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Perché studiare i media?
Il gioiello di Silverstone sui media e sulla loro centralità nella contemporaneità, come mediazione della realtà e potere.

[04/02/2008]

Il libro di Roger Silverstone è un piccolo gioiello sui media e sul loro studio. In sedici brevi capitoli, l’autore ci mostra la centralità dei mezzi di comunicazione moderni nel formare la nostra esperienza del reale, nel cementare il legame sociale, nel veicolare le strutture del potere e nel produrre e trasformare i contenuti culturali delle comunità sociali.

A differenza, però, di qualsiasi manuale sui media, l’intento e lo stile sono assai lontani dall’essere didascalici. Ogni argomento affrontato, infatti, preferisce una narrazione più discorsiva, centrata per prima cosa su riferimenti pratici, di ogni giorno, che ognuno di noi, in misura più o meno maggiore, ha avuto modo di sperimentare.
Il segno del libro, allora, è la sua immediatezza e intuitività, così come intuitiva è l'idea che i media siano, da una parte, fattori centrali nel formare nuovi modelli con i quali esperire e agire sul mondo e, dall'altra, lenti attraverso le quali studiare i cambiamenti sociali degli ultimi decenni, cambiamenti nei quali, appunto, grande parte hanno avuto.

Secondo Silverstone, però, i media non sono solo centrali nell’esperire la realtà, ma finanche ineludibili, in quanto la nostra rappresentazione del mondo passa inevitabilmente attraverso la loro mediazione. Gli eventi che accadono nelle diverse parti del mondo e che, attraverso l’etere o la rete, giungono a noi, modellano e riposizionano la nostra visione del reale, definendo la capacità stessa di dare senso o meno al mondo. Un esempio pratico? L’attacco alle Torri Gemelle fu un attentato reale, ma ancora di più virtuale. Le immagini trasmesse negli schermi, rimbalzate via web e riprodotte con isteria, riproducevano non solo il crollo di edifici elefantiaci, ma anche delle nostre certezze di sicurezza e di inviolabilità. L'evento mediatico dell'11 settembre e le sue rappresentazioni, quindi, non solo erano divenuti parte della nostra quotidianità, ma avevano messo in crisi la nostra stessa capacità di dare senso al mondo.

La centralità e l’ineludibilità della mediazione dei media nel vivere e definire il mondo conduce a quella che Silverstone chiama “la realtà mediata”. Ed è proprio perché non è possibile una rappresentazione della realtà senza passare attraverso le lenti dei media, pervasivi e onnipresenti, che lo studio dei mezzi di comunicazione diventa una vera e propria impresa culturale e sociale. Uno sforzo che, secondo Silverstone, deve essere sottratto sia all’analisi fredda e interessata dei dati d’ascolto sia alle teorie deterministiche.

Per Silverstone, allora, studiare i media significa analizzare, attraverso la storia e la sensibilità di una “sociologia comprensiva”, come essi si inseriscono nelle nostre rappresentazioni e come modificano le categorie stesse attraverso le quali formiamo e leggiamo la realtà. I capitoli del libro si succedono in questo tentativo, chiedendosi come i media abbiano ridefinito il tessuto dell’esperienza sia nelle sue strategie testuali (retorica, poetica ed erotismo); sia nelle sue dimensioni pratiche (gioco, rappresentazione e consumo); sia nei suoi spazi di azione (casa, comunità e globalità); sia, infine, nella costruzione stessa del significato attribuito a quel tessuto, ossia come lo rappresentiamo (memoria, fiducia e prossimità).

Un aspetto rilevante del libro, oltre a quelli già citati, à la sua conclusione. Silverstone sottolinea ed enfatizza come la mediazione dei media non costruisca un’esperienza del reale più “finta” o “fallace” La logica dei media, la loro virtualità, è parte del reale. Anzi, essi allargano i nostri orizzonti morali, introducendo nella nostra periferia degli obblighi nuovi oggetti e istanze di attenzione. Tuttavia, la mediazione del tessuto esperienziale veicolata dai media è sempre inserita in un discorso di potere. Le costruzioni e i significati veicolati dai circuiti della comunicazione, infatti, non sono mai neutrali. Ma non è solo questo. Silverstone ci dice che i media, oggi, oltre a essere veicolo, sono centri stessi del potere. “In fin dei conti”, quindi, “tutto si riduce, come è ovvio, alla questione del potere”.

Ma se è ovvio dei media il potere di definire una gerarchia tematica (l’agenda setting), “di conferire potere”, di costruire il processo politico, di informare secondo determinati scopi e priorità, di costruire significati e persuaderci attraverso di essi, altrettanto ovvio è che tutto questo riguarda la proprietà e il controllo dei mezzi di comunicazione. Tuttavia, non ha altrettanti segni di ovvietà la necessità di una fruizione consapevole e attenta dei media e, soprattutto, una nuova loro gestione, capace di garantire la partecipazione pubblica al processo politico, arena, più che agorà, dove i media sono diventati attori stessi, e non solo spazi. Ecco, allora, ci dice Silverstone, perché è importante studiarli: perché sono centro e veicolo di potere che interagisce e forma il nostro tessuto esperienziale.
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