Nel suo libro "Lapidarium", raccolta di note e appunti, Kapuscinski si domanda: "impossibile spiegare razionalmente come mai, in un dato moemnto, un milione di persone scendano in piazza senza che nessuno ve le abbia convocate. Scocca il giorno X e un milione di persone affluiscono tutte nello stesso luogo. Perchè?"
Poco oltre prosegue con la sua riflessione: "si tratta di capire il segreto, o addirittura la metafisica del momento decisivo che determina lo scoppio di una rivoluzione".

L'irrazionalità del dato storico persiste anche con le spiegazioni post factum: le condizioni economiche, la tradizione culturale, il microclima sociale sono tutti fattori che spiegano la possibilità del nascere di una data rivoluzione, ma non ci dicono il perché in una società, piuttosto che in un'altra, la rivoluzione è scoppiata. E perché in quel giorno, a quell'ora, in quel luogo e non altrove, in un altro giorno e in un altro momento.

Leggendo tra le memorie della battaglia risorgimentale, mi sforzo a immaginare l'alchimia che generò le 5 giornate di Milano: l'agitazione di qualche gruppo sparuto che coinvolge la città, le sue genti, fino a formare una marea in grado di contrastare un'armata straniera. Cosa ha differenziato quel giorno, dal giorno prima. Quale aria agitava le vie? Cosa percorevva le strade e i suoi ciotoli, tra le persone?
Il tricolore posto in braccio alla Madonnina in quei giorni di marzo segnava l'irrazionalità di una sofferenza razionale, covata lungo tutta l'umiliazione di un'occupazione straniera.

Proprio come nella storia di un individuo, per anni possiamo desiderare qualcosa, un corso di teatro, l'impegno politico o chissà che altro, poi un giorno, senza sapere il perché, quel qualcosa succede. E qualsiasi sia la spiegazione razionale che a posteriori riusciremo a fornire, il dato irrazionale del perché in quel momento, e non prima o dopo, resta.

Il fenomeno di una rivoluzione è un cambiamento nella vita di una società, proprio come un individuo. Per comprenderla è necessario, paradossalmente, rispettare la sua irrazionalità, così come la sacralità di un luogo non è possibile trasmetterla razionalmente o spiegarla, ma solo percepirla attraverso la sensibilità e la delicatezza estetica.

Ecco, in egual modo, verso le rivoluzioni dovremmo assumere un atteggiamento estetico.