La pubblicità è strettamente intrecciata alla vicenda economica, sociale, intellettuale e culturale di un popolo ed è quindi opportuno delineare sommariamente lo sfondo storico entro cui si è originato e sviluppato il fenomeno pubblicitario, in modo particolare, in Italia.
La nascita della pubblicità in senso moderno è legata alla nascita del giornale, quindi risalgono al Seicento le prime inserzioni pubblicitarie, ma solo tra Ottocento e Novecento si diffondono forme specifiche del messaggio pubblicitario: lo slogan e il cartellone murale. Tutto ciò avviene in un contesto di generale povertà, cui va aggiunta la considerazione del fatto che, in origine, la pubblicità - basata essenzialmente sulla scrittura - attuava una selezione elementare sui già scarsi consumatori, in un paese nel quale a quell'epoca la più parte della popolazione era analfabeta.
In questa fase, la funzione del pubblicitario consisteva nel mediare tra la produzione di un bene e del suo acquisto, tra la presenza di una merce e la sua destinazione all'interno di una classe borghese dai contorni ben definiti (unico attore sociale sulla scena del consumo). L'Italia partecipava con ritardo al successo europeo del manifesto, è comunque certo che il primo gruppo di cartellonisti italiani si presentava con le carte in regola e con una produzione di alto livello qualitativo. Scapigliatura, Divisionismo, Liberty, Futurismo sono gli stili figurativi ai quali in diversi modi e in diverse stagioni si coniuga l'arte cartellonistica del primo Novecento.

Attraverso i piccoli annunci di una miriade di produttori che compaiono sui giornali dell'epoca, si può costruire una radiografia del sistema di vita e della fascia sociale cui appartenevano i lettori di un dato giornale. Il livello di questa comunicazione pubblicitaria è quasi sempre ingenuo e privilegia i codici espliciti (iconico e testuali) rispetto a quelli impliciti (connotazioni ideologiche e sociali), affrontando il lettore con mezzi linguistici che lo chiamano in causa personalmente con lo slogan e, più spesso, con argomentazioni lunghe e dettagliate. Solitamente non vengono sponsorizzati prodotti che aggiungono piacere alla vita, ma quelli che eliminano difetti delle persone. La semplicità immediata di questo idioma pubblicitario ci è confermata dalla presenza di un'aggettivazione massiccia, direttamente legata al marchionimo in strutture cumulative (es Odol. Il migliore per i denti. O ancora Assolutamente pratico! Unico! Sorprendente! Pettine Fatus).
La pubblicità del ventennio è fondamentalmente povera di eventi essendo soffocata da una strategia politico-economica che le era nettamente contraria. Il regime mussoliniano, da sempre avverso allo spirito borghese consumistico, contrappone alla città delle élite e del proletariato urbano il modello di vita rurale. In un periodo di accelerata industrializzazione mondiale l'economia fascista vede nel contenimento industriale uno dei suoi capisaldi. Al di là della reale attuazione di un tale programma, la strategia pubblicitaria subisce un periodo di rallentamento e stasi, nel quale si configurano solo potenzialmente gli sviluppi comunicativi futuri della "modernizzazione" postbellica (nascita della radio, nuovi mezzi di propaganda politica, incremento e professionalizzazione delle agenzie di pubblicità).

Dopo la seconda guerra mondiale, la pubblicità italiana inizia un percorso di rafforzamento prima, e di sviluppo poi, sia di una nuova immagine sociale, sia di nuove tecniche e di nuovi spazi di comunicazione. La trasformazione economica del paese colloca l'Italia tra i maggior paesi industriali del mondo e determina il superamento del modello contadino. È la città la nuova scena degli anni Cinquanta e Sessanta, epicentro del progresso e del consumo. A questo punto, la pubblicità si porge come strumento indispensabile nel mondo economico italiano, orientando da un lato le aziende a una ricezione attenta delle esigenze del mercato, dall'altro il pubblico a un uso più ampio e razionale dei prodotti.
Nel ben delimitato sistema dei mass media utilizzabile pubblicitariamente, il 3 febbraio 1957 segna una data storica: va in onda per la prima volta Carosello, l'esempio più famoso e forse più longevo di pubblicità televisiva. Proprio Carosello si può assumere per richiamare sommariamente le caratteristiche dell'immagine pubblicitaria di quegli anni e la sua considerazione sociale. Carosello offriva l'immagine di un mondo e di una realtà edulcorati, sempre più rispondenti al modello sociale della borghesia, con messaggi che lodavano le proprietà positive del prodotto e del suo ipotetico consumatore; atteggiamento comunicativo che sul piano linguistico portò all'uso massiccio di superlativi, moduli esclamativi, pseudocomparativi che accompagneranno alcune espressioni pubblicitarie fino ai giorni nostri.

Un clima di ostilità culturale si può ascrivere ad un'intera generazione intellettuale che nel decennio Sessanta-Settanta studia il fenomeno pubblicitario deprecandone gli effetti nefasti. La pubblicità, presentata come uno strumento in grado di manipolare l'uomo sino al livello degli istinti, avrebbe contribuito alla formazione di schiavi sublimati quali erano considerati gli uomini delle società industriali avanzate.
Negli ultimi anni sono avvenuti numerosi cambiamenti nei settori della comunicazione pubblicitaria: l'aumento del numero di imprese che hanno deciso di servirsi della pubblicità, fatto che ha originato una notevole crescita di agenzie; un pubblico che, orientandosi sempre più verso prodotti di uso non primario, pone nuovi problemi di comunicazione; i mezzi stessi che si trasformano, soprattutto in relazione all'allargamento quantitativo delle reti di trasmissione radiofonica e televisiva, e rendono più ampi e flessibili gli spazi pubblicitari. Dopo oltre cento anni di storia la situazione si presenta radicalmente mutata: da intrusa discreta e tollerata nei giornali di fine Ottocento, la pubblicità si è trasformata in uno dei più ricercati sostegni dei moderni mezzi di comunicazione di massa, di cui orienta in vario modo l'evoluzione.


Giulia Pacioni
Articolo tratto dalla tesi La metafora nel linguaggio della pubblicità