Convinto della necessità di risolvere la crisi di legittimità che attraversano le odierne società occidentali a capitalismo avanzato, Habermas ritiene che l'agire comunicativo rappresenti un'utile strumento tramite cui gli attori sociali raggiungono l'intesa sulle azioni che compiono e sulle norme che riconoscono come vincolanti.
Nel corso degli anni Ottanta, partendo dalle potenzialità offerte dalla concezione linguistica e comunicativa di un certo tipo di azione sociale Habermas, con la sua complessa teoria sociale, garantisce l'integrazione sociale grazie alla possibilità almeno formale che tutti gli attori hanno di proporre, argomentare e vedere riconosciuti come socialmente validi i propri valori e le proprie norme di riferimento.

L'agire comunicativo, che è il tipo di agire sociale che rende possibile questo modello di democrazia, si distingue e supera il modello dell'agire sociale di matrice weberiana per quanto riguarda ciò che rende possibile l'intesa intersoggettiva.
Se si adotta come modello dell'agire sociale l'agire comunicativo, si suppone che per il fatto stesso di entrare in comunicazione linguistica reciproca gli attori siano orientati a raggiungere l'intesa, almeno quel tanto che permetta la comprensione reciproca di ciò che essi hanno detto; si dispone quindi di uno schema minimo di razionalità utilizzando il quale gli attori possono argomentare, spiegare e proporre alla comune condivisione delle loro convinzioni.
La possibilità di comprendere che cosa ciascun attore intende con la sua azione e/o con il suo progetto di azione è garantita dalle spiegazioni/affermazioni fornite da ciascun attore, che devono essere verificabili e che quindi impegnano in una relazione di fiduciaria i diversi attori.

Come ha scritto lo stesso filosofo nel suo Teoria dell'agire comunicativo, il concetto di agire comunicativo "enuclea dal controllo di situazioni soprattutto due aspetti: l'aspetto teleologico della realizzazione di scopi (o dell'attuazione di un piano di azione) e l'aspetto comunicativo dell'interpretazione della situazione e del conseguimento di una intesa. Nell'agire comunicativo i partecipanti perseguono i propri piani di comune accordo sul fondamento di una definizione comune della situazione.
Se una definizione comune della situazione deve essere prima concordata, oppure se i tentativi di intesa nel quadro di comuni definizioni della situazione falliscono, il conseguimento del consenso, che costituisce normalmente la condizione per il raggiungimento di un obiettivo, può diventare esso stesso lo scopo. Il successo conseguito mediante l'agire teleologico e il consenso prodotto tramite atti di intesa rappresentano in ogni caso i criteri per la riuscita o il fallimento del controllo delle situazioni. Una situazione costituisce il pezzo di un mondo vitale circoscritto ad un tema. Un tema ha origine in connessione con interessi e obiettivi di azione di (almeno) un partecipante; esso definisce l'ambito di rilevanza delle componenti della situazione suscettibili di tematizzazione e viene accentuato dai piani che i partecipanti concepiscono sul fondamento della loro definizione della situazione onde realizzare i loro rispettivi scopi.
Costitutiva dell'agire orientato all'intesa, è la condizione che i partecipanti attuino i propri piani di comune accordo in una situazione di azione definita insieme. Essi cercano di evitare due rischi: il rischio di fallimento della intesa, quindi il dissenso o il fraintendimento, e il rischio del fallimento del piano di azione, quindi l'insuccesso. Evitare il primo costituisce una condizione necessaria per superare il secondo. I partecipanti non possono raggiungere i propri obiettivi se non sono in grado di coprire il bisogno di comprensione necessario per le possibilità di azione della situazione".

Da quanto detto, risulta evidente che Habermas affronta il problema dell'integrazione degli individui in una prospettiva formale: la possibilità puramente teorica che gli attori hanno di discutere la validità delle norme conferisce giustificabilità, se non giustificazione, alle norme che vengono proposte alla condivisione collettiva.
La soluzione proposta dall'autore, però, risulta essere in un certo senso riduttiva in quanto impone di considerare l'attore sociale non in quanto individuo autentico, ma solo per la consapevolezza che esso porta di essere membro della società. Tale consapevolezza si manifesta in Habermas nell'agire comunicativo, in base al quale l'attore, entrando in comunicazione con altri in vista dell'intesa, vincola se stesso (e gli altri) al potere dell'argomento migliore, al riconoscimento del quale sono tutti disponibili.
I partecipanti all'interazione, cioè, non sono orientati primariamente al proprio successo; essi perseguono i propri fini individuali a condizione di poter sintonizzare reciprocamente i propri progetti di azione sulla base di comuni definizioni della situazione.

