In ogni singolo stato europeo le popolazioni riversano sull'immigrazione le proprie paure, vedendo in questo fenomeno la causa di tanti mali, e senza dubbio l'approccio allarmistico che i mass media hanno a riguardo ha aiutato nell'accrescere le fobie della gente. Mentre la Germania vede negli immigrati una minaccia per l'occupazione e la Francia una minaccia per l'identità nazionale, l'Italia, è in assoluto la nazione più preoccupata per la sicurezza delle persone trattando l'immigrazione come un problema di ordine pubblico.

Si è creata cosi un'ostilità sociale diffusa, che ha alimentato ideologie politiche fondate sulla cultura del sospetto e questo ha fatto si che la presenza degli immigrati sia associata a maggiore insicurezza. Anche se buona parte degli italiani è cosciente che l'immigrazione ormai è una realtà consolidata in Italia, e che soprattutto, la manodopera straniera è innegabilmente utile all'economia: la paura nei confronti dell'ondata migratoria spinge la gente a chiedere con forza che essi vengano integrati con la cultura occidentale e rispettino i valori dominanti della società italiana.

Il timore per la propria sicurezza, per la possibile crescita dei tassi di criminalità, è un problema che si ripropone ciclicamente ogni volta che un paese si trova ad affrontare un "invasione" di masse povere in cerca di lavoro e fortuna. Il rapporto tra immigrazione e criminalità è un argomento che ha prodotto numerose analisi e discussioni in tutto il mondo, in particolar modo tra gli studiosi americani, i quali hanno iniziato a discutere del fenomeno già dalla grande migrazione della fine dell'ottocento. In Italia oggi la questione si ripropone e si caratterizza da una forte propensione dei cittadini a considerare l'immigrazione un problema di ordine pubblico.

In primo luogo, la crescita dell'allarme sociale è ovunque correlata alle preoccupazioni nei confronti dei reati di microcriminalità o criminalità diffusa, quindi di illeciti che, pur non avendo un valore economico elevato, colpiscono direttamente la persona (come gli scippi, le rapine e gli furti in appartamento. In secondo luogo, la preoccupazione è forte soprattutto nei confronti di determinate categorie sociali ( per es. i nomadi e i delinquenti comuni). Inoltre, la domanda di sicurezza si connota per il suo carattere territoriale, per cui il livello di allarme è diverso da contesto a contesto.
Secondo un'indagine effettuata dal Censis nel 20001, gli intervistati affermavano che il problema principale della propria zona di residenza è la delinquenza comune, segnalata dal 37,1% del campione; più importante della disoccupazione (36,4%), del traffico urbano (27,3%), della droga (24,8%), dell'immigrazione extracomunitaria (21,9%) e della carenza di servizi sociosanitari (21,4%).
Uno dei motivi che hanno portato l'opinione pubblica a vedere e sentire l'immigrazione come portatrice di criminalità e la maggior visibilità della criminalità straniera. In Italia la stessa delega che succede col lavoro, i lavori meno retribuiti e più pericolosi vengono lasciati agli immigrati, è successo anche con la microcriminalità la quale viene abbandonata dagli italiani e lasciata ai clandestini. La microcriminalità, infatti, è l'elemento che sembra incidere maggiormente nella domanda di sicurezza dei cittadini, il fenomeno che più viene percepito come indice del degrado urbano. Lo spaccio di droga al dettaglio nelle strade, la prostituzione, i borseggi, tutti crimini che aumentano l'idea che le città siano diventate meno sicure e che il problema sia l'immigrato.

Quando si parla di immigrati e criminalità, vengono generalmente riportati i dati del numero di detenuti stranieri nelle carceri italiane e il numero enorme degli extracomunitari arrestati. Sono dati veri, ma che nascondono una realtà assai diversa da quella che può apparire ad un occhio poco esperto.
I detenuti stranieri nelle carceri italiane rappresentano il 33% del totale dei prigionieri, 20.221 persone (dati Caritas al 31/06/2006). Una media questa elevata rispetto alla percentuale di popolazione straniera presente in Italia ma che va ridimensionata in base a considerazioni tecniche. Innanzitutto, nei confronti degli stranieri vengono spesso intrapresi percorsi penali differenziati rispetto a quelli riservati agli italiani. Il 60% degli stranieri (contro il 40% degli italiani) sono detenuti in attesa di processo, ossia in custodia cautelare e questo, perché, spesso non hanno un domicilio stabile in cui attendere il giudizio o una famiglia che possa ospitarli, e quindi il carcere rimane l'unica alternativa. Sebbene una buona parte dei detenuti stranieri (il 31% nel 2002), stiano scontando condanne inferiori ai 3 anni, non godono delle pene alternative, come affidamento ai servizi sociali o arresti domiciliari, per gli stessi motivi di sopra (dati tratti da Associazione Antigone, Rapporto Carcere 2002).

Le tipologie di reati per i quali gli immigrati vengono arrestati e subiscono processi sono molto varie e vanno dalle fattispecie tradizionali previste dal codice penale, a quelle non previste per gli italiani, ossia quelle create dal Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina della immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, modificato dalla legge 189/2002, la famosa Bossi-Fini.
Sono aumentati cosi i denunciati per reati legati alla legge sull'immigrazione, ossia tutti quegli illeciti compiuti per eludere l'espulsione: dal falso (+20%), ai reati contro l'amministrazione della giustizia (+30%), al rifiuto di indicare le proprie generalità (+15%) (dati Ministero dell'Interno 2006). Se è vero che i criminali stranieri ci sono e concentrano la loro devianza nei reati che riguardano furti, truffe, droga e prostituzione, è anche vero che una buona parte degli immigrati che affollano i tribunali, non sono criminali ma semplicemente clandestini.
Il binomio clandestino-criminale è del tutto sbagliato, perché, un delinquente può essere clandestino, ma ciò non significa che i clandestini siano delinquenti. Essi infrangono la legge, vengono arrestati, rinchiusi nel CPT e infine espulsi, ma non per aver commesso crimini. Non si tratta di soggetti pericolosi ma di persone che, nella maggior parte delle volte in cerca di lavoro, sono entrati nel territorio italiano eludendo i controlli di frontiera, o che entrati regolarmente con un visto e altro mezzo, perdono la loro legalità per motivi diversi dal penale.

Una delle cose che stupisce, nei discorsi politici e nei mass media, è che quando si parla di criminalità ci si riferisce istintivamente agli immigrati, come se fossero solo gli immigrati a delinquere. Scaricare tutte le colpe e le paure agli immigrati è troppo facile ed ingiusto, perché, se è vero che, ci sono immigrati che delinquono, è vero anche che lo fanno in stretto contatto con gli italiani o per gli italiani.

Note
1 Censis, Le paure degli italiani, criminalità e offerta di sicurezza, Roma, 20 luglio 2000

Fation Tila
Articolo tratto dalla tesi Aquile in fuga. L'immigrazione albanese in Italia tra costruzioni mediatiche, vincoli legislativi e sogni d'integrazione