L’innovazione tecnologica, già a partire dal XIX secolo, rese davvero possibile l’esistenza di reti di comunicazioni mondiali. Come si può osservare nella società contemporanea, le nuove tecnologie digitali, le reti telematiche e in particolare Internet, vanno considerate a un tempo causa ed effetto della globalizzazione: esse incarnano quella compressione dello spazio e del tempo che segna la riduzione del mondo ad un’unità complessa, a una sorta di struttura che connette una serie di relazioni culturali,politiche ed economiche difficili da trovare in epoche precedenti.

Si è di fronte ad un’idea di annullamento. Questo soprattutto grazie alla tecnologia della comunicazione grazie alla quale c’è la possibilità di una connessione immediata a mondi lontani. Tale connessione dà anche la sensazione di un’interdipendenza, nel senso che ciò che accade in un punto del mondo si ripercuote anche sul resto di esso.
Nella modernità, lo spazio è un oggetto di conquista, qualcosa che progressivamente viene conquistato, controllato, assimilato e questo grazie ai mezzi di trasporto, oltre che allo sviluppo delle tecnologie della comunicazione.

Ma cosa sono tempo e spazio? Il tempo è quanto serve per attraversare lo spazio. Ne deriva che, tempo e spazio nella modernità sono molto intrecciati l’uno con l’altro, questo anche perché si iniziano a sincronizzare i mezzi di trasporto che richiedono dei sincronismi sociali: lo si può notare, per esempio, nei treni che hanno degli orari, e l’orologio che si trova fuori dalla stazione diventa uno degli emblemi della modernità.
Quando entrarono in scena i primi mezzi di trasporto, il tempo necessario per viaggiare smise di essere il tratto distintivo della distanza, ma divenne un attributo della tecnica del viaggiare:

Il tempo è diventato una funzione di potenzialità meccaniche, di qualcosa, cioè, che gli uomini poterono inventare, costruire, possedere, usare e controllare, e non più di capacità umane inevitabilmente limitate […]. Allo stesso modo, il tempo è diventato un fattore indipendente dalle inerti e immutabili dimensioni delle masse terrestri o acquatiche. Il tempo venne a differenziarsi dallo spazio perché, diversamente da questo, poté essere cambiato e manipolato. (Z. Bauman 2002, Modernità liquida, Roma – Bari, Editori, Laterza p. 125)

Ecco perché la modernità può essere definita come storia del tempo: «la modernità è il tempo nell’epoca in cui il tempo ha una storia». (Z. Bauman, 2002, Modernità liquida, Roma – Bari, Editori Laterza p. 124).

Lo spazio, invece, nelle società contemporanee, come già ai tempi della modernità, a causa della globalizzazione subisce una contrazione, ovvero il mondo si “rimpicciolisce”, le distanze vengono ridotte e viene introdotto il concetto di istantaneità come un movimento velocissimo fatto in un tempo brevissimo se non addirittura assente.
Questa fase si intreccia con la despazializzazione, ovvero lo spazio diventa sempre più irrilevante, scompaiono le tradizionali forme di classificazione dello spazio, a questa seconda fase, segue la rispazializzazione, alla scomparsa di vecchie forme se ne affermano altre.

Quest’ultimo aspetto è il più interessante da monitorare oggi in modo tale da capire quali sono le logiche che rispazializzano la dimensione dello spazio nella globalità.

Il tempo non è più «la strada da fare per conseguire certe cose» e dunque non conferisce più valore allo spazio. La quasi istantaneità dell’epoca software inaugura la svalutazione dello spazio. (Z. Bauman, 2002, Modernità liquida, Roma – Bari, Editori Laterza pp. 132 – 133)

Egli insiste sulla perdita di valore dello spazio locale, cioè viene annullata la differenza tra quanto è percepito come lontano e quanto è percepito come vicino ed il risultato è una compressione spazio – temporale:
«lo spazio è il sedimento del tempo necessario per annullarlo, e quando la velocità del movimento del capitale e dell’informazione eguaglia quella del segnale elettronico, l’annullamento della distanza è praticamente istantaneo e lo spazio perde la sua materialità, la sua capacità di rallentare, arrestare, contrastare o comunque costringere il movimento, tutte qualità che sono normalmente considerate i tratti distintivi della realtà, in questo processo la località perde valore» (Z. Bauman, 2000, Modernità liquida, Roma – Bari, Editori Laterza, p.124).

In questo senso la dimensione dello spazio, viene ridefinita attraverso una dilatazione e una maggiore astrazione dello spazio, in seguito all’annullamento del tempo, arrivando ad un processo di deterritorializzazione. Quindi lo spazio cambia, ma non scompare; il mondo si rispazializza e si riorganizza secondo forme spaziali diverse, come quelle offerte dai media, dal telefono o dalla rete di internet.
Inoltre, si viene a creare uno spazio delocalizzato dove, secondo Giaccardi e Magatti, i rapporti sociali sono astratti dai contesti locali di interazione e si ristrutturano su archi di spazio – tempo diversi. A sostenere la delocalizzazione dello spazio, è stata importante anche la proliferazione di luoghi e, soprattutto, non luoghi.

Articolo tratto dalla tesi di Laura Lucchese, L'arte del viaggiare: l'etnografia del pendolare, studio sociologico sulle moderne forme del viaggiare e della loro relazione con le concezioni di tempo e spazio modificatesi con le più recenti trasformazioni sociali.