L'analisi conversazionale ha come oggetto di studio l'analisi della struttura e dell'andamento delle conversazioni. Invece che considerare le parole come oggetti dotati di un significato, la prospettiva dialogica sottolinea la loro connessione con il mondo delle relazioni tra individui: "non c'è ragione per affermare che il significato appartiene alla parola in quanto tale. In sostanza il significato appartiene ad una parola relativamente alla posizione che occupa tra i parlanti; in altre parole il significato si realizza solo nel processo di comprensione attiva e responsiva" 1.

Ciò vuol dire che il significato non è "attaccato" alle parole, ma è piuttosto il prodotto – negoziato e rinegoziabile – dell'interazione tra individui, in grado di mediare le loro azioni e risposte alle circostanza della vita.

Lasciate che l'uso delle parole v'insegni il loro significato2:

Comprendere una parola, una frase o un'espressione non significa semplicemente "trasmettere" nella testa del destinatario il messaggio del mittente. Al contrario una reale comprensione produce risposte attive e condivise. "Nel dialogo con altri la risposta quindi aggiunge significato a quanto è stato detto e in questo contribuisce a definire realtà via via più complesse e diverse da quelle presenti negli interlocutori all'inizio del dialogo stesso"3.
All'inizio degli anni Ottanta Levinson indica l'analisi del discorso (AD) e l'analisi della conversazione (AC) come i principali filoni di ricerca sull'argomento. L'AC, però, utilizza una metodologia rigorosamente empirica per analizzare i dati frutto di conversazioni spontanee.

I primi lavori si sono occupati degli elementi che caratterizzano l'organizzazione della conversazione come l'alternanza dei turni fra gli interlocutori e il susseguirsi delle sequenza discorsive. Per gli analisti della conversazione, dunque, l'interesse si sposta sull'interazione, per cui l'approccio acquista un carattere eminentemente sociale, dinamico e complesso.
Secondo l'approccio dialogico, la comunicazione è "fatto relazionale irriducibile", all'interno del quale gli individui si conoscono e si fanno conoscere, dando vita a quella intersoggettività che è elemento fondamentale della vita sociale e che si fonda sulla cooperazione e sui legami contrattuali implicati nella definizione sociale di una situazione. L'interlocuzione, inoltre, non è semplicemente il momento dello scambio comunicativo, ma diventa il mezzo attraverso il quale l'individuo, indotto dalla relazione comunicativa con un altro individuo, riflette su se stesso. In questo modo, la comunicazione si trasforma in un evento prettamente psicosociale, in cui il posto centrale è dato agli interlocutori, alle loro idee, alle loro conoscenze, ai loro processi cognitivi, mentre gli elementi linguistici sono considerati uno strumento che favorisce l'intero processo.

E' il riferimento ad una comunità interpretativa che permette la creazione dell'intersoggettività, che permette di cogliere il nuovo e l'imprevisto, di rendere il nostro sé privato un fatto pubblico, di attribuire significati, di condividere e confrontare prospettive di valutazione degli eventi, di comprendere le storie, di creare e modificare pratiche specifiche di interazione e di azione, di condividere i ricordi, di rendere i propri significati pubblici e di negoziare la loro condivisione e così via4.
Ciò vuol dire che la nostra cognizione è condivisa con molte altre persone, è situata e distribuita e non un fatto privato e individuale, acquista significato proprio perché mediata dall'esistenza di una o più comunità interpretative.
Condizione necessaria per sostenere la comunicazione e creare l'intersoggettività senza la quale non esiste comunicazione, è il riferimento ad un canone condiviso. Questo canone permette di creare nuovi significati, nuove strutture e nuovi modelli testuali perché il nuovo acquista comprensibilità e può nascere solo a partire da un canone pre-esistente: "il canone è un liberatore di creatività"5.
L'interpretazione dei nuovi significati produce, tra gli ascoltatori, una discussione che permette l'evoluzione dei canoni condivisi verso la creazione di nuovi significati.
"Per questo le comunità e i gruppi non sono un particolare evento di una vita vissuta individualmente ma il supporto interpretativo necessario per realizzare le nostre azioni quotidiane e comprendere quelle degli altri"6.

Note:
1 Volosinov, V. N. (1973). Marxism and the Philosophy of language. Cambridge: Harvard University Press.
2 Wittgenstein, L. (1953). Ricerche filosofiche. Torino: Einaudi.
3 Zucchermaglio, C. (2002). Psicologia culturale dei gruppi. Roma: Carocci.
4 ibidem
5 De Saussure, F. (1967). Corso di linguistica generale. Bari: Laterza.
6 Zucchermaglio, C. (2002). Psicologia culturale dei gruppi. Roma: Carocci.


Paola Valentino
Articolo tratto dalla tesi Tra adulti: educazione informale e conversazione