Home Sociologia
Home Sociologia
Pagina 1 di 2
Hobo: lo studio dei vagabondi nell'America dell'oro

Il testo di Nels Anderson The Hobo è stato definito da molti studiosi un libro indimenticabile, in quanto rappresenta il frutto di un intenso lavoro sugli uomini senza fissa dimora o come preferisce chiamarli lo stesso autore: gli hobos1 (i vagabondi).
La ricerca fu svolta tra il 1922 e 1923.
La ricerca di Anderson sarà il primo studio teso a descrivere i cambiamenti che hanno investito la vita della città e della sua popolazione, e capace di analizzare i problemi della città e le condizioni di vita dei suoi abitanti alla luce di tali cambiamenti. Nel perseguire tale scopo lautore studia lo hobo nel suo habitat, nell'ambiente sociale che si è creato all'interno della comunità da cui è circondato e dalla quale è in gran parte estraneo.
È proprio da questo punto di vista che lo studioso Rauty, autore della traduzione italiana del testo, ci dice che secondo questo punto di vista Anderson è da considerarsi un sociologo per consiglio più che per vocazione, in quanto tali cambiamenti lì ha vissuto sulla propria pelle. Come ho già accennato Anderson era un immigrato o meglio ancora figlio di immigrati di origine svedese che giunse nel 1906 a Chicago e fino alla prima guerra mondiale ha fatto parte di quella comunità di vagabondi senza dimora, o come si dice nel gergo di tale comunità è stato un hobo.
Oggetto di studio nel volume di Anderson sono gli hobos, i vagabondi, gli uomini senza dimora che popolano tre zone specifiche di Chicago costituenti Hobohemia. In quell'area gli hobos intrecciano le loro esistenze, conducendo una propria e specifica vita sociale, costituendo un gruppo di uomini molto diverso dagli altri gruppi di lavoratori. Creano una società con una cultura propria. Uomini che si sottraggono al senso di appartenenza moderno e all'organizzazione sociale, privi di famiglia e di carriera, che coniugano la saltuarietà dei propri legami con i caratteri della propria mobilità e del proprio lavoro, ma gli hobos nel loro spostarsi a piedi e sui treni merci da una fattoria all'altra e da una comunità o da una città all'altra, non rappresentavano uno spaccato esistenziale proprio solo della Chicago degli anni venti, ma costituivano una realtà presente da decenni nella società e nella cultura americana e nella storia del suo lavoro e del suo sviluppo industriale.
Da notare che la figura degli homeless e del loro insediamento sociale erano stati oggetto di analisi già prima della ricerca di Anderson , ma è anche vero che quest'ultimo individua un tipo specifico di uomo senza dimora: hobo.
Anderson fornisce una descrizione della categoria di povero da lui individuata:

"il vero hobo era il lavoratore in posizione provvisoria, che, disposto ad andare dovunque per cogliere l'opportunità di un lavoro, era disposto a lasciarlo in seguito per cogliere un opportunità migliore della precedente"2;

con questa definizione Anderson differenzia lo hobo da altre figure sociali, pure interne a questa realtà marginale, dalle quali tende in qualche modo a differenziarsi. Tali figure sono: il tramp, ilbum, l'home guard, lo stagionale, tutti soggetti che fanno si parte di un unico universo ma che però incarnano la sostanza in modo completamente diverso. Mentre lo hobo è un lavoratore migrante, e ciò che lo distingue dagli altri homeless è che preferisce lavori fuori città, il tramp (il vagabondo) è un non-lavoratore migrante, l'home guard è colui che sempre più tende a divenire stanziale, ad omologarsi alla maggioranza della popolazione e il bum (barbone) è un non-lavoratore stanziale, di solito un ubriacone3.
Così facendo Anderson accentua il senso della disponibilità, della volontà, della necessità di movimento che caratterizza lo hobo e che lo differenzia dalle altre figure.
La presenza dello hobo e del lavoratore migrante e vagabondo nella cultura americana non può essere intesa come un caso limite, ma va considerata come una realtà continua, come una variante della dimensione della povertà, come una figura sociale, interna allo sviluppo del capitalismo e dell'assetto della forza lavoro statunitensi.
Quindi lo hobo attraversa la realtà urbana ma esiste in collegamento essenziale con il lavoro ad essa esterno.
La sua presenza acquisisce spesso trasparenza sociale solo per le caratteristiche devianti attribuitele, che definivano con caratteri nuovi il problema degli homeless rispetto all'ordine sociale.
Ma questa figura rappresentava un bisogno storico dello sviluppo statunitense, infatti alla frontiera era essenziale forza lavoro di uomini mobili, versatili che andavano via quando non c'era più bisogno di loro e ciò finiva per unificare tutto nella categoria della devianza, anche le condizioni del lavoro erano coerenti con la subalternità cui questa fascia sociale era condannata.
La domanda di lavoro non mancava, soprattutto nel settore delle ferrovie, delle attività minerarie e quello della siderurgia, ma una volta ottenuto veniva spesso e rapidamente abbandonato o volontariamente o per costrizione , perché la pratica individuale si scontrava con la gestione che veniva fatta di questo proletariato, vero esercito industriale di riserva all'interno del quale poter selezionare, dividere e contrapporre le singole realtà.
E ciò spiega come l'isolamento dello hobo poteva determinarsi a Hobohemia come in altri luoghi di altre città, ma si restava sempre nell'ambito di una città industriale, nella quale le varie figure di Hobohemia rappresentavano il confluire di esperienze, stati d'animo, progettualità, sogni e vite bruciate che si formano all'interno di una mobilità soprattutto extraurbana. A partire da questo dato minuziosamente spiegato da Rauty si vede come il mondo particolare dello hobo si insidia quasi nella normalità di quello che è il contesto urbano.
Rauty ci fa notare che si potrebbe anche considerare la figura dello hobo come quella di un eroe e perché non proprio di un mito che incarna l'espressione del vecchio spirito della frontiera prodotto della comunità di uomini costituitasi nello sviluppo industriale che ha investito gli Stati Uniti, ma il suo preindustrialismo contiene nello stesso tempo due facce della stessa medaglia ossia gli elementi e le contraddizioni della modernità.



1. L'origine della parola è incerta, secondo alcuni deriverebbe dall'espressione latina "homo bonus"; altri suggeriscono che la parola sia una contrazione musicale dell'usuale saluto "ho, boy"; secondo altri, sarebbe una contrazione di "hello, Brother". Altra ipotesi deriverebbe da "hoosegow" (galera) o da "hoosier", cioè lavoratore senza esperienza o grossolano, oppure dall'"hi, boy!" degli adetti alla posta sui treni del North-West quando scaricavano i sacchi della distribuzione; o ancora sarebbe un gioco di spirito basato sulla derivazione da oboe...
2. N. Anderson, op.cit., p.13
3. N. Anderson, op.cit., p.85


    1 Successiva
ARTICOLI AUTORI LIBRI DOSSIER INTERVISTE TESI GLOSSARIO PROFESSIONI LINK CATEGORIE NEWS Home

Skype Me™! Tesionline Srl P.IVA 01096380116   |   Pubblicità   |   Privacy