Rowntree definì la povertà assoluta come "la situazione di deficienza in cui il reddito annuo, di una famiglia tipo composta da due persone, risulta inferiore al reddito annuo stabilito"1.
Infine si può notare come con questo termine Rowntree prende in considerazione solo la sopravvivenza fisica, tralasciando invece il soddisfacimento di ogni altro bisogno sociale. Il suo concetto di povertà infatti secondo molti studiosi si limita alla sola mancanza del denaro necessaria per soddisfare al minimo i bisogni fisici2.

Nel 1991 la definizione che ci fornisce nel testo Politica economica Cellini riprendendo le convenzioni internazionale è quella in cui un individuo versa in condizione di povertà assoluta solo quando può contare su un reddito giornaliero non superiore a 1 dollaro che equivale circa a 390 dollari3.

Il concetto di povertà assoluta è la medesima in qualsiasi Paese. Infatti nel 2000 enti come la Banca Mondiale lasciano invariato il valore di 1 dollaro al giorno, ma calcolano la povertà assoluta anche in riferimento al valore corrente che si aggira intorno alla soglia di 2 dollari al giorno.

Dai dati che ha messo a disposizione la Banca Mondiale si evince che circa 2,8 miliardi di persone (sui 6 miliardi di abitanti sulla Terra) hanno vissuto con un reddito inferiore a 2 $ al giorno e, di questi, 1,2 miliardi (20% della popolazione) con meno di 1 $ al giorno4.
Queste soglie individuano una condizione di indigenza assoluta, tale da mettere in pericolo la stessa possibilità di sopravvivenza, in assenza di aiuti esterni.

La povertà relativa

Con il termine povertà relativa si intende una condizione di deprivazione inserita all'interno di una vasta rete di relazioni sociali, cioè di disuguaglianza che caratterizzano una data società in un dato momento.
L'idea di base di questa povertà è che la condizione del povero dipenda non soltanto dal reddito individuale (come nel caso della povertà assoluta), ma dal contesto nel quale il reddito viene percepito. Infatti per il calcolo di questa povertà è necessario riferirsi al reddito individuale che a sua volta deve essere confrontato con quello della comunità a cui appartiene.

Quindi si definisce povero in senso relativo quell'individuo il cui reddito è inferiore rispetto al 50% del reddito individuale medio della comunità di riferimento. In questo modo la metà del reddito ricavato individua quella che è la linea di povertà relativa.
Pertanto la linea della povertà relativa non corrisponde a un valore costante, ma varia da contesto a contesto. Infatti con il termine relatività si riferisce ad un contesto che è insieme geografico, storico e socio-culturale e che riguarda contemporaneamente l'insieme delle risorse disponibili di una data società e gli stili di vita che in essa vengono attuati.

Negli ultimi dieci anni si evince che il numero delle persone in condizioni di povertà assoluta è diminuito, mentre è aumentato il numero delle persone in condizione di povertà relativa. Secondo molti economisti ciò è uno degli effetti della globalizzazione che ha contribuito a sollevare ampie fasce di popolazione da condizioni di povertà assoluta ma, al tempo stesso, ha allargato le disuguaglianze, incrementando il numero delle persone che si trovano in condizioni di povertà relativa5.
Di ciò c'è ne da atto i dati riportati dalla Commissione di indagine sulla povertà e sull'emarginazione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che riportano che in Italia a partire dalla seconda metà degli anni Novanta si è registrato un aumento considerevole del numero di persone in condizione di povertà relativa che si aggirerebbe intorno al 12%, ma con forti squilibri territoriali: a Nord la popolazione che si trova sotto la linea della povertà relativa è il 5%, al Centro il 6% e al Sud circa il 25%. Ovviamente questi dati come tutti i dati vanno interpretati con molta attenzione. Infatti Cellini dice che:

"condizioni di recessione generalizzata, talvolta, implicano l'uscita di persone dalla fascia della povertà relativa, non perché si sia innalzato il loro reddito individuale, ma perché, proprio per effetto della recessione, si è abbassato il livello della linea di soglia della povertà"6.

Infine rifacendoci a un'affermazione di Townsend, possiamo dire che la povertà è "oggettivamente definibile solo in termini di privazione relativa"7 anche se negli ultimi anni stia sempre diventando un fenomeno multidimensionale e complesso.

Note bibliografiche:
1 F. Zajczyk, op.cit.,p.364
2R. Holman, Poverty, Explanations of Social Deprivation, Robertson, London 1978, p.13.
3R. Cellini, Politica economica: Introduzione ai modelli fondamentali, McGraw-Hill, Milano 2005, p.155
4Ibidem, op.cit, p. 157
5R. Cellini, op.cit.; p.157
6 Ivi, op.cit.; p.158
7P. Townsend, Poverty in the United Kindom, Penguin Book, Harmondsworth 1979. (Nota in Mastromatteo, p.84).

Articolo tratto dalla tesi di Salvatore Patricelli, I nuovi senza dimora: tre nuove tipologie di homeless