Se il ruolo attivo del consumatore e l’ambivalenza del consumo risultano chiari in contesti domestici, quando consideriamo istituzioni del consumo globali e assai più prosaiche come le catene di fast food, o merci fortemente standardizzate ed espressione dell’imperialismo statunitense come la Coca Cola, si ricade facilmente nella retorica contro il consumo.

Ne “Il mondo alla McDonald’s” (1993) di George Ritzer la «cultura di consumo» ha un effetto «disumanizzante» perché è l’ultima espressione globalizzata di quel processo di razionalizzazione iniziato con la modernità, riassunta nei quattro principi di efficienza, prevedibilità, calcolabilità e controllo.

In questo modo avremo ambienti, interazioni (coi clienti) e prodotti clonati. Si andrebbe in questo modo verso il tentativo sistematico di eliminare ogni elemento di casualità (quindi di fantasia, mistero, e così via) perché ritenuto sintomo di inefficienza. Per continuare ad attrarre, controllare e sfruttare i consumatori, per Ritzer verrebbe messa a punto una forma razionalizzata di re-incanto, di «fantasia fredda e utilitaristica» che viene offerta nelle «cattedrali del consumo» come una continua grande occasione da non perdere.

In risposta a questo Roberta Sassatelli (2005) ritiene che «non si può derivare il senso delle pratiche di consumo» totalmente e «direttamente dalle intenzioni dei produttori di merci, né dare per scontato che chi controlla la produzione di un oggetto o mette a disposizione un servizio controlli anche il suo consumo»; al contrario gli stessi produttori pongono enfasi sul soggetto e lavorano sulla sua capacità di scegliere.

«Non ci troviamo insomma di fronte a un’alternativa tra un consumatore libero e uno McDonaldizzato: rispondendo alle merci globali, utilizzandole e negoziandone la standardizzazione, i consumatori possono appoggiarsi alla cultura locale e quindi alle differenze di potere e alle disuguaglianze a essa legate, oppure possono far proprio e tradurre quel tanto di universalismo che la cultura di massa sempre contiene per scardinare differenze e disuguaglianze sedimentate nelle loro tradizioni»

Articolo tratto dalla tesi di Marco Espertino, Comunicazioni simmetriche e asimmetriche nella società dei consumi, dove nel primo capitolo vengono ripercorsi i principali contributi di autori classici, quali Simmel, Veblen, Bourdieu e M. Douglas, sul fenomeno sociale del consumo e delle sue interazioni con il gusto.