"E' straniero colui che non si adatta alle mappe cognitive, morali ed estetiche del mondo e con la sua presenza rende opaco ciò che dovrebbe essere trasparente": così Zygmunt Bauman, sociologo britannico famoso per i suoi studi sulla cultura della modernità, dei totalitarismi e dell'Olocausto, definisce la figura dello straniero.

Secondo Bauman lo Stato moderno è caratterizzato dalla lotta tra mobilità e immobilizzazione come strategia del suo dominio. In questo contesto lo straniero moderno diventava il prodotto residuo dello zelo regolatore dello stato1, colui il quale minava la costruzione dell'ordine sociale seminando sentimenti di incertezza e di ambiguità. Infatti, secondo Bauman, sotto la pressione della spinta alla costruzione dell'ordine sociale, gli stranieri vivevano, in uno stato di estinzione sospesa2, cioè erano considerati come un'anomalia da correggere.

Le strategie secondo cui lo Stato faceva fronte a questo stato di disordine sociale, erano due. La prima era la strategia assimilativa realizzata attraverso l'antropofagia, ovvero, attraverso l'annullamento degli stranieri, facendoli diventare una copia di se stessi; quindi annientando le differenze linguistiche e culturali, ma soprattutto proibendo tutte le tradizioni diverse dalle proprie.
La seconda strategia, definita da Bauman antropoemica, si basava semplicemente sul processo di esclusione. Nascevano quindi i divieti di condivisione, di interrelazione e di interazione sociale. Sulla base di questa strategia gli stranieri venivano lasciati fuori, isolati dalla comunità e la loro presenza veniva definita a priori come temporanea; di conseguenza la possibilità di una convivenza con lo straniero veniva resa remota.

L'espressione più comune delle due strategie si concretizza nella collisione tra una concezione liberale e una concezione nazionalista-razzista dell'"altro".
Ovvero secondo la concezione liberale, gli individui erano diversi tra loro a causa delle differenti tradizioni locali in cui erano nati e cresciuti; mentre secondo la concezione nazionalista-razzista, diametralmente opposta a quella liberale, gli individui non saranno mai convertiti in qualcosa di diverso da quello che sono.
In questo contesto di rigetto, gli stranieri diventano i prodotti, ma soprattutto i mezzi di produzione, dell'incessante e mai definitivo processo di costruzione dell'identità.

Riguardo al concetto di costruzione dell'identità, Bauman distingue la modalità della costruzione sociale dello straniero nella modernità rispetto alla postmodernità: mentre gli stranieri moderni erano destinati all'annientamento e funzionavano come meccanismi di disturbo al raggiungimento dell'ordine sociale, gli stranieri post-moderni sono e rimangono nel nuovo apparato sociale.
Per questo motivo lo straniero della società postmoderna, non costituisce, per Bauman, un parametro di valore per analizzare l'alterità, ma essendo parte della nostra società e vivendo tra noi, rispecchia il metro di valutazione per osservare noi stessi.

Bauman scrive inoltre: ci sono amici e nemici, e poi ci sono gli stranieri. Le prime due categorie sono contrapposte l'una all'altra, in quanto nei confronti dei primi abbiamo delle responsabilità e degli obblighi morali, mentre nei confronti dei secondi ne siamo sollevati. Ma tra le due categorie esiste una relazione corrispondente, ovvero l'una esiste perché l'altra rappresenta il suo opposto, non ci sarebbero dunque nemici se non ci fossero amici.
Questo aspetto correlativo ed intrinseco tra amicizia e inimicizia, secondo Bauman costituisce l'unica forma di "associamento" possibile. In altre parole, nella società postmoderna, i rapporti di amicizia e di inimicizia sono gli unici strumenti attraverso i quali è possibile riconoscere l'altro.

Lo straniero, nel pensiero di Bauman, diventa una delle figure più rappresentative di tutto il suo studio sociologico, attraverso la quale riesce a cogliere ed interpretare il radicale cambiamento sociale avvenuto tra la modernità e la postmodernità.

Note:
1 Zygmunt Bauman, La società dell'incertezza, Il Mulino, Bologna ,1999.
2 Zygmunt Bauman, La società dell'incertezza, Il Mulino, Bologna ,1999.


Francesco Scopelliti
Articolo tratto dalla tesi La figura dell'altro in sociologia