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Da Pechino a Terzigno: l’insediamento dei cinesi nell’area vesuviana.

Le attività economiche dei cinesi

Il modello migratorio cinese è basato su una forte vocazione imprenditoriale nei settori della confezione di abbigliamento, sia per il mercato all’ingrosso sia al dettaglio.
I cinesi commercializzano anche generi alimentari tipici del loro paese originario come: riso, the e soia. Inoltre sono presenti fortemente anche nel mercato dei giocattoli.
Nel periodo natalizio gestiscono gran parte del commercio legale e abusivo dei fuochi d’artificio.
Negli ultimi tempi hanno aperto nel distretto anche vari ristoranti, visitati pure da italiani, qualche negozio di barbiere, in genere frequentato da soli cinesi, ed un paio di associazioni culturali.
Fino a poco tempo fa, per operazioni di invio e di ricezione delle commesse (sopratutto verso e dalla Cina), gli “orientali”si affidavano alle poste o alle banche; di recente, invece, è stata aperta una vera e propria società di servizi finanziari, con sede a Terzino, gestita direttamente da membri della comunità cinese stessa.
Gli immigrati cinesi escludono, in modo categorico, dalle proprie attività il lavoro agricolo e quello dell’edilizia, che è stato ed è una fonte economica ragguardevole per altri soggetti immigrati provenienti soprattutto dal continente africano. In genere c’è un rifiuto per i lavori cosiddetti “duri” e c’è poca attenzione per lavori dove sono previsti titoli di studio, e quindi specificità tecniche.
Per qualsiasi pratica a carattere fiscale o documentazione legale riguardante le proprie attività economiche, i cinesi si rivolgono a professionisti e consulenti italiani del posto.
Il modello portante resta il lavoro autonomo finalizzato all’obiettivo di un elevato benessere economico. Tutta la quotidianità di una famiglia cinese è permeata dall’obiettivo del lavoro, del guadagno, del raggiungimento dell’autonomia che si esplica nell’attività imprenditoriale.


La condizione della donna cinese


Le attività delle donne cinesi, in questo distretto, restano strettamente legate alla funzionalità dell’economia familiare. Si occupano dei figli e della cura della casa, spesso alternandosi al lavoro tessile e di conceria. L’organizzazione del lavoro in questi due ultimi settori (dove gran parte del lavoro può essere effettuato da casa) rende compatibile la soddisfazione della doppia funzione, domestica e di formazione del reddito della famiglia. Molto spesso, poi, casa e laboratorio professionale coincidono nello stesso spazio.
Nei periodi di intenso lavoro, inoltre, si utilizzano tutte le energie disponibili in famiglia, coinvolgendo anche i figli adolescenti.
Una specificità dell’immigrazione femminile cinese è che non si presta ad attività di servizio per le famiglie italiane (come l’accudire persone anziane o invalide, attività di servizio per la pulizia delle case, etc.) a differenza di altri flussi migratori provenienti dall’Africa e dall’Europa dell’Est.
Un’altra nota distintiva molto rilevante dell’immigrazione cinese è la scarsa presenza di donne all’interno della prostituzione. Fenomeno che, al contrario, colpisce in particolar modo le donne provenienti dall’Africa, dal Sud America e dall’Europa dell’Est.
Le giovani donne cinesi difficilmente hanno relazioni di coppia con i giovani del posto. La relazione amorosa, infatti, viene accettata e vissuta solo all’interno della propria comunità.
In quei rari casi nei quali si è in presenza di una coppia mista, spesso vengono messe in atto da parte della famiglia cinese tutta una serie di strategie per far slegare la coppia.


