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"Abbiamo la volontà" di Floriana Avellino

Introduzione

A volte capita di leggere un racconto o un romanzo ed accorgersi che le parole scritte hanno saputo descrivere e comunicare un problema o un aspetto della realtà meglio di qualsiasi analisi scientifica o saggio. Con questo non si vuole svalutare l'importanza dello studio scientifico, ma rivalutare la forza suggestiva della letteratura nelle scienze ed in particolare quelle sociali.
Una forza che nasce dalle immagini e dalle emozioni che la prosa di un racconto possono suscitare: libera dai vincoli delle fonti e dei criteri scientifici, essa può esplorare gli aspetti più intimi di un fenomeno, meno appariscenti e non enunciabili attraverso le statistiche. Il racconto “Abbiamo la volontà?” presentato qui di seguito - che racconta in un'istantanea, vista attraverso gli occhi di una ragazzina africana, la vita di una famiglia e di una comunità che deve combattere contro il destino di convivere con il virus dell'HIV e della privazione ma ha forza e volontà per farlo – ritengo abbia proprio tale forza. Ma senza altro aggiungere e come è mia prassi nell'avvicinarmi ad un'opera letteraria vi rimando ad altre analisi dopo aver letto il racconto di Floriana Avellino e vincitore del concorso nazionale organizzato dal Cesvi, che ha permesso alla sua autrice di partecipare alla delegazione italiana durante l'evento a favore della lotta contro l'Aids in Repubblica Ceca.

ABBIAMO LA VOLONTÁ?


Didascalia - Disegno di Viviana Avellino
Da qualche tempo mamma ha smesso di piangere. Fino a tre mesi fa non faceva altro che starsene accovacciata sulla sua brandina nella nostra capanna di paglia e argilla nella campagna di Homa Bay, dove abita da sempre la mia famiglia. Papà è morto qualche tempo fa; non ricordo molto di lui; mamma mi racconta che passava spesso la notte fuori e che era amico di tutte le giovani donne del villaggio. Mi ricordo la porta aprirsi improvvisamente e sbattere forte, lui entrava cantando stonato e a squarcia gola, poi si buttava sul letto e si addormentava immediatamente; lo so perché iniziava subito a russare.
Dopo un po’ ha cominciato a sentirsi male: non riusciva a stare in piedi e diventava sempre più magro, finché un giorno non si alzò più dal letto.
- Troppe persone sono malate qui a Homa Bay e la gente mormora figlia mia; hanno paura, si dice che gli spiriti stanno sfogando tutta la loro ira sui peccatori - diceva nonna.
- Beh, tu lasciali parlare!
- Non è così semplice! Quei poveretti se ne stanno sempre rintanati in casa, l’odio e la paura si respirano per strada e se va avanti così finiremo decimati! Domani io e tuo padre ti portiamo all’ospedale di Kisumu, scopriremo cos’hai e ci prenderemo cura di te.
A quanto pare a Kisumu c’è un grande ospedale dove i medici lavorano insieme a persone venute da lontano, dall’Europa dicono; persone che vogliono aiutarci…credo di aver sentito Monica dire a mamma che lavorano in un posto chiamato ‘organizzazioni internazionali’.
Monica è un’infermiera, lavora a Kisumu ed è stata lei a dire che anche mamma è malata.
- Non ho più forza nel mio corpo, ma il mio spirito reclama. Voglio provare a sopravvivere; devo farlo per mio figlio - e mi fece una carezza…sorrisi, mi aveva portato con sé.
- Faremo tutto il possibile, posso anticipare del denaro per iniziare una cura retrovirale e quando starai meglio ti aiuterò a cercare un lavoro - aveva risposto Monica.

