Robert Ezra Park rappresenta una delle figure più affascinanti della sociologia classica, in particolare di quella urbana, per l'impostazione metodologica introdotta negli studi della vita nelle metropoli americane e per l'originalità dei temi, specie riguardo le relazioni tra immigrati e comunità ospitanti e l'analisi della società multietnica.

Il pensiero di Park verrà influenzato da figure quali John Dewey, tra gli esponenti di spicco del pensiero americano di quel periodo, e Franklin Ford, editore e giornalista dalle idee innovative sul rapporto tra opinione pubblica e ordine sociale, e dalle lezioni di Simmel, al quale assisterà nei suoi viaggi europei e dal quale resterà notevolmente legato sia sui temi che sui metodi.

Ispirato dal filantropismo americano di quegli anni, Park è convinto che lo studio scientifico debba trovare applicazione pratica attraverso riforme del sistema sociale che ne favoriscano un miglioramento materiale e civile. Ma il progetto di riforma sociale, alla quale la curiosità sociologica deve dare corso, è unita in Park ad una conoscenza scientifica che si basa sulla ricerca empirica qualitativa, l'etnografia.

Fin da subito interessato a temi quali disuguaglianza sociale, relazioni razziali e vita metropolitana, Park, insieme ad Ernest Burgess (con il quale intesserà una proficua collaborazione), è uno dei primi a concentrare i suoi studi sull'analisi della nascente società multietnica. Partendo dalla figura dello straniero simmeliana, elabora il concetto dell'immigrato come uomo marginale, una sorta di ibrido culturale inserito in una rete di relazioni spesso contraddittorie a cavallo di due mondi.

Con le sue idee contribuisce anche all'elaborazione della teoria assimilazionista per spiegare sia il rapporto tra immigrati e società urbana americana sia le dinamiche sociali in genere: egli individua, infatti, un ciclo delle relazioni etniche suddiviso in quattro passaggi, dove quello conclusivo consiste nell'assimilazione del migrante con i modelli culturali della società d'arrivo.

Gran parte della sua notorietà deriva anche dai suoi lavori durante l'esperienza presso il Dipartimento di Sociologia dell'Università di Chicago dal 1914 al 1936: periodo nel quale insieme ad altri, quali Wirth, Anderson, Burgess, White etc., dà vita ad un insieme di studi sulle condotte individuali e sulle dinamiche dei gruppi sociali nella vita metropolitana che verrà identificato come Scuola di Chicago. Oltre all'oggetto d'analisi, la realtà urbana e le sue manifestazioni, specie quelle più marginali (gli hobo, le taxi girl, i migranti etc.), tratto comune delle ricerche è il paradigma d'analisi utilizzato: ossia l'analisi ecologica, dove le trasformazioni e l'evoluzione del sistema sociale, assimilate ai processi interni della vita delle piante per la loro sopravvivenza, sono viste come esito di una dinamica ecologica, ossia modellata da processi competitivi e adattivi che ordinano lo stesso assetto spaziale della società.

Robert E. Park rappresenta in conclusione una delle figure centrali della sociologia americana di inizio secolo: non tanto per l'impianto teorico al quale darà vita, ma per la capacità di individuare e affrontare gran parte di quei temi che ancora oggi risultano sfide decisive per la crescita e la stabilità delle società umane.

Tra le sue opere più conosciute: Introduction to the Science of Sociology (1921), La città (1925), Human Migration and the Marginal Man (1928), Race relations and the Race Problem; a Definition and an Analysis (1939), Human Communities: the City and Human Ecology (1955).