Il viaggio è un'esperienza che racchiude in sè molti significati, celebrata fin dall'antichità. Da Omero con le narrazioni delle gesta di Odisseo, costretto a un viaggio di ritorno irto di pericoli per scampare all'ira divina e misurare l'umiltà dei mortali, metafora di un viaggio al centro dell'uomo, fino ai più recenti resoconti di grandi autori, esso può esprimere fuga, ricerca, esplorazione, liberazione o soltanto curiosità.

In ogni caso il viaggio è sempre una necessità, dello spirito e del corpo. Una necessità che a volte rivela il proprio senso solo una volta che si è tornati. Un senso magari inaspettato, imprevisto. In mezzo a tutto questo viaggiare, c'è poi un'altra forma: partire per non tornare più o tornare "chissà quando", partire per andare a vivere in un posto diverso. Partire per inseguire una speranza, per ritrovare la propria famiglia. Insomma partire come persona e arrivare come straniero in un paese diverso, anzi come clandestino.

A sentire in televisione o a leggere i giornali, difficilmente ci viene raccontato questo viaggio. Cosa si agita dietro? Quali emozioni? Quali speranze? Quali delusioni? La tesi di Sorina Aurelia Jipa, L'integrazione dei minori stranieri in Italia, raccoglie alcune di queste storie così come vissute da alcuni bambini oggi residenti in Italia. Storie diverse che non hanno altra pretesa se non quella di raccontarsi. E farci conoscere.

“Il viaggio per una vita Migliore"
Il mio viaggio comincia così. Per primo parti mio padre, io ancora non ero nata, sono nata dopo un mese che mio padre andò in Italia per cercare lavoro. Quando io sono nata sono cresciuta 1 anno e 7 mesi senza conoscere mio padre. 1999 mio padre è tornato a casa ma non è rimasto tanto con noi, dopo due settimane è partito di nuovo io e mia madre siamo rimaste per la seconda volta da sole. 2001 papà è tornato a casa ma quando partì, partì insieme a mia madre e io sono rimasta in Romania con mia nonna per 1 anno. In questo anno io mi sono ammalata, tutti i giorni mi mettevo seduta con una foto di mamma e papà e la guardavo con lacrime triste e sofferenti di una bambina di tre anni.
Dopo un anno mio padre tornò in Romania per portarmi in Italia. Avevo 4 anni questo viaggio era la più difficile esperienza della mia vita, era freddo, neve, vento e io non vedevo l’ora di vedere mia madre. Questo viaggio durò 2 giorni, e di tanto in tanto mio padre mi dava il telefonino per parlare con mia madre. Io cominciai a piangere e gli chiedevo a mio padre quando arriviamo in destinazione in Italia.
Finalmente sono arrivata, io dormivo e mio padre mi ha svegliata. “Stefania siamo arrivati, ecco la mamma”. Mi sono alzata e ho saltato in braccia di mia madre. Ero contentissima perche’ finalmente ero vicina a mamma e papà.
Arrivata in Italia per me era tutto strano: la lingua, città tutto – ma ho cominciato ad andare a scuola. Piano, piano, ho imparato la lingua, a piacermi la città, tutto in torno a me.
Io sono contentissima che sono venuta in Italia, mi piace tutto in Italia. La gente, la scuola, tutto quello che c’è in torno a me. Questo viaggio mi ha insegnato che la vita non è così difficile come sembra. In mio paese torno volentieri, ma la mia vita ormai è cominciata qui in Italia.
Mi mancano tanto, tanto le mie nonne, ma tutte le vacanze di estate vado da loro. Io in questo momento sono felicissima che mi trovo in più bel paese del mondo”

Stefania IV B

“Bello ed emozionante"
Il mio viaggio della Romania in Italia è stato molto bello e emozionante; volevo vedere le cose belle che mi raccontava mamma al telefono, lei infatti era in Italia già da tempo.
Io e mio padre siamo partiti alle nove di sera, io ero molto preoccupato e ansioso di arrivare.
Il viaggio è durato 40 ore avevo tanti pensieri e tante cose che mi passavano per la testa.
In Romania abbiamo viaggiato di notte e ho visto poche cose, in Ungheria e Austria abbiamo viaggiato di giorno, ho visto i prati e le strade pulite, tutto era in ordine ma a me interessava arrivare in Italia. Ci siamo fermati tante volte, io non volevo fermarmi.
Siamo entrati in Italia di mattina e con gli occhi spalancati guardavo fuori dalla finestrina e vedevo tante cose nuove. Ero felice di essere in Italia e di ritrovare la mia mamma che non vedevo da 2 anni.
Siamo arrivati alla stazione Tiburtina dove ci aspettavano mia madre e mio zio. Quando ho visto mia madre per l’emozione non capivo più niente. Oggi sono contento della mia scuola, dei miei compagni e delle maestre. Immagino il mio futuro in Italia, vorei studiare e fare il poliziotto.”

Adrian,V A

“Finalmente tutti insieme"
Sono stato contento di partire per l’Italia, ma non sapevo cosa decidere perché in Romania vivevo con mia nonna, gli zii e i cugini. Sono stato con loro tre anni ma in Italia avevo i genitori che non mi avevano visto per tre anni. Quando sono partito sono venuto con il pulmino. Dopo trenta km avevo mal di macchina e mi sono sentito male. In tutto, il viaggio è durato quarantotto ore.
Prima tappa è stata quando mi dovevo incontrare con quel signore che mi ha portato in Italia. Con i controlli alla dogana sono passato in Ungheria e in Austria e poi in Italia. E’ andato tutto bene perché hanno preparato molto prima i documenti. Ero curioso di scoprire Tivoli ed ero emozionato nel vedere i genitori. Quando sono arrivato ero stanco e non vedevo l’ora di riposarmi perhé poi volevo vedere Roma. Mi hanno accolto dei parenti e genitori.
Sono contento di questa esperienza che ha cambiato la mia vita. Mi ha insegnato questo viaggio di stare tutti insieme. La Romania mi manca perche’ soltanto in visita posso andare. Mi manca tutto: la mia nonna, gli zii, i cugini e gli animali.”

Constantin, IV A

“Il viaggio"
Mi chiamo Carlos, sono nato a Cuba il 17/01/1996: sono qui in Italia da otto anni perché la mia mamma si è sposata con un italiano il quale ha fatto il ricongiungimento familiare. A due anni ho preso l’aereo e non mi ricordo bene le emozioni che ho provato perché ero troppo piccolo, ma mi immagino che è stato bellissimo, ma anche un po’ pauroso per l’atteraggio. Però ora mi sono abituato e vi posso assicurare che è una bellissima emozione. Il viaggio è lungo dieci ore, con fuso orario di sei ore in meno. Siamo partiti alle sette di sera orario di Cuba, dall’aeroporto internazionale Jose Marti' dell’Havana.
Questo aeroporto è grande, pieno di luce, con due piani insieme all’ascensore, c’è la tv con i video musicali delle tipiche canzoni cubane, la musica, la salsa vi posso assicurare che è un ballo bello e divertente (io lo so ballare). Nell’aereo ci hanno dato la cena e dopo una mezz’ora mi sono addormentato per tutto il viaggio.
Quando siamo arrivati per me era molto freddo perché il clima era diverso, infatti Giuseppe il compagno di mia madre ci aspettava nell’aeroporto con due piumini. Era la prima volta che venivo in Italia e per me era tanto estraneo, diverso. Non conoscevo il linguaggio però adesso stando nella IV elementare conosco bene il linguaggio e ho tanti amici”.

Carlos, IV A