Il termine Mobbing è una parola inglese che deriva dal verbo “to mob” che significa “attaccare con violenza, assalire tumultuosamente, accalcarsi intorno a qualcuno”.
Esso trae origine dall’espressione latina “mobile vulgus”, che indica un gruppo di persone considerate meritevoli di disprezzo. Dalla nozione latina, oltre al verbo, è derivato anche il sostantivo “the mob”, che originariamente è stato usato come insulto rivolto verso la popolazione povera e ignorante.
In seguito, così com’è avvenuto per la parola italiana “volgare”, quella inglese “mob”, ha mantenuto sia l’accezione negativa di gentaglia che quella neutra indicante parole o atti riguardanti il popolo, il volgo.

Il termine Mobbing, dunque, indica inizialmente il formarsi, intorno a qualcuno, di un gruppo di persone poco numeroso, che ha come fine quello di esprimere ammirazione o aggredire.
Col passare del tempo, però, la versione positiva è stata del tutto abbandonata, ed è rimasta in uso la versione “negativa” indicante l’atto dell’aggredire, per cui questo gruppo di persone incute timore.

Lo stesso termine è stato ripreso agli inizi degli anni Settanta dall’etologo Konrad Lorenz, che lo ha utilizzato per descrivere il comportamento aggressivo di alcune specie d’animali. Lorenz, ha osservato che, questi animali, circondano un proprio simile e lo assalgono in gruppo al fine di allontanarlo dal branco, o perché considerato estraneo alla comunità animale o perché ritenuto malato e in ogni caso pericoloso. In genere, il gruppo di animali che si coalizzano, è composto dai membri più deboli ma più numerosi, che si uniscono contro un predatore più forte.
Trasposto sul piano umano, questo tipo di comportamento animale potrebbe far pensare a quegli episodi, ricorrenti nelle rivolte contadine, dove la folla si scatena contro i suoi oppressori. E’ importante sottolineare che, lo scoppio dell’ira popolare e l’accanimento del branco, non indicano esattamente il fenomeno del Mobbing nella sua accezione moderna, in quanto quest’ ultima, designa, piuttosto, quei meccanismi, che ogni gruppo sociale mette in opera, per riconfermare il proprio status o la propria gerarchia interna.

A questo proposito, il fenomeno del passato che più si avvicina alla nostra accezione di Mobbing, è l’usanza dello charivari1, consolidata in Francia ed in Inghilterra e presente anche in Toscana.
In passato, accadeva spesso che, un uomo ricco ma anziano, decidesse di sposare una bella ragazza, sottraendola di conseguenza alla corte dei giovani del villaggio. Questi, dal canto loro, sentendosi offesi e defraudati dal comportamento dell’anziano signore, decidevano di conseguenza, di mettere in atto un comportamento ostile nei suoi confronti, insultandolo e osteggiandolo ogni qualvolta si presentava nella pubblica piazza. Oltre a ciò, questi giovani, la sera delle nozze, cantavano una “serenata”, carica di offese e minacce, dirette allo sposo - reo di aver compiuto un atto percepito come illegittimo - con l’intento di terrorizzarlo e non farlo dormire.
Storicamente, un’altra forma di Mobbing diffusa in tutta l’Europa e universalmente riconosciuta, è stata la caccia alle streghe. La caccia alle streghe comincia sempre con un “sentito dire”. Non si “diventa” streghe perché si compiono atti di stregoneria, ma perché la voce popolare addita come tale una persona.
In questa situazione, chi si trovava ai vertici del potere, poteva, con abilità, sfruttare e gestire questa voce popolare per sbarazzarsi di una persona a lui scomoda imputandole la stregoneria.

Ciò che al moderno Mobbing resta degli antichi costumi, è la tecnica di progressiva e sistematica diffusione di notizie finalizzate ad isolare una determinata vittima, a metterle contro l’intero gruppo e infine colpevolizzarla.
Certo, oggi non si rischia più di finire al rogo o sulla forca per decreto regio, come avveniva al tempo della caccia alle streghe, ma si può ben affermare che lo sbocco di questi comportamenti vessatori è altrettanto dannoso, in quanto l’odierna vittima di Mobbing è indotta ad autodistruggersi e a ricorrere, nei casi più gravi, al suicidio.
Si ha dunque, oggi come ieri, per dirla come Nietzsche, l’annichilimento dell’essere umano.

