Vi ricordate le parole del Professore Magatti rilasciate proprio qui in un'intervista al nostro canale?

"Come credo non ci siano persone che s’iscrivono a filosofia per fare il filosofo (anche se poi qualcuno si metterà a fare il filosofo, fare filosofia significa un’altra cosa), allo stesso modo chi s’iscrive a sociologia non deve pensare di diventare “sociologo”, nel senso del pensatore che si occupa dell’universo mondo. Piuttosto deve" continua il professore "da una parte, pensare di entrare a far parte di una tradizione che grazie al suo patrimonio di conoscenze gli permette di acquistare la capacità di leggere e interpretare i fenomeni; dall’altra, pretendere che l’università fornisca metodologie e strumenti per essere indirizzato verso degli ambiti che possano estendersi anche nella sua vita futura e nel mondo professionale.
Sono contrario, dunque, all’idea esclusiva che la sociologia formi sociologi. E non è un caso che tutte le facoltà e dipartimenti di sociologia d’Europa sono in crisi, perché non è mai stato fatto lo sforzo di attaccare l’insieme di conoscenze della tradizione sociologica da qualche parte, a qualche ambito o settore professionale. E’ ovvio, poi, che le conoscenze non si riducano solo a quello, ma nemmeno dobbiamo pensare che chiunque passi attraverso quelle conoscenze diventi sociologo".


Così si esprimeva il preside della Facoltà di Sociologia dell'Università Cattolica di Milano. Una crisi, quella della figura del laureato in sociologia, che eredita secondo lo studioso italiano non solo la confusione accademica, ma anche una più complessa assenza di un quadro di riferimento comune nella materia. Una crisi che apre importanti riflessioni anche sul ruolo del sociologo nella nostra società.

A pensarla così, però, non è solo il prof. Magatti, nemmeno nel contesto accademico. Basti pensare che nel 1985 il prof. Statera così andava dicendo: "è necessario parlare di laureati in Sociologia, più che di sociologi". Insomma, due professori che insegnano tra le più importanti istituzioni universitarie italiane ammoniscono: "studiare sociologia non significa per forza diventare sociologi". Che, tradotto dal punto di vista degli studenti, significa: "un corso di laurea in sociologia allora deve fornirci gli strumenti utili per uscire dagli studi e orientarci in un mercato del lavoro dinamico e complesso".

Ma questo succede? Se non tutti i laureati di sociologia diventeranno sociologi, cioè disinteressati o ideologici pensatori del mondo, allora quale destino li attende? Che il futuro professionale dei laureati in sociologia, infatti, sia qualcosa di sfuggente e irrealizzato è percezione comune, basta visitare un forum di un sito studentesco molto noto, dove frequenti sono gli interventi di ragazzi che si domandano quale sarà il loro futuro una volta fuori dai banchi universitari.

Incomprensioni e dubbi che nascono, certamente, dall'ambizione ideologica caratteristica della sociologia alla sua istituzionalizzazione accademica negli anni '60 e '70, oltre ad una mancata connessione tra sociologia e mondo del lavoro.

A tal proposito, ci piacerebbe creare un osservatorio, uno sguardo sullo stato dei corsi di laurea in Sociologia e sullla loro capacità di introdurre nel mondo del lavoro; un punto di riferimento per monitorare la qualità dei corsi e tastare il polso degli studenti così da fornire utili indicazioni ai futuri iscritti. Per fare questo però abbiamo bisogno del vostro aiuto: inviateci, così, i vostri commenti e le vostre opinioni sull'argomento e sui corsi di laurea!

Manuel Antonini