All'improvviso, nel corso della nostra vita, un messaggio sottile e poetico invade la nostra mente e ci fa avvertire il bisogno di raccontarci in modo diverso dal solito. E' il pensiero autobiografico, l'insieme di ricordi della propria vita trascorsa, che ad un certo punto entra a far parte della nostra vita quotidiana e diventa scopo di vita.
Il pensiero autobiografico è un ripatteggiamento con quanto si è stati, una riconciliazione che procura emozioni di quiete. La rappacificazione, la compassione, la malinconia, infatti, sono sentimenti che, mitigando la nostra soggettività, la aprono a nuovi orizzonti.

Ciò che è stato poteva forse compiersi in altro modo ma ora quella storia è ciò che è. Mentre ci rappresentiamo, ci assumiamo la responsabilità di tutto ciò che siamo stati e abbiamo fatto e non possiamo che accettarlo. Ripensare la propria storia vuol dire creare un altro da noi, sdoppiarci, vederlo agire, sbagliare, amare, soffrire; assistere allo spettacolo della propria vita come spettatori.
Il lavoro autobiografico, secondo Demetrio, ridimensiona "l'io dominante" e lo degrada ad un io necessario, "l'io tessitore" che collega ed intreccia.

L'autobiografia non è da intendersi, però, come un farmaco per liberarsi dal proprio passato prendendone le distanze. La vera cura di sé consiste nel prendersi in carico facendo pace con le proprie memorie nel presente che scorre che, aggiungendo nuove esperienze, diventa luogo fertile per inventare o svelare nuovi modi di sentire.
L'autobiografia diventa, dunque, un viaggio formativo che spinge a prendere coscienza del fatto di essere stati molteplici io e a fare altrettanto; per cui dalla costellazione dei ricordi, l'io tessitore redige non una ma molte versioni della nostra esistenza attraverso la retrospezione (sguardo al passato), l'interpretazione (alla luce dell'oggi) e la creazione (di vicende e personaggi altri da noi).
"Lo spazio autobiografico è una stagione: è il tempo della tregua, che ci aiuta perché non ci colpevolizza rispetto alla nostra molteplicità. Non è una vacanza, è il tempo di sutura dei pezza sparsi; è il tempo in cui uno dei nostri io si fa tessitore"1.

La pratica autobiografica è un'opportunità per fare esperienza del pluralismo che tanto contraddistingue il funzionamento dialogico della nostra mente, ma la cui espressione è, allo stesso tempo, costantemente repressa per la necessità di aderire alle norme ed alle aspettative della società in cui viviamo. In pubblico siamo costretti a nascondere o contenere la nostra "molteplicità" per apparire soggetti equilibrati, sempre coerenti con noi stessi. Così ormai quasi senza accorgercene, operiamo secondo pacchetti di comportamento preordinati in modo da garantire la prevedibilità delle nostre azioni. La pratica autobiografica, dunque, costituisce anche un'esperienza di tipo educativo e di sviluppo personale.
Ricerca dell'unità e scoperta della molteplicità costituiscono il filo rosso o la colonna sonora del lavoro autobiografico.

Le sensazioni psicologiche che accompagnano la ricognizione di sé sono la sazietà e l'insaziabilità del vivere, per cui nel momento in cui si dichiara il proprio appagamento non si estingue il desiderio di riprendere a raccontare tutto quanto ci accade dentro e intorno. E il viaggio continua…
"L'età adulta è al contempo un vertice e uno spaesamento. E' senso di quasi pienezza e scoperta di avere altra strada da fare"2.
Il giovane si concentra sul presente viaggiando verso il futuro; l'adulto, invece, impara a vivere dell'istante e si volge al passato. Vivere profondamente al presente, quindi, equivale a desiderare il tempo già trascorso.

A questo punto entra in gioco l'autobiografia che permette all'adulto di riannodare i fili e di ricomporre i frammenti di un testo ormai scritto nelle sue parti essenziali generando una sorta di integrità interiore, di tregua. "Questa tregua, che nel corso della storia ha preso i nomi di equilibrio, armonia, saggezza, offe una sensazione di pienezza paragonabile al sentirsi tanti in uno, una popolazione di IO all'interno di uno stesso sé"3.

Note
1 Demetrio, D. (1996). Raccontarsi. L'autobiografia come cura di sé. Milano: Cortina Editore
2 ib.
3 ib.

Paola Valentino
Articolo tratto dalla tesi Tra adulti: educazione informale e conversazione