Come si diffondono le voci e i pettegolezzi?
Attraverso il lavoro di Valentina Garino sulla circolazione delle leggende metropolitane, presentiamo un articolo sulle fasi della diffusione dei pettegolezzi. Come nascono? Come si diffondono? Chi è esposto?
Rosnow ha suddiviso la vita di una voce in tre periodi, che egli ha definito parturition (nascita), diffusion (diffusione) e control (controllo). Il primo momento della vita di una voce è costituito dalla sua nascita. I fattori che ne determinano l’origine possono essere molteplici. Una persona può dare vita ad un pettegolezzo sconveniente al fine di colpire qualcuno o qualcosa che egli percepisce come una minaccia (ibidem). Un individuo può inventare una voce per accrescere la propria popolarità fra le persone a cui la racconta. Le voci possono anche nascere spontaneamente, a causa di una errata interpretazione di un messaggio (Kapferer, 1988).
La nascita
Le voci che nascono spontaneamente possono non essere totalmente accidentali. Sia che la voce sia intenzionale, sia che sia spontanea, l’eccitazione che essa provoca può essere considerata un fattore chiave per sua diffusione iniziale. Alcuni esempi possono essere rappresentati da situazioni minacciose, in cui i canali di comunicazione sono chiusi o inadeguati, oppure da situazioni in cui vi é la necessità di risolvere dei problemi e solo per mezzo delle voci si arriva ad una loro soluzione collettiva.
Durante una catastrofe o un disastro naturale, la tensione, l’agitazione e l’incertezza focalizzeranno immediatamente l’attenzione della gente sulle dicerie (Rosnow, 1974). In alcune circostanze può manifestarsi una dipendenza dalle voci, le quali generano automaticamente interesse ogni volta che appaiono.
Bauer e Gleicher (1953) hanno studiato l’elevata dipendenza da parte della popolazione dell’Unione Sovietica, dalle comunicazioni trasmesse di bocca in bocca. Essi ritengono che quando, per esempio, i posti di lavoro sono a rischio, si crei tra la popolazione un terreno fertile per la diffusione di voci.
La diffusione
Dopo che l’interesse degli individui é stato focalizzato su di un preciso argomento e che una voce é nata in modo più o meno spontaneo, essa dovrà necessariamente iniziare a circolare. Spesso le voci vengono trasmesse da persona a persona nella speranza di ottenere una conferma o una smentita sull’argomento in questione. Altre volte vengono diffuse al fine di ridurre l’ansia che alcuni eventi provocano negli individui. Bauer e Gleicher hanno osservato una forte tendenza alla partecipazione attiva alla trasmissione di bocca in bocca di informazioni, tra gli intellettuali sovietici.
In questa seconda fase della vita di una voce, essa può subire il processo di distorsione illustrato da Allport e Postman (1947), secondo il quale la voce non può che “condurre all’ errore: circolando, essa si allontana dalla verità, in senso proprio e figurato, e rappresenta dunque una distorsione del reale”.
Chi è esposto alle voci?
Festinger e colleghi (1948) ritengono che la probabilità che una data informazione, in circolazione in una struttura sociale, raggiunga un particolare individuo, sia in parte determinata dal numero e dalla natura dei canali di comunicazione della struttura stessa. Essi affermano che la presenza di un alto numero di canali di comunicazione e di esigue forze atte a limitarla aumentano la probabilità che un dato individuo sia esposto all’ informazione. L’amicizia fra due persone, all’interno di una struttura sociale può essere considerata un indicatore dell’esistenza di un canale di comunicazione.
La profondità dell’amicizia, secondo il gruppo di ricercatori, potrebbe avere l’effetto di ridurre le forze inibenti la comunicazione. La comunicazione sarà più frequente se l’intimità del rapporto sarà maggiore.
