Sofocle diceva "Chi ha paura non fa che sentire rumori". Qualche secolo dopo, ed ha tutto il gusto dell'eufemismo, Adorno incalzava "Quel che temiamo più di ogni cosa, ha una proterva tendenza a succedere realmente".
E’, in altre parole, declinare la profezia di Merton nei confronti di quell’emozione che ci ha accompagnato lungo tutta la nostra storia personale e collettiva: la paura. Lovecraft, l’artista maestro che ci ha raccontato le sue forme e le sue tirannie, diceva, proprio come Adorno, che l’ignoto era la nostra paura più grande. E il buio del filosofo tedesco come l’ignoto dello scrittore americano si riempiono in ogni epoca con particolari rappresentazioni, con nuovi barbari e così restiamo infine preda dei loro assalti.
Recentemente è successo uno strano episodio ad Arcisate, un paese in provincia di Varese: una manifestazione organizzata dalla comunità tunisina per festeggiare il loro presidente e per rafforzare i legami degli espatriati (un po' come il nostro Columbus day negli Usa) è stata osteggiata in tutti i modi fino a dar fuoco ad un paio di tavoli il venerdì sera antecedente alla festa.
La manifestazione si è tenuta comunque, grazie anche al sostegno del gruppo alpino di Arcisate e del suo presidente Barbieri che ha concesso lo spazio dell'evento, senza piegarsi alla logica della minaccia e, guarda un po’, della paura.
L’episodio citato è rilevante per tre considerazioni legate a quelle iniziali: una di carattere sociologico, alimentando la paura in maniera esasperata, come accade ultimamente nella nostra società, poi si finisce per sentire ovunque rumori e si agisce di conseguenza. Una di carattere critico: nessun media ha dato spazio all'accaduto, se non un piccolo giornale locale, rinforzando così rappresentazioni abituali e consolidate. Ed una, infine, di carattere storico-romantico: ancora una volta si dovrebbero ringraziare gli alpini che, come a Caporetto e in Russia, hanno difeso degnamente il nostro onore. In alto la penna!