Su un piano più generale, i paradigmi che offrono delle nuove interpretazioni circa il concetto di sviluppo e gli aggettivi ad esso riferibili (quali ad sostenibile e umano) sono collocabili storicamente negli anni '80. In questo periodo, difatti, si assiste al sorgere di movimenti sociali poggianti su principi normativi relazionabili alla dimensione dei Diritti Umani; la serie di movimenti nati, si discosta sia dalle direttive impartite dalla dimensione statale che da quelle provenienti dal mercato, ponendo in essere delle vere e proprie forme di tutela nei confronti dell'ambiente, della promozione umana, della democrazia. Un determinato progetto di sviluppo, perché possa definirsi sostenibile, necessita di una base concettuale che non si discosti né dalla consapevolezza di quali siano i bisogni collettivi da soddisfare, né dalla realistica analisi circa le risorse disponibili sul territorio; un'analisi che tenga conto della natura dell'ambiente fisico, economico, socio-culturale. La conoscenza condivisa dei saperi e dei saper-fare comunitari, degli equilibri sociali poggianti sulle uguaglianze e sulle diversità dei membri da cui sono composti, delle normazioni consuetudinarie, delle sfumature differenziali intra ed extra territoriali, è una qualità imprescindibile della attualità progettuale. E' una qualità che si struttura sulla base di un patto di solidarietà e reciprocità che sancisce l'appartenenza ad una comunità, e per questo, le politiche sociali tipicamente fatte nel terzo settore (che si colloca tra stato e mercato) non possono prescindere dalla conoscenza delle realtà socio-culturali e degli attori che le costituiscono e con i quali concorrono ad elaborare strategie di pianificazione e gestione rispetto a progetti di sviluppo.

Effettivamente, durante la settima sessione generale dell'assemblea delle Nazioni Unite, venne posta in rilievo la questione sulla reale possibilità di uno sviluppo alternativo; tale dibattito venne enunciato ed approfondito tramite un rapporto che la Fondazione Dag Hammarskjöld stilò in occasione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 1976 intitolato "What now? Another development". La consapevolezza che le pratiche di sviluppo indotte dall'esterno, avessero portato ad una enorme disuguaglianza nella re-distribuzione delle risorse presenti sul pianeta, ad un divario sempre crescente tra le aree del Nord e quelle del Sud del pianeta, alla paradossale situazione che vede(va) enormi sprechi attuati nell'Occidente economico rispetto all'incremento di povertà di altre zone del pianeta (Asia, Africa e Sud-America), ha indotto ad una rivisitazione delle teorizzazioni che fino ad allora avevano interpretato lo sviluppo esclusivamente nella sua qualità di concetto più che di prassi.

Lo sviluppo alternativo di cui si sta trattando viene a coincidere con una specifica tipologia di sviluppo, definito come umano; ed è proprio lo sviluppo umano a divenire il perno su cui poggiano le nuove formulazioni teoriche relative allo sviluppo alternativo. Le peculiarità di cui questa nuova dimensione dello sviluppo è investita, sono riscontrabili in alcuni elementi qualitativi che distinguono, appunto, il nuovo sviluppo teorizzato; tali caratteristiche coinciderebbero, secondo il Rapporto della Fondazione Dag Hammarskjöld, ad un orientamento peculiare. Innanzitutto, lo sviluppo umano promuove la soddisfazione di alcuni bisogni fondamentali, riconosciuti universalmente come tali (ad esempio la fame e la povertà), in un'ottica che privilegia la dimensione endogena come la più appropriata per uno sviluppo coerente. Lo sviluppo qui enunciato sarà elaborato in una prospettiva di self-reliance, ossia di autonomia ed auto-realizzazione, basato sulla forza endogena del sistema sociale che decide di intraprenderlo. Dalle riflessioni nate in merito allo sviluppo alternativo ed umano, sorge una prospettiva che intravede la possibilità di un'autonomizzazione dello sviluppo rispetto alla sfera politica ed economica. I soggetti dello sviluppo non sono più inquadrabili esclusivamente all'interno del binomio stato-mercato. Il soggetto-attore dello sviluppo diviene l'uomo.
Lo sviluppo umano si costituisce di elementi molteplici; prendendo in considerazione il fatto che la dimensione economica è profondamente incorporata nella dimensione sociale (e non solo l'inverso, quindi!) diviene riduttivo considerare lo sviluppo umano come se fosse organizzato per compartimenti stagni. La sua stessa valenza semantica si arricchisce di nuove funzioni e peculiarità. Se, precedentemente, alla parola "sviluppo" non necessariamente seguiva un aggettivo (poiché si presumeva che si parlasse solo in un'ottica di modernizzazione, industrializzazione, o comunque, economica), oggi è difficile non accompagnare il termine da un aggettivo, poiché non si riuscirebbe, probabilmente, a contestualizzarlo. Attraverso le parole di Galtung, si potrebbe affermare che l'accento è stato spostato dalla categoria universale, a quella fondamentale.

Lo sviluppo è definito, quindi, "sostenibile", non perché "sostenibile" sia una sua qualità intrinseca, ma perché sono le condizioni oggettive (sociali, culturali, economiche, politiche, ambientali) a rendere "sostenibile" la realizzazione endogena, collettiva e personale.

Ninive Usala

Articolo tratto dalla tesi Migrazioni e sviluppo