Al fine di verificare questa ipotesi, il gruppo di ricercatori ha condotto uno studio in un quartiere popolare, all’interno del quale si erano diffuse delle voci aggressive su alcuni membri della comunità. I soggetti vennero intervistati per determinare le caratteristiche dei loro rapporti con il vicinato e, successivamente, suddivisi in tre gruppi. Il primo gruppo era composto dagli individui che dichiaravano di avere buoni amici tra gli abitanti del quartiere sotto osservazione. Il secondo gruppo comprendeva coloro che affermavano di avere moltissimi amici. Tale risposta, secondo i ricercatori, indicava che i soggetti avevano molti conoscenti, ma nessun amico intimo. Il terzo gruppo includeva gli individui che dichiaravano di non avere amici.
La ricerca ha dimostrato che gli individui che avevano amicizie strette nel quartiere, erano stati maggiormente esposti alle voci, rispetto a coloro che avevano solo conoscenti e a chi non aveva alcun legame di amicizia.
L’effetto delle amicizie sull’esposizione alle voci
| Buone amicizie | Conoscenze | Senza amici |
Hanno udito la voce | 62% | 42% | 33% |
Non hanno udito la voce | 38% | 58% | 67% |
Nelle grandi città e nelle nuove aree urbane le voci si diffondono con grande difficoltà. La vicinanza tra gli abitanti, infatti, non è sufficiente per garantire l’ intimità (Kapferer, 1987)
Il controllo
Rosnow (1974) chiama controllo l’ultima fase del percorso di una voce. Egli ritiene che alcune voci si estinguano in modo naturale. Esse si spengono perché la gente si stanca di un argomento e smette di parlarne e di pensare ad esso. Secondo Shibutani (1966) le voci che tentano di dare una spiegazione agli eventi si dissolvono quando l’ interesse generale si rivolge verso nuovi fatti oppure se l’attenzione viene distolta dal problema per noia o frustrazione. Si riscontrano numerosi casi in cui é stato attuato un tentativo deliberato di far estinguere una diceria. I più comuni metodi di controllo delle voci sono quelli che impiegano smentite da parte di figure autorevoli per convincere la gente della falsità di una notizia. Verso la fine degli anni Sessanta, negli Stati Uniti vennero istituiti dei Centri per il controllo delle voci (Rumor Control Centers) col fine di raccogliere e diffondere informazioni accurate per opporre resistenza all’agitazione provocata dalla diffusione delle voci. Istituti simili operarono anche nell’Irlanda del Nord e in Inghilterra (Ponting, 1973).
Rosnow (1974) ritiene che in occasione di disastri naturali, gli espedienti consueti utilizzati dai governanti per ridurre la paura e il panico tra la popolazione siano le smentite ufficiali. E’ possibile, però, che procedure che sono risultate efficaci in alcune situazioni, possano essere controproducenti in altre occasioni.
Shibutani (1966) sostiene questa idea quando descrive una campagna federale, negli anni Quaranta, per contrastare le voci circa la presunta complicità di residenti di origine giapponese nell’attacco a Pearl Harbor. Le voci di tradimento persistettero nonostante le smentite ufficiali da parte del capo della polizia di Honolulu e del direttore dell’ F.B.I.. Secondo il ricercatore la causa non era da ricercare nella mancanza di fiducia verso il governo, ma nel fatto che la gente riteneva che la verità fosse stata soffocata dalla censura vigente in tempo di guerra.
Note:
ALLPORT G. W., POSTMAN L. J., (1947) The psychology of rumor, New York, Holt, Rinehart & Winston.
FESTINGER L., CARTWRIGHT D., et al., (1948) “A study of rumor: its origin and spread”, in Human Relations, Vol. 1, pp.464-485.
KAPFERER J. N., (1987) Rumeurs. Le plus vieux média du monde, Paris, Editions de Seuil (tr. it. Le voci che corrono. I più antichi media del mondo, Milano, Longanesi, 1988).
PONTING J. R., (1973) “Rumor Control Centers: Their Emergence and Operations”, in American Behavioural Scientist, Vol. 16, pp.391-401.
ROSNOW R. L. (1974) ”On Rumor”, in Journal of Communication, summer, Vol. 24(3), pp.26-38.
SHIBUTANI T., (1966) Improvised news: a sociological study of rumor, Indianapolis, Bobbs Merrill
L'articolo è tratto dalla tesi di Valentina Garino. Le leggende metropolitane. Come nascono e perchè si diffondono
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