi del gioco simbolico non dipendono più dall'esperienza diretta del bambino ma diventano temi di fantasia e la partecipazione sociale, in particolare la condivisione con altri bambini, con ruoli ben definiti viene a costruire un aspetto peculiare del gioco.
Il gioco di finzione si differenzia dal gioco di fantasia o sociodrammatico: nei contenuti (dalla routine alle situazioni di fantasia), nella partecipazione sociale e nella presenza di regole. Compare tipicamente la pianificazione esplicita delle azioni di gioco prima che vengono eseguite: nel gioco di fantasia i bambini decidono e dichiarano a che cosa e come vogliono giocare. L'espressione più caratteristica è: "facciamo che io ero…", dove il "facciamo" denota la componente di pianificazione condivisa e il "che io ero" sta ad indicare la consapevolezza di collocarsi in un mondo immaginario, segnalato in italiano dall'uso dell'imperfetto, il tema del verbo proprio della fiaba e della fantasia.
La negoziazione sul come si gioca è un elemento naturale del gioco di fantasia che, con l'andare del tempo, evolve nei giochi con regole. Questi ultimi rappresentano, secondo Piaget, la forma più evoluta di gioco e devono soddisfare due criteri:
- è necessario che vi siano almeno due partecipanti in competizione tra loro;
- il comportamento dei giocatori è regolato da un codice solitamente prestabilito.

Per Piaget, dunque, il gioco con regole è di natura competitiva e compare tardivamente alla fine dell'età prescolare, prendendo il posto delle modalità di gioco precedenti.
Anche il gioco di fantasia è soggetto a regole e a correzioni procedurali, che tuttavia non costituiscono il fulcro del gioco e possono essere modificate in qualsiasi momento con il consenso dei partecipanti. Invece, i giochi con regole sono convenzionali e prestabiliti, le regole rappresentano l'essenza del gioco, sono esplicite, devono essere comunicate, accettate e condivise da tutti i partecipanti prima che il gioco abbia inizio. I ruoli sono definiti a priori così come le possibili mosse di ciascuno; ogni eventuale modifica della regola deve essere stabilita prima di iniziare a giocare. La gamma dei possibili comportamenti è più ristretta e formalizzata: inoltre, mentre il gioco di fantasia è del tutto fine a se stesso, nei giochi con regole i giocatori competono tra loro per vincere e vi è pertanto un obiettivo da raggiungere. I giochi con regole possono essere insegnati e appresi, hanno dei nomi che li rendono riconoscibili, fanno parte delle tradizioni di particolari comunità e momenti storici, cambiano nel tempo e comportano un sistema di sanzioni per coloro che violano le regole del gioco.
Una funzione importante dei giochi con regole è quella di mettere alla prova le proprie capacità e di verificare fino a che punto si è in grado di arrivare rispetto a un determinato obiettivo.


Maria Rita Parenti

Articolo tratto dalla tesi Il gioco teatro nella dimensione terapeutica e didattico-educativa