Per quanto riguarda il nostro Paese, un gruppo di ricercatori, coordinati da Ada Fonzi1, ha dato inizio allo studio del fenomeno del bullismo partendo dal presupposto che anche in Italia, come negli altri Paesi già oggetto d'indagine a partire dagli anni Novanta, esso fosse presente e con discreta consistenza.
Nello studio in questione, ci si è posta tutta una serie di interrogativi preliminari. Esiste il bullismo nelle scuole italiane? Se sì, in che forme si manifesta? Che dimensioni presenta rispetto ad altri paesi europei? E ancora, in che modo è possibile attivarsi per contrastarne la presenza?

La ricerca di cui stiamo parlando è iniziata nel maggio 1993 quando un gruppo di ricercatori delle Università di Firenze e Cosenza ha svolto una prima indagine al fine di indagare la presenza e alcuni aspetti in un primo momento quantitativi del fenomeno nelle due città.
Da qui la prima sorpresa: sia a Firenze sia a Cosenza - città situate in realtà regionali così diverse tra loro - il fenomeno del bullismo si presentava a livelli notevolmente elevati, doppi rispetto all'Inghilterra e tripli rispetto alla Norvegia. Ciò ha indotto i ricercatori ad estendere l'indagine ad altre realtà del territorio nazionale, tramite la collaborazione di colleghi interessati al problema. E', così, partita una serie di ricerche che ha percorso l'Italia dalla Valle d'Aosta alla Sicilia. Queste ricerche, se in prima istanza hanno avuto l'obiettivo di offrire una geografia del bullismo in Italia nei termini di estensione del fenomeno, hanno voluto, inoltre, approfondire aspetti peculiari delle singole realtà. Si vedrà, infatti, che, al di là dei dati comuni e assimilabili circa la consistenza del fenomeno, ogni ricerca si è soffermata su alcuni aspetti particolari, mettendo l'accento ora sulle differenze di genere, ora sull'ubicazione e dimensione della scuola, ora sugli stili educativi familiari, ora sulle caratteristiche di personalità, ora sui primi tentativi di intervento, e così via.

Come risulta dai contributi di seguito riportati, il bullismo in Italia presenta un panorama assai ampio e articolato, in rapporto non solo alle diverse realtà regionali, ma anche alla composizione dei sottocampioni presi in considerazione (città, campagna, piccolo centro, zone ad elevato tenore di vita, zone depresse, etc.). Né poteva essere altrimenti, data la pluralità e complessità dei fattori che sappiamo incidere sulla sua manifestazione. Tutti fattori che, se da un lato pongono l'Italia sulla stessa linea degli altri Paesi, dall'altro la differenziano per alcune caratteristiche.
Ciò che in primo luogo emerge è che il bullismo risulta in Italia molto più elevato che altrove, sia per quanto riguarda la percentuale dei prepotenti, sia per quanto riguarda quella delle vittime. Si verifica, da noi come in altri Paesi europei, una significativa diminuzione di episodi di bullismo nel passaggio dalla scuola elementare alla media, ma anche in questo secondo ordine di scuole le percentuali italiane risultano, comunque, più elevate.

In definitiva, l'alta incidenza del bullismo in Italia, se messa a confronto con quella degli altri Paesi, sembra essere un fatto che, almeno in parte, può essere ricondotto a differenze culturali. Si può, infatti, ipotizzare che nella nostra cultura le manifestazioni di conflitto siano più tollerate e che meno frequentemente portino alla rottura dei rapporti. Una conferma in tal senso ci viene da studi condotti sul versante dei legami amicali, in parallelo in Canada e in Italia. A tal proposito, si è visto come i bambini italiani tendano, più di quelli canadesi, a conservare le amicizie nel corso del tempo, risultando più flessibili nella risoluzione degli inevitabili conflitti che sorgono tra coetanei e più tolleranti quando il comportamento dell'amico è manchevole per qualche aspetto. Possiamo, allora, avanzare l'ipotesi che, se è vero che il fenomeno delle prepotenze assume nel nostro paese proporzioni assai rilevanti, venga, però, sopportato meglio e non incida altrettanto pesantemente sui rapporti che s'instaurano tra coetanei.

Questa interpretazione sembra essere avvalorata da altre informazioni. Si è, infatti, rilevato che la forma più frequente di bullismo riscontrata in Italia è quella di tipo verbale. Se confrontiamo questo elemento con i risultati di un'altra ricerca, in cui un campione di soggetti di 11-13 anni era stato invitato a valutare otto tipi di bullismo presentati in un questionario anonimo lungo una scala da 1 (non grave) a 5 (molto grave), il fatto che il bullismo in Italia si manifesti principalmente attraverso la forma verbale risulta evidente. I risultati indicavano che il tipo di bullismo considerato meno grave è "essere chiamati con brutti nomi per ragioni diverse dalla razza", mentre "essere picchiato" e "essere minacciato" sono considerate le forme più gravi. Se consideriamo che oltre il 50% del bullismo prende la forma di prepotenza verbale e che proprio tale tipo di prepotenza non è considerato particolarmente grave dagli stessi ragazzi, la drammaticità del fenomeno italiano risulta forse ridimensionata, anche se non per questo meno preoccupante.

Sempre dallo studio già citato emergono altre indicazioni che, secondo la Fonzi, possono essere generalizzabili a tutta l'Italia. Alla domanda rivolta alle vittime se avessero parlato dell'episodio di bullismo con un insegnante o un familiare, metà o meno della metà rispondeva negativamente, con un'accentuazione di tale tendenza nel passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria e nei maschi piuttosto che nelle femmine. In definitiva, anche nel nostro Paese, come del resto negli altri, i ragazzi non nutrono molta fiducia nell'aiuto da parte degli adulti. Per quanto concerne le differenze di genere, le femmine risultano più empatiche nei confronti delle vittime, confermando un atteggiamento pro-sociale già noto in letteratura. Ma le differenze tra maschi e femmine scompaiono quando si tratta d'intervenire a favore delle vittime, con una discrepanza tra la percezione del problema e la sua concreta presa in carico.

Note bibliografiche
1 Fonzi, A.Il bullismo in Italia. Il fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla Sicilia. Ricerche e prospettive d'intervento. Firenze: Giunti. 1997

Angelo Feggi
Tratto dalla tesi Contrastare il bullismo: una lettura sinottica della valutazione di efficacia degli interventi