Home Sociologia
Home Sociologia
Pagina 1 di 2
Dal lavoro standard al lavoro atipico: la storia in breve

Il lavoro costituisce un fatto economico di grande importanza sociale ed individuale, dotato di speciale rilevanza giuridica, caratteristiche che gli hanno conferito un ruolo centrale nel processo di sviluppo della società contemporanea.
Fu soprattutto dalla seconda metà del ventesimo secolo, al termine della fase di "ricostruzione" che seguì la fine dell'ultimo conflitto mondiale, che in Italia la contrapposizione tra imprese e lavoratori assunse toni sempre più rilevanti a causa dei fatti che andiamo a scorrere.

Il periodo che va dal dopoguerra all'inizio degli anni settanta, fu caratterizzato da alti livelli di crescita, di produzione e di occupazione; l'Italia conobbe una crescita senza precedenti: furono gli anni del boom, del cosiddetto miracolo economico. I fattori che contribuirono a questa grande crescita, tale da trasformare completamente il paese, furono diversi: in primo luogo, l'opera di ricostruzione post-bellica che fece da traino per l'economia, favorendo la ripresa; poi, la fine del protezionismo1 che, fino ad allora, aveva riparato la nostra economia dalla concorrenza estera: l'industria italiana cominciava a registrare un sufficiente livello di sviluppo tecnologico e, aprendosi alla concorrenza estera, ricevette la spinta ad un ulteriore miglioramento che le permise di confrontarsi col mercato degli altri paesi. Anche il basso costo del lavoro contribuì al boom economico: l'alto numero di disoccupati che esisteva in Italia in quegli anni nonché i salari poco elevati furono fattori fondamentali di questa crescita. Infatti, mentre era aumentata la produzione ed erano cresciuti i profitti, i salari avevano conosciuto un incremento assai modesto, il che significava, quindi, costi ridotti per gli imprenditori.

L'imponente sviluppo economico venne guidato, inoltre, dalla crescita di settori quali l'industria metalmeccanica e l'industria elettrodomestica. Ma lavatrici, frigoriferi e televisori venivano prodotti soprattutto per l'esportazione, in quanto avevano ancora una scarsa possibilità di vendita sul nostro mercato, il prezzo di questi beni era ancora troppo elevato per i lavoratori italiani e solo in pochi potevano accedervi.
Ma, a ben vedere, il miracolo economico fu un fenomeno squilibrato; la crescita toccò solo alcuni, senza tradursi in benessere per tutti: accentuò infatti il divario e le differenze tra Nord e Sud poiché tutte le principali fabbriche si concentrarono al Nord. Questa crescita localizzata, avvenuta senza interventi statali finalizzati a guidarla o a correggerne alcuni squilibri, provocò, in particolare sul finire degli anni Cinquanta, un fortissimo movimento di popolazione dalle regioni del Sud verso le regioni del triangolo industriale, soprattutto il Piemonte e la Lombardia. Città come Milano e Torino conobbero un'espansione notevole, senza però essere fornite delle strutture e dei servizi necessari, come le case, le scuole ed i servizi pubblici, condizione che creò una crescita delle tensioni e del disagio degli immigrati. Venne calcolato che, tra il 1955 ed il 1971, furono oltre 9 milioni gli italiani impegnati in queste emigrazioni; ciò non significa che siano stati spostamenti definitivi, ma la cifra indica chiaramente che un altissimo numero di persone emigrava per inseguire delle speranze, per provare a migliorare la propria condizione economica.
In quel periodo cambiò la società e si trasformò anche il lavoro nelle fabbriche. Proprio nel corso degli anni Cinquanta, soprattutto nel settore meccanico, si realizzarono importanti cambiamenti: si diffusero le macchine, il taylorismo2 e la catena di montaggio, e mutò la figura tipica dell'operaio. Gli operai specializzati diminuirono sempre più a fronte del nuovo sistema di produzione che impiegava soprattutto operai semplici. La catena di montaggio, infatti, introdusse una nuova organizzazione del lavoro che prevedeva che i lavoratori fossero addetti ad una singola operazione, ripetitiva, sempre uguale, il cui svolgimento poteva essere appreso nel giro di pochi giorni.

E' in tale contesto che si sviluppò il movimento operaio, la cui lotta di emancipazione portò all'introduzione negli ordinamenti giuridici di una sempre più ampia regolamentazione del lavoro subordinato. Il nucleo più significativo della disciplina si caratterizzò, sin dagli inizi, come legislazione marcatamente protettiva a favore dei lavoratori. Si cominciò, pertanto, sia con l'intervento della legislazione statale, sia con quello dei sindacati, a contenere le forme più intense di sfruttamento proprie della prima industrializzazione3 e a disciplinare le condizioni più elementari dei contratti di lavoro, fino all'affermazione giuridica del modello di occupazione definito "standard", sviluppatosi in Italia nel periodo dell'efficienza e produttività imposti dalla concorrenza.

