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Le rappresentazioni sociali: definizioni e contributi

Le rappresentazioni sociali e le sue definizioni

«Conoscere il mondo sociale permette l’adattamento degli individui alla propria società d’appartenenza, in quanto occorre apprendere regole di comportamento e saperle riconoscere se si vuole far parte di un gruppo, anche di sole due persone»1. Questo concetto ci aiuterà ad introdurre la nozione di rappresentazione sociale, che è fondamentale per la strutturazione della conoscenza sociale degli individui e che è stato più volte oggetto di studio nel campo delle scienze sociali, benché tale fenomeno sia relativamente recente. Come sostiene Serge Moscovici (1961), che è considerato il padre di questo filone di studi, è proprio la psicologia sociale ad avere il compito di studiare tali rappresentazioni, le loro proprietà, le loro origini ed il loro impatto.
Infatti, nessuna altra disciplina è consacrata a questo compito e nessuna altra è più adatta a fare ciò. Egli ribadisce che fu proprio Emile Durkheim ad assegnare alla psicologia sociale questo compito: «Per quanto riguarda le leggi del pensiero collettivo, esse sono totalmente ignote. La psicologia sociale, il cui compito è quello di definirle, non è altro che una parola che descrive vari tipi di generalizzazioni diverse e vaghe, senza che venga messo a fuoco alcun oggetto definito. Ciò che è necessario scoprire, confrontando miti, leggende, tradizioni popolari e linguaggi, come le rappresentazioni sociali si attraggono l’un l’altra e si escludano, si fondano insieme o si separino, ecc»2. Importante sottolineare che la psicologia sociale dovrà guardare e analizzare le rappresentazioni in maniera differente rispetto la sociologia. Infatti, come sostiene di nuovo il ricercatore, «noi ne abbiamo una visione diversa, o in ogni caso la psicologia sociale deve considerarla da un’angolatura differente»3.
Di fatto la critica che lo studioso muove alla sociologia è che essa rileva l’esistenza delle rappresentazioni, ma non si pone il problema di studiare e di indagare la loro struttura e le dinamiche interne.

Tornando all’ambito della psicologia, possiamo definire le rappresentazioni sociali come punto cardine dell’attività cognitiva degli individui. Infatti, le rappresentazioni sociali aiutano gli individui ad orientarsi nel variegato e complesso mondo circostante.
Sarebbe alquanto dispendioso e difficile organizzare la realtà senza l’aiuto delle rappresentazioni, che potremmo definire come delle euristiche della e per la nostra mente.
La letteratura su questo delicato argomento è alquanto vasta, ma possiamo provare a dare delle definizioni. Con il termine rappresentazione sociale indichiamo «una forma di conoscenza, socialmente elaborata e condivisa, avente un fine pratico e concorrente alla costruzione di una realtà comune ad un insieme sociale»4.
Secondo Abric, altro grande studioso delle rappresentazioni: «Per sistema di rappresentazioni intendiamo la somma totale delle immagini presenti nel gruppo e riguardanti i differenti elementi con i quali il gruppo si confronta. […] Il prodotto dell’attività cognitiva da parte di ciascun individuo è ciò che chiamiamo rappresentazione. Analizzando queste rappresentazioni, si possono osservare alcuni elementi della realtà soggettiva, o interna, degli individui o del gruppo»5. Situata tra lo psicologico ed il sociale, il concetto di rappresentazione può interessare tutte le scienze umane, infatti, ha una posizione mista, all’incrocio di una serie di concetti sociologici e di concetti psicologici. Di fatti Doise, grande epigono di Moscovici e studioso delle rappresentazioni, afferma che «non si può eliminare dalla nozione di rappresentazione sociale il riferimento ai molteplici processi individuali, interindividuali, intergruppi, ed ideologici che spesso sono in equilibrio dinamico gli uni con gli altri e in cui le dinamiche d’insieme approdano a queste realtà viventi che sono in ultima istanza le rappresentazioni sociali»6.
Dunque, l’aspetto fondamentale delle rappresentazione sociale che non bisogna mai tralasciare è la sua natura multiforme, le sue radici poliedriche, che fanno della rappresentazione uno degli argomenti di questa branca di studi, più interessanti e complessi, dove l’individuale ed il sociale si fondono in un unico insieme. Jodelet ritiene «che le rappresentazioni sociali, in quanto sistemi di interpretazione che sorreggono le nostre relazioni con il mondo e con gli altri, orientano ed organizzano i comportamenti e comunicazioni sociali»7.