Infine, c’è da ricordare che non in tutto il mondo per definire le persecuzioni psicologiche si ricorre alla parola inglese Mobbing.
Nei Paesi Anglosassoni e negli Stati Uniti, è utilizzata la parola bullyng, corrispondente all’italiano bullismo.
In Inghilterra, il maggiore studioso di tale fenomeno, Tim Field, lo definisce appunto bullyng at work-place e la MSF UNION (il Sindacato dei lavoratori dei settori della manifattura, della scienza e della finanza), descrive il Bullyng come:

“una pratica persistente di danni, offese, intimidazioni o insulti, abusi di potere o ingiuste sanzioni disciplinari, che induce, in colui contro il quale è indirizzata, sentimenti di rabbia, minaccia, umiliazione,vulnerabilità, che mina la sua fiducia in sé stesso e può causare malattie da stress”2.

Negli Stati Uniti, con il termine Mobbing, s’intende un “emotonial assault” che si sviluppa con continuità, in un ambiente di lavoro che di conseguenza, diventa sempre più ostile per il lavoratore-vittima.
In Giappone, si usa oltre a bullyng anche il termine Ijime; mentre in Olanda è usato Pesten.

Riportando le varie definizioni che del fenomeno del Mobbing è possibile incontrare nei diversi Paesi, abbiamo fatto riferimento al termine Bullyng. Nel Bullyng, a differenza di quanto accade nei casi di Mobbing, la violenza non avviene esclusivamente sul piano psicologico, ma anche attraverso l’uso di percosse, e quindi, si ripercuote anche a livello fisico.
Nei casi in cui l’aggressione è gerarchicamente individuabile, poiché viene dal “capo”, al posto di Bullyng si usa il termine Bossing.
Harald Ege, ha utilizzato il vocabolo Bossing per indicare un tipo di persecuzione strategicamente studiata dalla direzione aziendale, persecuzione che è stata appunto definita dagli studiosi italiani “mobbing strategico”.
In Francia, l’appellativo usato per indicare il Mobbing è harcèlement morale, vale a dire, molestia morale. Qui la principale studiosa del fenomeno è Marie-France Hirigoyen, secondo la quale esso riguarda:
“qualunque condotta impropria che si manifesti, in particolare, attraverso comportamenti, parole, atti, gesti, scritti capaci di arrecare offesa alla personalità, alla dignità o all’integrità fisica o psichica di una persona, di metterne in pericolo l’impiego o di degradare il clima lavorativo”. 3

Anche in Francia, elemento costitutivo del Mobbing è una situazione negativa, che perdura nel tempo e la cui caratteristica principale è data dalla sistematicità.
In Svizzera, il Mobbing è definito come:
“una situazione di comunicazione non etica caratterizzata dalla ripetizione, nel lungo periodo, da parte di una o più persone, di comportamenti ostili diretti sistematicamente contro un individuo che sviluppa, come reazione, gravi problemi fisici o psicologici” (in: Casilli Antonio, Stop Mobbing. Resistere alla violenza psicologica sul luogo di lavoro, p. 22-23).


1 Tratto da: Sandra Carrettin-Nino Recupero, Il Mobbing in Italia. Terrorismo psicologico nei rapporti di lavoro, Bari, Edizioni Dedalo, 2001, p. 12.
2 La definizione data dalla MFS UNION del termine bullyng è presente in: Casilli Antonio, Stop Mobbing. Resistere alla violenza psicologica sul luogo di lavoro, Brossura, Derive e Approdi, Roma 2000, p. 22.
3 Hirigoyen Marie-France, Molestie morali. La violenza perversa nella famiglia e nel lavoro, Einaudi, Torino 2000, p. 53. (Tradotto dalla lingua francese. Titolo originale: Le harcèlement moral: la violence perverse au quotidien)

Articolo tratto dalla tesi di Monica Piccolo, Il mobbing, un'analisi attenta dei fenomeni persecutori in ambiente di lavoro, con uno sguardo rivolto anche alle più recenti introduzioni della letteratuta scientifica (come per esempio il fenomeno dello stalking).