Il termine inglese “agenda setting” (impostazione dell'agenda) identifica una teoria sociologica secondo la quale l'esposizione a determinate priorità nella diffusione delle notizie da parte dei media struttura la visione degli eventi e la loro priorità nelle opinioni del pubblico.

L'agenda setting rientra, dunque, in quel filone di studi della sociologia della comunicazione che si è interessato allo studio degli effetti di lungo termine dei mezzi di informazione sugli utenti: nel caso specifico, viene affermata la corrispondenza tra la rilevanza dei media data alle diverse questioni della realtà sociale (attraverso la sovraesposizione del tema nella diffusione di notizie e informazioni) e la gerarchia delle preoccupazioni (o priorità) percepita dagli utenti.

Nel linguaggio amministrativo e manageriale, infatti, agenda setting significa stabilire un ordine del giorno da affrontare durante un convegno o una riunione: l'espressione è stata introdotta nelle scienze sociali alla fine degli anni '70 per definire il particolare fenomeno nella relazione tra media e pubblico da Maxwell McCombs e Donald Shaw, dopo una serie di ricerche sulle campagne elettorali.

L'idea che l'esposizione ai media comporti una qualche forma di influenza non è nuova in sociologia della comunicazione: fin dagli studi della Scuola di Francoforte si parlava della relazione in termini di omogeneizzazione e dipendenza dell'utente nei confronti dei media. Nel 1944 è Lazarsfeld il primo a indicare in maniera sistematica di una strutturazione dei problemi da parte dei mezzi di informazione, prospettiva teorica poi ripresa non solo da McCombs e Shaw ma anche da altri studiosi (come ad esempio la teoria della spirale del silenzio di Noelle-Neumann).

La teoria dell'agenda setting, tuttavia, differisce dall'approccio critico della Scuola di Francoforte perché sostiene che i media abbiano il potere non di dire al pubblico “come” pensare, bensì di dare forma al “cosa” sul quale le persone riflettono e concentrano le proprie analisi della realtà. I media, in altre parole, orienterebbero l'attenzione del pubblico e, così facendo, modellerebbero la visione della realtà. Rendere saliente un determinato tema rispetto ad un altro, infatti, significherebbe, secondo tale approccio, impostare una priorità di discussione nell'opinione pubblica e nei pubblici che si troverebbero a costruire una realtà nella quale a spazio un determinato aspetto piuttosto che un altro.

Secondo l'elaborazione originale fornita dai due studiosi l'agenda setting funzionerebbe attraverso l'interazione di tre attori: i media, il pubblico e le élite politiche.
Il pubblico, secondo un approccio all'opinione pubblica tipica nella sociologia della comunicazione, è coinvolto in un dibattito che si struttura lungo una salienza delle questioni in agenda e tale agenda è l'esito di una mediazione tra le proposte avanzate dalle élite politiche e dall'opinione pubblica (ossia i media).
Il processo che forma l'agenda è conflittuale e vede in gioco diversi e divergenti interessi che cercano di imporre la propria visione e l'importanza del proprio argomento; i media, anche attraverso influenze politiche ed economiche, decidono gli argomenti cui prestare attenzione e danno forma così ad un ordine di priorità nel trasmettere le notizie. La conclusione è che maggiore sarà l'importanza che i media dedicano alla questione, maggiore il riconoscimento pubblico che l'argomento presentato riceve.

Vi sono però ambiguità teoretiche nell'approccio dell'agenda setting. L'ipotesi alla base dell'agenda setting presuppone un meccanismo di influenza lineare che dalle priorità delle élite politche o dei gruppi di pressione (che cercano di imporre in concorrenza tra loro la salienza della loro questione) si riflette alle priorità dei media e, infine, alle opinioni del pubblico.
Rogers, richiamandosi ai tre attori, ha cercato di mostrare i punti deboli della teoria sottolineando come si basi su alcuni passaggi non propriamente automatici. I limiti dell'automaticità dell'agenda setting derivano, secondo lo studioso, dal fatto che le agende (l'ordine di importanza dei temi della realtà sociale) sono tra loto in interazioni complesse e non lineari come presentato da McCombs e Shaw. Alcuni di questi limiti sono: non tutti i media hanno la stessa credibilità (i mezzi di informazione si distinguono per prestigio), l'esperienza personale a volte può divergere da quella rappresentata attraverso le informazioni e, infine, il pubblico non condivide necessariamente gli stessi valori dei media circa gli eventi-notizia.

Certi modelli teorici propongono, inoltre, una sequenza di influenza invertita: sarebbero gli interessi del pubblico a modellare le definizioni dei problemi da parte delle élite politiche e dei media e non viceversa. Sebbene questo approccio alternativo sia spesso usato dagli operatori dei media per legittimare i contenuti spettacolarizzati dell'informazione (la democrazia dell'auditel), di certo sottolinea un aspetto rilevante: difficilmente esistono nella realtà sociale relazioni tra attori che sono di tipo rigidamente unilaterale.

Altre riflessioni a proposito dell'agenda setting suggeriscono che lo spettro dei media, attraverso le logiche della concorrenza e le pressioni del mondo politico ed economico, tende a concordare sulla salienza di un insieme di tematiche (issues), ma allo stesso tempo le agende dei mezzi di informazione non equivalgono necessariamente agli indicatori del mondo reale (sebbene concorrano a formare la sua interpretazione).
Inoltre, sembra più probabile che non sia tanto l'importanza assoluta (la sovraesposizione in termini di tempo e contenuti) della tematica ad affermarne la sua salienza nei pubblici, bensì il potere delle persone che cercano di imporla. Infine, non sempre è l'élite politica a determinare l'agenda dei media, ma, viceversa, sia questa a influenzare l'agenda pubblica.

Le difficoltà non sono solo a livello teoretico: diverse ricerche hanno cercato di dimostrare un qualche rapporto di causa o di influenza diretta tra le varie agende di tematiche in competizione. Tuttavia una tale dimostrazione empirica è molto difficile da ottenere in quanto si dovrebbe considerare almeno quattro variabili: il contenuto del programma proposto dal gruppo di pressione (pubblico, élite politica, lobby o media); il mutamento d'opinione nel pubblico interessato; il livello d'attenzione dei media al tema nell'unità di tempo e il relativo consumo dei media da parte del pubblico considerato.
Molte analisi effettuate, seppure hanno fallito nel tentativo di dare una dimostrazione della determinazione di un'agenda delle priorità da parte dei media o della politica, hanno comunque dimostrato una plausibilità teorica dell'agenda setting.

Se, dunque, determinare cosa influenza cosa nell'impostazione delle agende resta uno sforzo empirico che, per la natura stessa della relazione da decifrare, è molto difficile da raggiungere, la plausibilità della teoria dell'agenda setting può essere conservata specie se inserita in un quadro più ampio, dove le analisi degli effetti dei media interagiscono con le influenze delle altre agende (i desideri del pubblico e i voleri della politica) e dove sia proprio tale interazione ad essere il processo che forma le rispettive agende.

di Manuel Antonini