Il capitale sociale è un concetto indagato nelle scienze sociali solo dagli anni novanta in avanti diventando fondamentale negli studi che analizzano le dinamiche di sviluppo della società.
Con il termine "capitale sociale" si intende generalmente quel bagaglio relazionale e valoriale che un soggetto costruisce nel corso della propria esistenza in una determinata società. L'individuo, infatti, già nei primi anni della vita assorbe su di sé una serie di norme e di valori che gli derivano dall'essere parte di un nucleo famigliare e di una società.

Crescendo, dunque, il soggetto inizierà ad ampliare la propria rete di conoscenze ed a relazionarsi con individui dal bagaglio valoriale ed esperienziale diverso dal proprio. Entrando in contatto con soggetti differenti per esperienza e per conoscenza, l'individuo andrà ad accrescere il proprio capitale che si svilupperà all'interno della società.
Pertanto, un individuo che nel corso della propria esistenza si relaziona con altri soggetti, accrescerà le proprie conoscenze, permettendogli di perseguire fini altrimenti difficilmente raggiungibili.
Infatti, l'unione di soggetti dal bagaglio valoriale ed esperienziale diverso rende possibile risolvere problemi collettivi, facendo perno su reti relazionali e su capitali sociali che variano da individuo ad individuo.
Per questo motivo si è assistito ad un crescente interesse nello studio del capitale sociale, identificandolo, da parte di alcuni autori, come la chiave per capire le dinamiche sottese allo sviluppo di una società.

La breve storia di ricerca sull'argomento e la sua natura complessa non hanno, però, portato ad una definizione univocamente accettata di cosa si intenda per capitale sociale.
La prima studiosa a parlare di capitale sociale è stata Lydia Hanifan nel 1916 all'interno del suo studio sulle performance degli studenti nelle scuole.
"Nell'uso dell'espressione capitale sociale non mi riferisco all'accezione comune del termine capitale, se non in senso figurato. Non mi riferisco ai beni immobili, o alla proprietà privata o al mero denaro, ma piuttosto a ciò che fa si che queste entità tangibili contino nelle vita quotidiana per la maggior parte delle persone, cioè la buona volontà, l'amicizia, la comprensione reciproca e i rapporti sociali fra un gruppo di individui e le famiglie che costituiscono un unità sociale, la comunità rurale, il cui centro logico è la scuola. Nella progettazione comunitaria come nelle organizzazioni e nello sviluppo economico deve esistere un'accumulazione di capitale prima che un lavoro costruttivo possa essere fatto"(Hanifan, 1916).

Dovremo, però, aspettare la fine degli anni '80 per vedere come il concetto di capitale sociale abbia assunto importanza nelle analisi sociali. I due approcci che nascono in questo periodo e che considerano il capitale sociale sotto aspetti differenti sono quello individualista e quello collettivista. Ad entrambi il merito di essere riusciti a dare rilevanza al concetto in esame in termini non solo economici ma soprattutto sociologici.
Secondo le due prospettive differenti e, per certi versi, contrastanti, l'importanza della creazione e dell'accrescimento del capitale sociale risulta essere per entrambe fondamentale per lo sviluppo di una società. Le modalità attraverso le quali si attiva tale procedimento di accrescimento sono, a seconda degli approcci, differenti.

La visione individualista

L'approccio individualista pone l'accento sulle capacità del singolo soggetto di relazionarsi con altri individui per ottenerne un beneficio nella propria vita sociale. Il capitale sociale, così, si costruisce su scelte razionali dell'individuo.

Parlando di "scelta razionale" e di approccio individualista del capitale sociale non si può prescindere da considerare il lavoro di James Coleman (1988,1990,1994). Egli ritiene importante estendere l'approccio individualista della scelta razionale alla creazione di capitale sociale.

L'individuo, in tale concezione, è considerato come un attore razionale, non solo in senso economico ma anche sociologico. Si assume pertanto che, nel perseguimento di obiettivi individuali come la massimizzazione dei propri benefici, questo tipo di attore sociale tenga conto degli altri, delle norme e delle relazioni esistenti all'interno della struttura sociale in cui si muove e che lo faccia in una prospettiva di medio-lungo periodo comprendenti eventuali benefici futuri.
Si considerano alcune azioni da lui compiute come "investimenti relazionali" fatti in una determinata situazione e dei quali raccoglierà in seguito i profitti, materiali o simbolici.

