I termini "rete" e "network" sono diventati centrali sia nel mondo accademico che nel senso comune della nostra società e vengono sempre più usati in campi anche molto diversi tra loro. Sentiamo sempre più parlare di società in rete, rete delle comunicazioni, rete ferroviaria e stradale, reti neurali, di network informatici, ecc…

Come sostiene Francesca Comunello è però importante continuare a ricordare "i particolari significati associati a questi termini nei diversi ambiti disciplinari". Infatti, secondo la studiosa, deve essere criticato qualsiasi uso "generico" di questa parola, piuttosto che, come viene spesso accade, diffidare dell'uso metaforico che sta alla base del suo "successo".
L'autrice cerca di fare ordine tra i diversi significati esistenti rielaborando la griglia pensata da Eco per studiare il termine "struttura" e adattandola al termine "rete", così da creare una nuova griglia attraverso la quale scomporre i diversi livelli di significato di questa parola. La griglia proposta da Comunello è la seguente:

• rete come oggetto
• rete come modello
• rete come metafora
• rete come metafora operativizzata
• concezione ontologica
• concezione metodologica

Come emerge da un accurato excursus semantico ed etimologico che la studiosa offre nel testo del 2006, nelle diverse lingue europee il termine "rete" nasce per indicare un oggetto: la rete da caccia o da pesca. Con l'evolvere del suo significato, tuttavia, non diviene più così scontato capire se con questo termine ci si riferisce ad un oggetto o meno. Comunello porta l'esempio delle reti stradali che possono essere intese sia come oggetti, cioè come luogo che può essere percorso, ma anche come modelli, da cui poi derivano le varie interpretazioni metaforiche: le reti stradali diventano la base su cui si sviluppa la metafora delle reti di comunicazione.

L'autrice, per chiarire l'uso del termine "rete" in senso metaforico, fa riferimento allo studio di Lakoff e Johnson. Questi autori definiscono la metafora come il "comprendere e vivere un tipo di cosa nei termini di un altro" e individuano varie e diverse tipologie. Nel caso della rete, viene usato il tipo di metafora che permette di "concettualizzare il non fisico in termini del fisico". Inoltre Lakoff e Johnson criticano sia l'oggettivismo che il soggettivismo per abbracciare l'"esperienzalismo".
Questo si basa sulla convinzione che la verità non sia assoluta, ma dipenda dalla comprensione, così da dare una legittimità anche filosofica all'uso della metafora, che diviene uno "strumento di conoscenza", la base della maggior parte dei concetti a cui facciamo riferimento. Secondo Comunello le costruzioni concettuali fanno proprio ricorso a questo meccanismo. D'altra parte, la metafora non può direttamente rappresentare il punto di partenza per un'analisi empirica, ma è necessario che venga ulteriormente elaborata. Ed è forse proprio questo passaggio ad offrire una più ampia possibilità di critiche. Ma come appunto, l'autrice sostiene, è proprio il tentativo di usare in ambito empirico una metafora, che si rivela troppo "generica", che è sbagliato e non l'uso di questa di per sé.
Quindi anche per quel che riguarda la parola "rete" il rischio non consiste nell'usarla in senso metaforico quanto di accontentarsi di un uso generico. Ciò che importa è riuscire a trovare una "definizione rigorosa" della metafora che viene usata.
Proprio su questa logica si basa il filone di studi che viene chiamato Social Network Analysis, che prende le distanze da un uso semplicemente metaforico del concetto di "rete" e anzi sostiene di basarsi su l'operativizzazione di questa metafora.
La SNA è una metodologia di indagine che comprende diverse tecniche e non una semplice metafora. Comunello parla in questo caso di "metafora ontologica".

Un'ulteriore possibilità di lettura è intendere il termine "rete" come "modello". In questo caso l'attenzione si sofferma non tanto sull'oggetto fisico rappresentato dal termine, ma sulla sua particolare struttura, che in questo caso è formata da "fili intrecciati", che, se considerati astrattamente, possono essere rappresentati da nodi interconnessi tra loro. Considerata in questa prospettiva la "rete" assume un particolare significato come "modello di organizzazione".
Infine Comunello differenzia la "concezione metodologica" da quella "ontologica" del concetto di "rete". Mentre nel primo caso la "reticolarità… è un attributo dell'osservatore piuttosto che dell'osservato", nella concezione ontologica essa rappresenta una caratteristica "insita negli oggetti osservati".

Così mentre il primo è un processo di analisi che adotta il "modello reticolare", perché considerato particolarmente adatto per comprendere i fenomeni osservati, nel secondo caso si pensa di studiare un oggetto che è strutturato a rete.

Un ulteriore elemento di complessità nel comprendere l'uso che oggi viene fatto del termine "rete", è rappresentato dall'ambiguità del rapporto tra le nuove tecnologie dell'informazione e questo concetto. C'è la tendenza a spiegare l'uso di questo termine in relazione agli sviluppi delle tecnologie informatiche e quindi a vederlo come un fenomeno nuovo emerso solo negli ultimi anni. In realtà, dai lavori di diversi studiosi sembra emergere che non siamo di fronte ad un concetto nuovo.
Le tecnologie dell'informazione hanno fornito i mezzi perché potessero diventare visibili le strutture reticolari che sfuggivano alle precedenti analisi. Emerge così un modello di organizzazione reticolare comune a diversi ambiti della realtà sociale e si afferma la convinzione che leggere la realtà alla luce di questo principio organizzativo permetta di cogliere certi aspetti in maniera molto più efficace. Quindi i networks sono emersi solo negli ultimi anni, grazie agli strumenti forniti dalle nuove tecnologie, ma essi erano già presenti, come forma organizzativa, nella società moderna.

Articolo tratto dalla tesi di Carolina Nuti, Reti sociali e teorie sociologiche contemporanee