Nonostante tali conquiste, in quel periodo si affacciarono nuove problematiche di ordine sociale e lavorativo. Le difficoltà che gli immigrati meridionali si trovavano a vivere nelle città del Nord, le contraddizioni del miracolo economico che non creava benessere per tutti in quanto i salari continuavano a crescere molto meno dei profitti, il lavoro sempre più ripetitivo, caratterizzato da tempi di esecuzione sempre più stretti, portarono all'insorgere delle proteste operaie e quindi agli scioperi degli anni Sessanta. A partire dall'autunno del 1969, quello che verrà definito l'autunno caldo, crebbe un grande movimento di protesta nelle fabbriche, che si unì a quello degli studenti che reclamavano una scuola ed una università diversa e rinnovata. Coloro che scioperavano chiedevano sicuramente l'aumento del salario, ma anche un ambiente di lavoro salutare e più garanzie per i lavoratori nello svolgimento di attività pericolose o malsane. Fino ad allora, chi svolgeva lavori rischiosi, veniva semplicemente retribuito con qualche danaro in più: ora, però, iniziava a rifiutarsi di continuare a vendere la propria salute.

E' proprio grazie agli scioperi e alle lotte di questi anni che si giunge nel 1970 a varare una legge importante, tuttora in vigore: lo Statuto dei lavoratori. Questa legge prevede tutta una serie di diritti rivendicabili sul luogo di lavoro e legati alla condizione di lavoratore; una delle norme più importanti riguarda il licenziamento che può avvenire, contrariamente a ciò che era avvenuto fino ad allora, solo per una giusta causa, chiaramente motivata.
Il periodo di crescita economica, iniziato, come abbiamo detto, verso la metà degli anni Cinquanta, proseguì fino al 1973, quando i paesi più sviluppati, compresa l'Italia, si trovarono coinvolti in una delle più gravi crisi economiche dopo quella del 1929: iniziò un successivo periodo, definito di rottura, in cui l'andamento dell'economia fu altalenante e a fasi di crescita seguirono nuove difficoltà, per conoscere poi lievi riprese.
A scatenare la crisi fu l'aumento del prezzo del petrolio, che determinò un aumento dei costi di produzione delle merci. Si devono, poi, aggiungere i minori investimenti effettuati dagli industriali in quegli anni, anche perché la perdita di profitti non poteva più essere recuperata contenendo i salari dei lavoratori, dato che le proteste dei lavoratori erano riuscite ormai ad ottenere dei miglioramenti nelle paghe.


1. Il protezionismo fu uno dei fattori principali che determinarono in Italia, tra Otto e Novecento, la prima vera rivoluzione industriale. Si spiega con il fatto che, negli ultimi decenni del 1800, l'Italia introdusse severe imposte (dazi) cui erano soggette le merci provenienti dall'estero. Le merci straniere, gravate di questi dazi, arrivavano sul mercato italiano a prezzi più alti rispetto a quelli delle stesse merci italiane. Questa protezione dei prodotti nazionali, fece sì che si acquistassero i prodotti italiani, stimolando la produzione, e quindi la crescita, in determinati settori economici.
2. Nel 1911, negli Stati Uniti, un ingegnere, Frederick Taylor, pubblicò un libro sull'organizzazione scientifica del lavoro destinato ad avere un impatto fondamentale sulla società e l'economia mondiali degli anni seguenti. La teoria, che prese il nome di "Taylorismo" sosteneva che il lavoro operaio si può organizzare scientificamente, in base a leggi che, appunto come nelle scienze, siano valide sempre ed in ogni contesto. Disponeva inoltre che l'organizzazione del lavoro operaio deve essere decisa da specialisti e gli operai devono unicamente eseguire il lavoro sulla base delle indicazioni ricevute; che era necessario studiare , nel lavoro dell'operaio, tutti i movimenti inutili, ed eliminare quindi i movimenti falsi, inutili e pigri; che non sono più necessari gli operai specializzati, ma sono sufficienti operai comuni che devono semplicemente svolgere un lavoro ripetitivo e monotono; che l'operaio non debba aver più alcun contatto con il prodotto finito, poiché egli deve lavorare solo su una piccolissima parte di questo prodotto e la sua attività è solo una piccola porzione del lavoro necessario a costruirlo. Il Taylorismo introdusse così nel mondo del lavoro la catena di montaggio che prevedeva la parcellizzazione, frantumazione e la rigida divisione del lavoro di fabbrica
3. Negli anni tra Otto e Novecento, l 'Italia conosce la prima "rivoluzione industriale": un decollo, con una crescita sostenuta soprattutto nei primi 10-15 anni del 1900, che ha pesato soprattutto sulle spalle dei lavoratori in quanto venivano costretti a ritmi di lavoro molto duri, con salari sensibilmente più bassi di quelli di altri paesi europei. L'orario di lavoro medio era di circa 12 ore al giorno, che potevano anche salire nella fabbriche più piccole. Per quel che riguarda i salari, possiamo dire che erano di due tipi: a tempo (a ora o a giornata) o a cottimo, basato cioè sulla produzione effettivamente svolta. Il salario a cottimo gradualmente cominciò a sostituire quello a tempo, per spingere i lavoratori ad un aumento della produzione, a cui era legato il guadagno dei lavoratori.

    1 Successiva
ARTICOLI AUTORI LIBRI DOSSIER INTERVISTE TESI GLOSSARIO PROFESSIONI LINK CATEGORIE NEWS Home

Skype Me™! Tesionline Srl P.IVA 01096380116   |   Pubblicità   |   Privacy