Il miglior uso del cyberspazio secondo Lévy consiste nel "mettere in sinergia i saperi, le immaginazioni"1, quindi il potenziale che esso offre in termini di incremento della conoscenza e possibilità di apprendimento umano: è ciò che intende parlando di intelligenza collettiva. Si tratta di un'intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva delle competenze.
"Il fondamento e il fine dell'intelligenza collettiva sono il riconoscimento e l'arricchimento reciproco delle persone. L'assioma di partenza è un'intelligenza distribuita ovunque"2. Nessuno sa tutto, ognuno sa qualcosa, la totalità del sapere risiede nell'umanità. L'intelligenza è troppo spesso disprezzata, ignorata, inutilizzata, umiliata e non viene correttamente valorizzata. Sembra si sprechi allegramente la risorsa più preziosa rifiutandosi di prenderla in considerazione, di svilupparla e impiegarla ovunque essa sia. "Il coordinamento in tempo reale delle intelligenze implica dispositivi di comunicazione che dipendono obbligatoriamente dalle tecnologie digitali dell'informazione"3.

I nuovi mezzi di comunicazione dovrebbero offrire ai membri di una comunità i mezzi per coordinare le loro interazioni nello stesso universo virtuale di conoscenza. Non si tratterebbe solo di modellizzare il mondo fisico ordinario, ma anche di permettere ai membri di collettivi decentrati di interagire all'interno di un paesaggio dinamico di significazioni. Avvenimenti, decisioni, azioni e persone sarebbero situati sulle carte dinamiche di un contesto condiviso e, trasformerebbero continuamente l'universo virtuale all'interno del quale acquistano senso. In questa prospettiva, il cyberspazio diventerebbe lo spazio mutevole delle interazioni tra le diverse competenze dei collettivi intelligenti deterritorializzati.

Le competenze individuali diventano collettive
Per sostenere un'intelligenza collettiva occorre mobilitare le competenze e prima ancora identificarle. Il problema del riconoscimento è fondamentale, poiché ha come fine non solo una migliore gestione delle competenze nella collettività in generale, ma implica anche una dimensione etico- politica. Nell'era della conoscenza non riconoscere l'altro nella sua intelligenza significa negargli la sua reale identità sociale, alimentare il suo risentimento e la sua ostilità, contribuire ad aumentare l'umiliazione.
Al contrario, quando si valorizza l'altro al ventaglio diversificato dei suoi saperi, gli si permette di identificarsi in modo nuovo e positivo, si contribuisce a motivarlo, a sviluppare in lui, in contraccambio, sentimenti di riconoscenza che facilitano, di conseguenza, il coinvolgimento soggettivo di altre persone in progetti collettivi.

L'ideale dell'intelligenza collettiva implica la valorizzazione tecnica, economica, giuridica e umana di un'intelligenza distribuita ovunque, al fine di innescare una dinamica positiva di riconoscimento e di mobilitazione delle competenze. "L'intelligenza collettiva è come un reticolo policentrico di intelligenze, tutte in relazione tra loro, che coopererebbero nella costruzione di un sapere di tutti e di ciascuno"4. Questo progetto comporta un nuovo umanesimo che include e amplia il "conosci te stesso" in direzione di "impariamo a conoscerci per pensare insieme"5, si passa dal "cogito" cartesiano al "cogitamus". Si costituirebbe un'agorà fondata sullo scambio di informazioni e competenze, per aiutare a gestirsi nel flusso di saperi diversi, sulla discussione collettiva di attività, informazioni, avvenimenti, per la costruzione sociale del senso.

Da ciò ne consegue che è necessaria una cooperazione, una co-partecipazione ed una libertà di informazione, tipiche dell'etica hacker. Questa, in buona sostanza, è la filosofia del nuovo modello di sviluppo definito Open Source, che è nato in ambito di programmazione software, ma che si sta affermando sempre più come un vero e proprio stile di vita, introducendosi in ambiti importanti quali la sociologia, l'economia, il marketing, ecc. Esempi concreti ne sono la comunità Linux, il progetto GNU e la Free Software Foundation, la EFF, la IETF, il W3C, fino all'ultima delle comunità di sviluppatori freesoftware. "L'intelligenza collettiva ha inizio solo con la cultura e si accresce con essa"6

Note bibliografiche
1 P. Lévy, L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 2002
2 ib.
3 ib.
4 P. Carbone, P. Ferri, Le comunità virtuali, Mimesis, Milano 1999
5 P. Lévy, L'intelligenza collettiva. Per un'antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 2002
6 ib.

Rosalia Conti
Articolo tratto dalla tesi L'intelligenza collettiva passa per il Web?