L’Educazione dei bambini cinesi nel vesuviano

La tendenza dei cinesi - qualsivoglia sia il loro livello culturale di partenza - è di mandare i propri figli a scuola anche nel paese ospitante.
In generale, una rete di informazioni interna alla comunità fornisce tutte le indicazioni necessarie per accedere all'istituzione scolastica. Anche laddove sono predisposti dei punti di orientamento da parte delle istituzioni, i cinesi preferiscono rivolgersi alla propria comunità.
Si osserva, raccontava un operatore scolastico, quanto possa risultare difficile per i bambini cinesi il raggiungimento di una propria identità, visto che di essa vengono a far parte due culture, a volte difficilmente complementari. Il rischio della “maladie de l’identitè”, come dicono i francesi, è molto elevato in questi bambini.
“I soggetti maggiormente esposti al rischio di perdita della capacità di gestire la propria appartenenza etnica e culturale sono proprio i bambini, che, giungendo in Italia spesso in età prescolare o poco più, non hanno avuto il tempo nemmeno di apprendere la lingua madre”.
Il tempo dei bambini cinesi è una risorsa contesa tra famiglia, scuola e gruppo di pari. Si è detto, infatti, come la quotidianità di una famiglia cinese sia permeata dall’obiettivo del lavoro, del guadagno, del raggiungimento, coinvolgendo nell’attività imprenditoriale tutte l’energie presenti.
Spesso, poi, le alacri e incessanti attività lavorative per le giovani coppie cinesi rendono problematico la cura dei neonati, che vengono dati in “affidamento” a famiglie italiane prive di sufficienti risorse economiche. La famiglia che presta tutte le cure necessarie percepisce in media 500 euro al mese, con l’obbligo di nutrirlo, lavarlo, assisterlo dal punto di vista sanitario. Il vestiario è a carico della famiglia originaria. Il bambino resta nella famiglia italiana fino all’iscrizione al 1° anno della scuola elementare.
Da un colloquio con una pediatra del posto si è venuto a conoscenza che le famiglie italiane “adottive” tendono a risparmiare sugli alimenti da somministrare ai bambini cinesi, in modo particolare sul latte. Infatti, invece di comprare latte in polvere venduto in farmacia e adatto per la prima infanzia, usano il latte vaccino che costa dieci volte di meno. Per questo alcune coppie di cinesi, più preparate e più ricche, venute a conoscenza di ciò, forniscono alle famiglie che adottano i propri figli i migliori prodotti alimentari presenti sul mercato.
Ci sono imprenditori cinesi che svolgono la propria attività, contemporaneamente, a Prato e a Terzigno, e scelgono di far prender cura dei loro bambini a famiglie terzignesi. La ragione di questo fenomeno è dovuto a due motivi principali. Il primo di ordine economico-sociale: in un territorio, infatti, come quello vesuviano dove le opportunità di reddito sono scarse, una nuova fonte di guadagno, anche minima, rappresenta un richiamo molto forte. Ecco perché in questo distretto ci sono molte famiglie italiane disponibili per tale lavoro.
Il secondo di ordine culturale: per i cinesi, anche per i più danarosi, il modello di famiglia è “di tipo patriarcale, dove vale una rigida divisione del lavoro tra membri di sesso diverso, dove il padre domina in virtù del suo ruolo di procacciatore di risorse, anche se risulta modesta la sua presenza in termini di tempo e di investimenti affettivi nella vita familiare. Anche i rapporti tra marito e moglie tendono ad essere improntati al principio dell’autorità maschile e la stessa differenza si riproduce tra figli e figlie femmine che vengono sottoposti a un trattamento educativo differenziale” . Dunque, poiché il modello della famiglia vesuviana corrisponde in linea generale con i modelli familiari della tradizione culturale cinese, le famiglie immigrate preferiscono far accudire i propri figli in un ambiente simile al proprio, dove i valori trasmessi siano vicini a quelli insegnati in un ambiente familiare cinese.
Nel distretto si lamenta inoltre l’assenza di qualsiasi progetto per conoscere meglio le condizioni di vita delle famiglie immigrate e per l’inserimento scolastico, sociale e culturale degli studenti stranieri, come ad esempio un servizio sociale di ascolto, di consulenza e di orientamento.
In altri distretti, come quello di Prato, la situazione è completamente diversa, semplicemente anche da un punto di vista statistico per avere un’immagine dell’immigrazione presente sul territorio. Visitando il sito internet del Centro ricerche e servizi per l’immigrazione del comune di Prato, alla voce cinesi si trovano moltissime informazioni sulla comunità in questione. Esiste una vera e propria anagrafe scolastica dei bambini cinesi, aggiornata in tempo reale, che va dalle scuole materne alle scuole medie. Questo sito è un vero e proprio osservatorio da un punto di vista economico e sociale della presenza dei cinesi in quella zona.
Nei comuni del distretto di San Giuseppe non solo non esiste una banca dati, ma vi è anche una grossa diffidenza nel rilasciare i dati, rendendo più difficile il lavoro delle associazioni e delle famiglie nel costruire un ambiente sociale più accogliente e tollerante verso le diversità.

Giovanni Polise


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