Due mesi dopo quel giorno in ospedale mamma si era ripresa…riusciva a camminare e cucinare.
Monica veniva a trovarla e le insegnava a leggere e a scrivere; ormai erano diventate grandi amiche.
Molto spesso passavano tutta la notte a chiacchierare del villaggio e delle cose che, dicevano, stavano per cambiare.
- Ma dai! Possediamo un solo pozzo nel villaggio, l’anno scorso abbiamo avuto un misero raccolto, non esiste una scuola dove i bambini possano studiare e ci sono più malati che sani...
- Lo so ma ti dico che è proprio così; si dice che i paesi occidentali abbiano finalmente deciso di cancellare completamente i debiti esteri dell’Africa; ricordi che ti dissi di tutti gli incontri e le promesse che erano state fatte senza mai essere mantenute? Beh, stiamo arrivando al capolinea…tra qualche giorno lo sapremo con certezza e se le voci sono vere avremo finalmente i fondi necessari a portare avanti i progetti a cui le varie organizzazioni internazionali e noi pensiamo da anni qui a Kisumu. Non è eccitante? Cambieremo il volto di questo paese passo dopo passo!
- Non correre troppo! Di quali progetti parli?
- Aspetta e vedrai; ti dico solo, tu aspetta e vedrai.
Scoppiarono a ridere e lo fecero così forte che nonna corse per vedere se era successo qualcosa!

E in questi sei mesi i cambiamenti di cui parlava Monica hanno iniziato a farsi sentire qui a Homa Bay! Mamma è sempre fuori: la mattina va al nuovo mercato del villaggio dove lascia vestiti e stoffe da vendere e scambiare.
- Chi si sarebbe immaginato che ti saresti appassionata tanto a quel corso di taglio e cucito? La vivacità e precisione dei tuoi capi sono ormai conosciuti ben oltre i confini di Homa Bay! - Nonna lo ripete spesso…credo che sia orgogliosa di avere una figlia sarta.
Durante il giorno mamma si occupa della casa, ma nel pomeriggio va tutti i giorni a scuola…mamma a scuola! E non è l’unica persona grande! Ho scoperto che in quella nuova, dopo l’orario per bambini, gli adulti si trovano a parlare e discutere su come organizzare la vita nel villaggio, come aiutare i malati e usare i soldi disponibili. Anche Monica è sempre presente; un mese fa ha persino parlato in pubblico, davanti al villaggio riunito per intero:
- Ora che il magazzino delle provviste è stato riempito e abbiamo avviato l’istruzione per giovani e adulti nelle scuole della zona, pensiamo di investire il rimanente dei fondi nella rivalutazione dell’ospedale di Homa Bay: qui verrà offerta la possibilità di effettuare il test per l’ HIV gratuitamente e i medicinali retrovirali saranno distribuiti giornalmente per pochi centesimi.

Oggi mamma è andata in una scuola vicino a Kisumu con un gruppo di persone e come sempre mi ha portato con sé. C’erano tanti bambini, ma anche genitori e vecchi dalla barba lunga.
Mamma e i suoi amici hanno voluto raccontare la loro storia…io sono stato molto orgoglioso:
- “Salve, mi chiamo Grace, ho venticinque anni, vengo da Homa Bay e sono qui per parlarvi di me e della mia malattia...Dopo la morte di mio marito ho iniziato a sentirmi male, ero sempre più debole perciò decisi di andare all’ospedale di Kisumu dove scoprii di avere l’AIDS, la malattia che da anni tormenta la nostra terra. Non mi vergogno più di parlarne, non mi sento colpevole o peccatrice, ora so che questa malattia ha tutt’altre cause. Ho imparato che l’AIDS colpisce il sistema immunitario e si trasmette prevalentemente attraverso rapporti sessuali non protetti…ho anche scoperto che grazie a un oggetto chiamato preservativo è possibile contenere il contagio...
Mamma ha parlato per più di mezz’ora, prima che anche la sua amica Ginger iniziasse a raccontare la sua storia:
- Quando mio marito se ne è andato sono passata a suo fratello, l’uomo seduto qui al mio fianco; lui aveva già l’AIDS e dopo qualche mese ho scoperto di essere malata anch’io. Ora sto prendendo i medicinali; mi sono sempre occupata della casa e inizierò a cucinare per i bambini della scuola di Homa Bay.

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