Il significante è la forma, il contenitore, l’unione di più lettere che origina una parola. Con uno sguardo maggiormente trasversale, lo si può considerare come l’espressione dell’onnipresente volontà di categorizzazione: dato il contesto, ogni volta che ci si trova di fronte ad un particolare referente, si è in grado di raggiungere immediatamente il riferimento, senza in realtà rendersi conto dell’esistenza di questo passaggio nella nostra mente.

La fusione di significato e significante origina da un punto di vista formale un segno, ma da un punto di vista costruzionista origina anche, se non soprattutto, una rappresentazione. Il pensare e il provare emozioni costituiscono dei sistemi di rappresentazione, definiti e regolati dal contesto sociale.

Si può quindi ora affermare senza difficoltà che il linguaggio è un sistema di rappresentazione.

In realtà, tutto ciò di cui è composto un linguaggio (suoni, parole, gesti, ecc.) assume un significato e lo trasmette, in quanto segno, in considerazione dei principi di rappresentazione che governano il modello di riferimento: il linguaggio delle parole. Musica, danza, pittura, fotografia sono alcuni esempi di altri tipi di linguaggio, il cui funzionamento viene compreso sulla base di questi procedimenti.

Possiamo quindi definire la rappresentazione come il mezzo di connessione tra linguaggio e cultura. Attraverso la rappresentazione, infatti, si crea un’unione tra concetti e linguaggio all’interno della mente di ognuno di noi, così da essere in grado di creare dei continui riferimenti verso il mondo “reale” che coinvolge oggetti, persone, eventi. I riferimenti si indirizzano però anche verso il mondo immaginario, che coinvolge sempre oggetti, persone, eventi, ma non reali. Ecco che quindi si evidenza l’esistenza di due diversi sistemi di rappresentazione: in un primo sistema, tutti i tipi di oggetti, persone ed eventi sono collegati ad una serie di concetti (rappresentazioni) mentali che si possiedono perché acquisiti all’interno dei processi di socializzazione primaria e secondaria, necessari per poter interpretare il mondo.

In questo caso, il significato dipende dalle relazioni tra le cose del mondo e il sistema concettuale, le quali relazioni operano in funzione di rappresentazione mentale. Ci troviamo di fronte ad una dimensione molto personale di comprensione e concettualizzazione del mondo, ma la libertà che appare non è in realtà così ampia: anche nel momento in cui due persone comunicano avendo questo sistema di rappresentazione completamente diverso l’uno dall’altro, la loro comunicazione ha comunque successo se appartengono ad una stessa comunità, perché posseggono, anche se in modo poco definito, le stesse mappe concettuali.

Tutto ciò non è però sufficiente: si deve possedere anche un secondo sistema di rappresentazione, che consiste nella capacità di rappresentare e scambiare significati e concetti, di svolgere con successo una comunicazione. Questa funzione è possibile solo attraverso il linguaggio, il quale permette di tradurre i nostri pensieri, i nostri concetti e le nostre rappresentazioni mentali in parole, suoni o immagini.
Tutto quanto precedentemente detto fa particolare riferimento a S. Hall, ma il concetto di rappresentazione è stato interpretato anche in altri modi, altrettanto importanti e sicuramente complementari a quanto analizzato fino ad ora.

Rappresentazione costituisce infatti un elemento basilare anche per R. Barthes (1915-1980), autore francese che, partendo da de Saussure per poi ampliarlo notevolmente, collega il concetto di rappresentazione al concetto di mito (Barthes R., 1957, Mythologies). Barthes parte dal presupposto che esistano due diversi livelli che cooperano con lo scopo di creare il significato: il primo livello è denotativo, è il livello base, semplice, descrittivo; il livello entro cui Barthes fa rientrare gli elementi di significato, significante e segno così come de Saussure li definisce. Il secondo livello è invece connotativo: i significanti che identifichiamo nel primo livello entrano in un tipo di codice successivo che li collega a significati più ampi, ai campi semantici della nostra cultura.
In questo livello il segno che si era identificato in precedenza assume lo stato di significante: si raggiunge in questo modo la dimensione di mito. Il mito, sostanzialmente, è un sistema semiologico, una rappresentazione; è ciò che trasforma il significato in forma, che circola all’interno della nostra vita quotidiana, creando in questo modo un mondo e un posto in esso per noi. Per Barthes, la natura arbitraria del segno linguistico riceve una motivazione culturale solo all’interno del sistema mitologico.

Un ulteriore contribuito per quel che concerne il concetto di rappresentazione è dovuto a Foucault (1926-1984), il quale utilizza questo termine in senso più ristretto e, da un certo punto di vista, più innovativo. Per Foucault, il punto di partenza per la comprensione di ciò che segue è il discorso (non più unicamente il linguaggio), che permette la produzione di conoscenza (non più unicamente significato).
All’interno delle discipline linguistiche, il discorso viene inteso come l’unione di passaggi scritti o orali almeno coesi tra loro. Foucault, invece, definisce il discorso come una serie di affermazioni e dichiarazioni che forniscono un linguaggio, il quale permette di comunicare in riferimento ad un particolare argomento in un particolare momento storico. Il discorso concerne quindi la produzione di conoscenza attraverso il linguaggio (Foucault Michel, 1966, Les mots et les choses, Gallimard, Paris).
Il discorso svolge dei compiti molto importanti: prima di tutto definisce il modo secondo cui un argomento può essere trattato significativamente; in secondo luogo, influenza il modo attraverso cui le idee vengono tradotte in azioni e utilizzate per regolare il modo d’agire altrui. In questi termini, il discorso non va più inteso come riscontrabile in un singolo testo espresso all’interno di una dimensione spazio-temporale molto limitata, ma va ricercato all’interno di più testi; di diverse tipologie di testi; di diversi luoghi istituzionali, parti integranti della società; di una dimensione spazio-temporale più ampia, il cosiddetto periodo storico.

Tale carattere temporale costituisce uno dei due maggiori elementi di distinzione tra l’approccio semiotico e quello di Foucault. Il secondo risiede proprio nel fatto che la produzione di conoscenza e di significato non sia legata al linguaggio in sé, ma al discorso.

In conclusione, è lecito chiedersi cosa sia sostanzialmente la rappresentazione. La rappresentazione costituisce l’elemento di unione tra tre diversi ordini di cose: il mondo delle cose, persone, eventi ed esperienze; il mondo concettuale; i segni rappresentati nel linguaggio.
La rappresentazione è connotata socialmente e culturalmente: riflette, quello che il linguaggio significa, in riferimento ad una particolare cultura e società. La rappresentazione opera di conseguenza attraverso un processo di interpretazione e traduzione che si svolge in modo automatico all’interno della coscienza umana partendo da un codice, il linguaggio, in direzione di un mondo, quello sociale, che ci circonda; e viceversa.

L'articolo è tratto dalla tesi di Erica Luppi, La figura dell'immigrato nella stampa inglese e tedesca. Riflessioni sul concetto di rappresentazione come pratica di costruzione sociale