Col termine integrazione si intende l'inclusione delle diverse identità in un unico contesto all'interno del quale non sia presente alcuna discriminazione e nel quale venga praticata la comunicazione interculturale che, come ho cercato di chiarire, dovrebbe fondarsi sull'acquisizione da parte dei soggetti delle quattro categorie di tolleranza, ascolto attivo, empatia e cura.

L'integrazione è un importante processo sistemico che si aggiunge alla differenziazione. Questa comporta l'articolazione del sistema sociale in sotto-sistemi strutturalmente e funzionalmente differenti. Si ha così la segmentazione in gruppi specifici e la precisazione delle norme e dei valori culturali.

L'integrazione è il processo attraverso il quale il sistema acquista e conserva un'unità strutturale e funzionale, pur mantenendo la differenziazione degli elementi. L'integrazione è anche il prodotto di tale processo, in termini di mantenimento dell'equilibrio interno del sistema, della cooperazione sociale, del coordinamento tra i ruoli e le istituzioni.
In genere, l'integrazione si fonda sul consenso libero delle persone (Milanesi e Al. 1973):

comporta l'accettazione di una piattaforma di valori mediante libero consenso. Il problema, nelle relazioni tra culture diverse, sta proprio nel chiarire chi definisce tale piattaforma. Se essa è già definita a priori da una società, l'integrazione non è certo capace di rispettare l'alterità, poiché questa non partecipa in alcun modo alla definizione della piattaforma dei valori. Per questo motivo, il lavoro preliminare per promuovere l'integrazione culturale non dovrebbe concentrarsi sull'analisi dei contenuti, bensì sui processi della comunicazione e sulla costruzione di identità interculturali.

In relazione alle ipotesi di integrazione nella società globale, Cotesta (2002) ipotizza tre possibili scenari.
Nel primo scenario, i membri della società sono disposti condividere con gli altri la propria tradizione culturale. Sono pronti a condividere i propri miti, compreso quello originario costituivo dell'identità culturale. Ciò significa che sono disposti ad avere in comune con lo straniero non solo tratti generici ma anche qualità specifiche. Lo straniero diventa cittadino con i medesimi diritti e doveri. La comunità aperta si arricchisce di nuove presenze. La differenza che permane diventa un valore ed uno stimolo per aprirsi verso altre culture, anche se in modo parziale ed indiretto poiché la propria è, e deve restare, la cultura dominante. Questa comunità si sente forte e non teme di perdere la propria identità. Vede nello straniero un modo per potere arricchire ed accrescere i propri saperi.

Nel secondo scenario, i membri della comunità non sono disposti a condividere la propria tradizione culturale e tantomeno il loro mito originario costitutivo. Il loro è un possesso geloso e pieno di timori; si ha paura che la tradizione, la cultura ed i codici culturali che ogni straniero porta con sé possano alterare la purezza del proprio patrimonio culturale. In questo caso lo straniero viene tenuto in disparte ed anche quando entra a far parte della società viene inteso sempre come un membro inferiore a cui non sarà mai concesso lo statuto di cittadino parificato.

Nel terzo scenario, i membri della comunità non sono gelosi del proprio patrimonio culturale ma allo stesso tempo non sono propensi a compiere azioni istituzionali per accogliere lo straniero. Non sono previste azioni propositive per l'inclusione nè tantomeno per l'esclusione sociale. Questa condizione è tipica della società complessa nella quale la pluralità di appartenenza e di codici culturali, non predispone i membri delle comunità ad intervenire attivamente nei confronti dello straniero. Si crea solamente uno spazio di opportunità a cui chiunque può accedere; spetta poi a ciascun individuo trovare la strada giusta per una corretta integrazione. Se per qualche ragione gli interessi della società e dello straniero convergono, solo allora si possono intraprendere delle azioni di integrazione. Tuttavia, non si tratta di azioni solidali ma di convenienza reciproca.

In quest'ultimo scenario ogni membro della società gode di libertà ed autonomia nonché di un contesto che gli offre le garanzie minime per la convivenza. L'integrazione diventa un problema privato, personale, soggettivo; spetta allora allo straniero ed ai membri della società con i quali tende ad avere rapporti, il compito di trovare modalità comunicative e comportamentali che possano preludere alla convivenza pacifica e alla valorizzazione delle differenze.
Oggi, più che alla politica, il problema dell'integrazione delle culture è demandato ai soggetti in gioco. Tutti siamo autoctoni e stranieri allo stesso modo; la comunicazione tra le differenze è quindi d'interesse comune. È un'emergenza sociale alla quale si può rispondere tramite la costruzione di nuove identità capaci di utilizzare la comunicazione interculturale, secondo quanto esposto precedentemente.

Articolo tratto dalla tesi di Laura Cinquepalmi, Multiculturalismo e Interculturalismo.