È fondamentale sottolineare l’importanza del fattore culturale. È evidente che ogni cultura e società avranno delle rappresentazioni sociali differenti per tutti i diversi aspetti della realtà, è fuorviante pensare, ad esempio, che la rappresentazione del divorzio sia uguale in un individuo cattolico ed in un individuo laico. Per il primo esso rappresenterà un peccato ed un oltraggio, per il secondo un giusto diritto. Non volendo cadere in generalizzazioni azzardate, è giusto ribadire che il corpus della rappresentazione è anche e soprattutto culturale. Ed infatti come affermano Jaspars e Fraser «le rappresentazioni sociali sono sociali in almeno tre sensi diversi. Infatti, riguardano la realtà sociale nel senso strutturale e culturale del sociale, sono sociali in origine, e sono ampiamente condivise, il che fa sì che diventino parte della realtà sociale stessa»8.
Sono in pratica componenti essenziali della cultura in cui l’individuo vive, ossia vere e proprie teorie, utili per scoprire, organizzare e comprendere la realtà. È interessante riportare uno studio condotto da Newman (1977) e citato da Moscovici e Farr (1984), sulla percezione della devianza in cinque paesi diversi. In questo studio si chiedeva agli intervistati di fornire un giudizio su vari atti devianti quali furto, incesto, appropriazione di denaro pubblico, omosessualità, ecc.
Un’analisi dei dati mostra immediatamente che ci sono notevoli differenze tra i vari paesi. Ad esempio, a New York il furto viene denunciato alla polizia nel 95% dei casi, mentre gli intervistati in un piccolo paese in Italia denunciavano il furto solo nel 50% dei casi. Il caso dell’omosessualità è interessante, poiché sembrano esistere differenze molto marcate: in Iran è probabile che se uno si dichiara omosessuale, sarà denunciato alla polizia; a New York o in Italia il fatto non verrà denunciato, mentre in Indonesia l’omosessualità sembra essere un problema da affrontare innanzitutto con la famiglia o con il capo del villaggio. Ma come vedremo più avanti, anche la sfera individuale ha un ruolo fondamentale nella formazione delle rappresentazioni sociali.

E’ importante sottolineare che la rappresentazione sociale interviene in vari processi: la diffusione e l’assimilazione delle conoscenze, lo sviluppo individuale e collettivo, la definizione delle identità personali e di gruppo, l’espressione dei gruppi e le trasformazioni sociali. «In quanto fenomeni cognitivi, esse vincolano l’appartenenza sociale degli individui alle implicazioni affettive e normative, all’interiorizzazione delle esperienze, delle pratiche, dei modelli di condotta e di pensiero socialmente inculcati o trasmessi attraverso la comunicazione.Pertanto il loro studio costituisce un contributo decisivo alla comprensione della vita mentale individuale e di gruppo»9.
Nella sua rassegna della ricerca sugli atteggiamenti ed opinioni, Moscovici ha suggerito che «il concetto di rappresentazione sociale potrebbe utilmente sostituire i concetti relativamente statici e descrittivi, d’opinione o immagine»10.
Sempre Moscovici ha sostenuto che le rappresentazioni sociali non sono semplicemente «opinioni su o atteggiamenti verso, ma sono di diritto teorie o branche della conoscenza che vengono usate per la scoperta e l’organizzazione della realtà»11. Questa definizione di rappresentazione sociale chiarisce e pone l’accento sull’importanza che le rappresentazioni hanno nella vita di ogni individuo. In effetti, il processo che ci porta alla rappresentazione sociale non è così semplice. Esse, infatti, hanno la funzione di stabilire un ordine che consente agli individui di orientarsi nel loro mondo materiale e sociale, nonché di padroneggiarlo. Come sostiene Brown «gli psicologi di ogni orientamento concordano nel ritenere che il pensiero e la percezione non sarebbero possibili al di fuori della capacità di semplificare e sistematizzare il mondo sociale»12.
In secondo luogo, la comunicazione fra i membri di una comunità, fornendo loro un codice per gli scambi sociali e un codice per denominare e classificare in modo non ambiguo i vari aspetti del loro mondo e la loro storia individuale e di gruppo. «Le rappresentazioni vanno ad intervenire e funzionano come dei sistemi che regolano i rapporti sociali. Poiché esse mediano le nostre relazioni con oggetti, esse regolano queste relazioni»13.