Dato che gli attori sociali condividono, secondo quanto sostenuto dall'autore, l'appartenenza ad un comune mondo vitale che resta sullo sfondo delle loro relazioni, non problematizzato, ogni volta che un frammento di tale sfondo viene in primo piano perché non c'è più un accordo spontaneo sul suo conto, è necessario avere a disposizione delle risorse interpretative e argomentative che permettano di riguadagnare il consenso perduto o di approdare alla nuova definizione della situazione.
A questo scopo il linguaggio si rivela uno strumento efficace in quanto medium di comunicazione. Il linguaggio, in realtà, non è sempre mezzo di comunicazione tra soggetti: secondo Habermas, infatti, è necessario distinguere tra l'uso linguistico puramente preposizionale mediante cui si dice che cosa accade o non accade e quello mediante cui si dice qualche cosa a qualcun altro, di modo che egli comprenda che cosa viene detto; solo questo secondo modo di usare il linguaggio sarebbe comunicativo e costituirebbe il livello della riproduzione genuinamente sociale della vita.

Nel linguaggio utilizzato in vista dell'intesa, si stabiliscono tre relazioni: "il parlante in quanto esprime la sua opinione, comunica con un altro membro della sua comunità linguistica su qualche cosa nel mondo". Il parlante, cioè, istituisce una relazione con il suo mondo soggettivo, in quanto esprime la sua opinione; con il mondo dei fatti intersoggettivi, cioè sociali, in quanto usa un'espressione comprensibile per l'uditore; con il mondo dei fatti oggettivi, in quanto compie un'enunciazione su qualche cosa.

Il linguaggio usato a scopo comunicativo, quindi, incorpora strutturalmente l'orientamento all'intesa dei partecipanti; infatti, si può considerare riuscito l'atto comunicativo solo se l'uditore accetta l'offerta contenuta in esso, prendendo posizione (sia pure implicitamente) con un sì o con un no sulle pretese di validità, criticabili in linea di principio, che il parlante avanza con il suo discorso e che riguardano se stesso e i suoi vissuti, il mondo oggettivo degli eventi naturali e degli stati di fatto, il mondo intersoggettivo dei valori, delle norme, delle regole del vivere associato.

Proprio a tal proposito, inoltre, si palesa in Habermas l'ascendenza kantiana; in particolare, risulta fondamentale il principio di universalizzazione delle istanze etiche, una rivisitazione dell'imperativo categorico che invita gli attori sociali a ritenere vincolanti solo quelle massime di azione che potrebbero aspirare al riconoscimento e all'adempimento da parte di ogni attore che potesse liberamente partecipare a un'argomentazione razionale.
Se prendiamo sul serio questa comune dipendenza da Kant, possiamo anche individuare una linea di sviluppo unitaria che lega i due pensatori tedeschi e che porta la riflessione sociologica verso un paradigma di comprensione dei fenomeni sociali che possiamo considerare comunicativo. In particolare possiamo cogliere un mutamento da una prospettiva astrattamente relazionale a una in cui la contemporanea presenza di più attori sia una componente effettiva della situazione sociale.
Per Habermas, il processo di riconoscimento e fondazione delle norme sociali, e quindi il processo di costituzione della società, può avvenire solo nel corso di effettivi discorsi tra gli attori, in cui vengono prodotte le argomentazioni e si cerca l'accordo su quali siano le migliori. Con Habermas viene messo a punto un tipo di agire, quello comunicativo, che permette di valorizzare questo tratto strutturale della società moderna.

Testi di riferimento

J. HABERMAS, Teoria dell'agire comunicativo;
J. HABERMAS, Teoria della morale;
J. HABERMAS. Fatti e norme. Contributi a una teoria discorsiva del diritto e della democrazia;
E. MORA, Comunicazione e riflessività. Simmel, Habermas, Goffmann;
P. LECIS, Cultura, mente, società. Habermas, Popper e le strutture dell'universo culturale.


Articolo tratto dalla tesi di Claudia Carluccio, L'opinione pubblica nel pensiero politico del primo Habermas