Il successo dell'idea di Coleman si può spiegare in quanto ha posto fine al lungo divorzio tra economia e sociologia che si basava sull'attribuzione di un carattere esclusivamente individualista alle scienze economiche cui si contrapponeva una presunta visione collettivista della sociologia. Con la proposta di Coleman, che accetta il modello utilitarista della scelta razionale arricchito però dalle analisi delle relazioni sociali, le due scienze non sono più contrapposte ma complementari.

"Il capitale sociale è definito dalla sua funzione. Non è un'entità singola, ma una varietà di diverse entità che hanno due caratteristiche in comune: consistono tutte di alcuni aspetti della struttura sociale e agevolano determinate azioni degli individui che si trovano dentro la struttura"(Coleman 1990, p 302).

L'individuo agirà secondo un calcolo di utilità ma all'interno di un contesto abitato da soggetti diversi con cui dovrà relazionarsi e che lo influenzeranno nelle scelte.
Nella prospettiva della teoria della scelta razionale, comunque, rimane irrisolta una questione di fondo: perché gli individui dovrebbero scegliere di investire sul capitale sociale se ciò che interessa loro è solo il perseguimento del proprio interesse personale?
Coleman risponde a questa critica affermando che lo sviluppo del capitale sociale non dipende da un investimento deliberato dei singoli individui, come un esito di una scelta calcolata, ma è un sottoprodotto di attività intraprese per scopi diversi (Coleman 1994 p 312). E' questo, pertanto, il tratto che contraddistingue il capitale sociale da altre forme di capitale (come quello umano e fisico) che sono frutto, invece, di scelte deliberate e intenzionali.

La visione collettivista

L'approccio collettivista, invece, considera la creazione di capitale sociale come il prodotto di uno scambio reciproco di relazioni, non basate essenzialmente sull'utilità individuale. Il soggetto che entrerà in contatto con gli altri porterà con sé il proprio "capitale" che metterà in comunione con gli individui, ricevendo da essi il loro "bagaglio sociale".
In questo modo si creerà uno scambio di esperienze, di conoscenze e di informazioni che renderanno possibile il raggiungimento di scopi altrimenti non perseguibili limitatamente a livello individuale.

Certamente nel considerare il capitale sociale secondo un approccio collettivista non si può prescindere dal prendere in considerazione il lavoro di Robert Putnam (1993, 1996, 2000). Questo autore ha avuto l'indubbio merito di dare rilevanza al capitale sociale e di farlo conoscere, con il suo lavoro, al di là degli ambienti accademici, costituendo fonte di ispirazione per buona parte delle analisi successive.

Putnam definisce il capitale sociale come "[…] l'insieme di quegli elementi dell'organizzazione sociale - come la fiducia, le norme condivise, le reti sociali – che possono migliorare l'efficienza della società nel suo insieme, nella misura in cui facilitano l'azione coordinata degli individui" (Putnam, 1993 p 169).

Da questa definizione si può comprendere quanto l'azione collettiva svolta dagli attori sociali (al fine di poter perseguire fini difficilmente raggiungibili) sia per l'autore un agire coordinato tra individui che danno e ricevono, così, fiducia nella costruzione di reti sociali.
I concetti di fiducia e di reti sociali che nella visione di Putnam compaiono in modo così fondamentale, diventano per molti autori caratteristiche imprescindibili nell'analisi del capitale sociale in una società.

Alcuni testi di riferimento:
- Coleman J. (1988), Social Capital in the Creation of Human Capital, American Journal of Sociology 94
- Coleman J. (1990), Foundations of Social theory, Cambridge, Harvard University Press
- Field J. (2003), Social Capital, Routledge,London
- Portes A. (1998), Social capital: its origins and applications in modern sociology, Annual Review of Sociology 24
- Putnam R.D. (1993), La tradizione civica delle regioni italiane, Milano, Mondadori
- Putnam R.D. (2000), Capitale sociale e individualismo. Crisi e crescita della cultura civica in America, ed. Il Mulino Saggi
- Sabatini F. (2004), Che cosa è il capitale sociale, Dis/Uguaglianze, Trimestrale per l'analisi dei processi di sviluppo e sottosviluppo, Vol. 03
- Trigilia C. (2002), Capitale sociale e sviluppo locale, in Bagnasco, Piselli, Pizzorno, Trigilia, Capitale sociale: istruzioni per l'uso, Bologna, Il Mulino

Articolo tratto dalla tesi di Nadia Giuliano, L'identificazione del capitale sociale: verso una tassonomia.