Il sociologo tedesco Georg Simmel si interroga su come l’attore sociale arrivi a formulare i propri giudizi di valore, e su quali siano le condizioni strutturali e le logiche propriamente sociali di stabilizzazione dei gusti e delle preferenze.
L’autore, per l’importanza attribuita ai processi imitativi, si avvicina all’analisi di Veblen, anche se Simmel si concentra maggiormente sui meccanismi di diffusione dei comportamenti di consumo nella società.

Nella “Filosofia del denaro” (1907) il valore delle cose dipende dalla valutazione che ne da il soggetto, e non dalle sue oggettive proprietà materiali e dalla quantità di lavoro incorporata per produrlo. La valutazione è a sua volta condizionata dal contesto storico e culturale in cui ha luogo.
Nelle metropoli ad esempio l’individuo ha bisogno di poter indossare vestiti e consumare oggetti che sappiano comunicare agli altri la sua identità sia come appartenenza a un gruppo sia come originalità e individualità.

A questo proposito nel saggio “La moda” (1895) Simmel presenta tale fenomeno come risultato del bisogno di coesione e allo stesso tempo differenziazione tale che egli possa godere della sensazione di esprimere se stesso in un linguaggio comune dunque comprensibile agli altri.
La moda rappresenta per Simmel la metafora del fascino che le novità esercitano sul soggetto moderno in generale, e sulla borghesia e le classi medie in particolare; poiché esse, a differenza della nobiltà, non possono fare affidamento su tradizioni e stili familiari di lunghissima durata e, a differenza delle classi meno abbienti, sperano di migliorare la propria posizione sociale anche trovando un proprio stile.

La moda, a giudizio di Simmel, si addice molto bene allo spirito moderno perché non solo propone delle novità, ma le mette pure continuamente in circolo. La propensione per il nuovo, transitorio e mutevole, corrisponde al «tempo impaziente» della vita moderna che implica «il desiderio di un rapido cambiamento dei contenuti della vita» (Simmel, trad. it. 1986, p. 27).
In quanto effimera e destinata a svanire, la moda permette di concepire la novità come illimitata e allo stesso tempo diffonde la percezione che ciò che è «assolutamente innaturale» può esistere perlomeno in questa fugace forma.
Per di più moda e stile forniscono all’individuo un «ancoraggio provvisorio» e gli permettono di avvicinarsi alle cose mantenendo una certa distanza, consentendogli così di sottolineare la propria irriducibilità a qualsiasi dato esteriore.

Secondo questa concezione quindi l’individuo moderno vuole imparare a governare e realizzare se stesso come soggetto originale, e per fare ciò adotta un certo stile, che, se legittimato dal tempo, lo libera dell’«assoluta responsabilità» su di sé, potendo indicare indirettamente un proprio gusto, senza la necessità di «stare in equilibrio sulla linea sottile della mera individualità».
In sintesi la giustapposizione di stili differenti che caratterizza l’ambiente del soggetto moderno costruisce uno spazio per l’originalità individuale. Scegliendo ad esempio di combinare stili diversi (nel vestire o nell’abitazione), l’individuo fornisce un nuovo significato alle cose, che acquistano valore nella combinazione del loro insieme e sottolineano la sua capacità di esprimere, anche solo mediante una miscela di stili già codificati, un gusto proprio.

Pur non riducendo le dinamiche della moda a una mera logica di posizionamento sociale, Simmel tende a descrivere tali dinamiche come operanti mediante imitazione soltanto dall’alto verso il basso. La nuova moda pertanto apparterrebbe solo alle classi superiori, e una volta che essa entra in possesso delle classi inferiori, le prime per differenziarsi dalle masse si volgono immediatamente ad un nuovo stile.
I gruppi sociali meno favoriti in questo modo non sarebbero in grado di proporre mode proprie e si limiterebbero a imitare i più fortunati, per un effetto di sgocciolamento dall’alto verso il basso (o trickle down).

Articolo tratto dalla tesi di Marco Espertino, Comunicazioni simmetriche e asimmetriche nella società dei consumi, dove nel primo capitolo vengono ripercorsi i principali contributi di autori classici, quali Simmel, Veblen, Bourdieu e M. Douglas, sul fenomeno sociale del consumo e delle sue interazioni con il gusto.