Altra caratteristica importante delle rappresentazioni è quella di rendere qualcosa di inconsueto, o l’ignoto stesso, famigliare. La paura di ciò che è estraneo (e degli stranieri) è profondamente radicata. Questo avviene perché il timore di perdere i punti di riferimento consueti, di perdere il contatto con ciò che fornisce un senso di continuità, di reciproca comprensione sembra insopportabile.
«Quando la diversità si impone a noi sotto forma di qualcosa non abbastanza come dovrebbe essere, noi istintivamente la rifiutiamo perché minaccia l’ordine prestabilito»14. Ed infatti, come sostiene Asch, è tramite la rappresentazione «che si stabiliscono le concordanze e le opposizioni nell’ordine sociale»15. Per trasferire ciò che ci disturba, che minaccia il nostro universo attuiamo il così detto atto di rappresentazione, che consiste nel trasferire concetti e percezioni normalmente collegati in un contesto dove l’inconsueto diventa consueto, dove l’ignoto può essere incluso in una categoria riconosciuta.
«È impossibile classificare senza nello stesso tempo dare un nome, e tuttavia queste sono due attività distinte. Nella nostra società assegnare un nome a qualcosa o a qualcuno ha un significato molto speciale quasi solenne. Nel momento in cui assegniamo un nome a qualcosa, noi la liberiamo da una disturbante anonimità per dotarla di una genealogia e per includerla in un complesso di parole specifiche, per collocarla, di fatto, nella matrice d’identità della nostra cultura»16.


1. Castelli C., Quadrio A., Venini L., Psicologia sociale dello sviluppo, FrancoAngeli 1998, p. 45.
2. Moscovici S., Farr R. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989, p. 34.
3. Ibidem
4. Jodelet D. (1989), Le rappresentazioni sociali, tr.it, Liguori Editori 1992, p. 48.
5. Abric J. C. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989, p. 189.
6. Doise W. (1989), Le rappresentazioni sociali, tr.it, Liguori Editori 1992, p.54.
7. Ivi, p. 48.
8. Jaspars J., Fraser C. (1984), Rappresentazioni sociali, tr. it., Il Mulino 1989, p. 129.
9. Jodelet D. (1989), Le rappresentazioni sociali, tr.it., Liguori Editori 1992, p. 49.
10. Moscovici S., Farr R. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989, p. 129.
11. Ivi, p. 130.
12. Brown R. (1988), Psicologia Sociale dei Gruppi, tr.it., Il Mulino 2000, p. 253.
13. Moliner P., Images et représentations sociales. De là théorie des représentations à l’étude des images sociales, Presses Universitaires de Grenoble 1996, p. 32.«Ainsi, les répresentations vont intervenir comme autant de systèmes de régulation des rapport sociaux. Puisqu’elles médiatisent nos relations aux objets, elles vont réguler ces relations»
14. BCfr. Moscovici S., Farr R. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989.
15. Asch S. E. (1955), Psicologia sociale, tr.it, Società Editrice Internazionale di Torino 1958, p. 605.
16. Moscovici S., Farr R. (1984), Rappresentazioni sociali, tr.it., Il Mulino 1989, p. 56.


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