Home Sociologia
Home Sociologia
Pagina 1 di 2
Da Pechino a Terzigno: l’insediamento dei cinesi nell’area vesuviana.

I comuni dell’area vesuviana di cui parliamo qui sono Carbonara di Nola (29 km a Est da Napoli), Ottaviano (22 km a Est da Na), Palma Campania (28 km ENE da Na), Poggiomarino (30 km a SE da Na), San Gennaro Vesuviano (28 km a Est da Na), San Giuseppe Vesuviano (26 km a Est da Na), Striano (32 km NE da Na), e Terzigno (27 km a Est da Na).
Questo distretto o sistema locale del lavoro1 comprende un’area che si stende dal versante orientale del Monte Somma- Vesuvio a 22-26m nella piana del fiume Sarno.
Una parte della Campania affascinante situata ai piedi del monte Somma, per gli antichi il vero vulcano al contrario del Vesuvio considerato buono, anzi “un grand vignoble placide et prospère” (Gino Doria).
La denominazione del Sistema Locale di Lavoro di cui è oggetto questo studio è San Giuseppe Vesuviano (codice ISTAT 444).
La Provincia del centro del Sistema locale di Lavoro: Napoli.
Regione del centro del Sistema locale di Lavoro: Campania.
I comuni di questo SLL sono di piccola e media dimensione e raggruppano al 2001 una popolazione di 115.304 (maschi 56.646, femmine 58.658). La densità abitativa 1.052,17 ed il numero di famiglie è di 35.737 con numero medio di componenti per famiglie 3,23.
I comuni in questione fanno parte dell’area metropolitana di Napoli.
Le vie di comunicazioni con Napoli sono sia ferroviarie con la “storica” Circumvesuviana, sia stradale.
Con l’apertura sempre di nuove strade, che arrivano anche nei punti più marginali del sistema metropolitano napoletano, si è creato un vero e proprio continuum abitativo da far eliminare le demarcazioni tra città e paesi considerati, erroneamente dal punto di vista statistico, “rurali”.
Il tessuto imprenditoriale si è fondato e si fonda su un tipo di economia periferica dove assume grande importanza le attività legate al terziario di base e le piccole attività microimprenditoriali (soprattutto venditori ambulanti), gestite energicamente soprattutto dai capifamiglia. Il soggetto economico centrale resta la famiglia, che decide il destino professionale dei loro membri.
Gli operatori commerciali della zona vesuviana operano anche per il mercato all’ingrosso del C.I.S.(Centro Ingrosso Sud) , che è una vera e propria città moderna del commercio, situata a Nola.
Per molti anni l’unica ricchezza per gli abitanti di questo distretto è stato il commercio e la produzione di vestiario, ma a partire dagli inizi degli anni 90, con l’arrivo di gruppi di cinesi, tutto il sistema economico-locale ha subito un’immensa trasformazione.
Gli imprenditori cinesi, provenienti da Prato, in pochi anni sono diventati i veri padroni della zona, soppiantando le micro-aziende gestite dagli italiani.
Agli inizi erano una sparuta minoranza, oggi sono 1572 distribuiti in vari comuni.
Il fenomeno assume una dimensione significativa e costituisce un singolarità nel contesto della immigrazione extracomunitaria italiana.
Quanti sono i cinesi del Vesuvio? Da dove vengono? Cosa fanno? Come si rapportano con la popolazione locale? Quale sarà prevedibilmente il futuro di questa area? Cercheremo di rispondere a queste domande nelle pagine che seguono.


Origini del fenomeno

La migrazione cinese nel distretto di San Giuseppe Vesuviano proviene da una zona assai precisa localizzata intorno al territorio di Prato; uno dei centri d’immigrazione legata all’attività delle concerie, delle industrie tessili e della confezione d’abbigliamento.
Secondo i dati elaborati dal Centro Immigrazione del comune di Prato gli immigrati provengono dal territorio cinese del Wenzhou.
In particolare gli immigrati provengono dai distretti di Qinqtian e Wencheng , principalmente aree dove prevale un’economia di sussistenza. Non esistono industrie agricole di rilievo e l’attività principale consiste nella coltivazione del tè, delle patate dolci e della canna da zucchero
Tuttavia chi decide di emigrare da quei distretti raramente si dedicava a tempo pieno all’agricoltura. I cinesi che emigrano sono soprattutto venditori ambulanti, stagionali itineranti, lavoratori qualificati (cuochi), artigiani, falegnami, sarti, parrucchieri, insegnanti, contabili, impiegati di piccole imprese, ed ogni genere di piccoli imprenditori (getihu), “titolari di imprese individuali” come i proprietari di piccoli ristoranti o di bar e case da tè.
Si tratta tendenzialmente di persone intraprendenti, che aspirano ad occupazioni autonome.
I cinesi si indirizzano principalmente verso la Toscana (essenzialmente nelle province di Firenze e Prato) e, in misura minore, verso il Veneto, la Lombardia, l'Emilia Romagna e la Campania, confermando in gran parte (con l'eccezione della Campania) flussi migratori già da tempo esistenti. Inoltre si continua a registrare anche sporadici casi di rientro nella madrepatria.
Per quanto riguarda i movimenti in uscita si nota un incremento nell'ultimo trimestre dell'emigrazione verso l'Emilia Romagna e la Campania.
I primi insediamenti nel contesto vesuviano si sono avuti una decina di anni fa, sul territorio del comune di Terzigno2 e poi nei diversi paesi della zona, con un incremento considerevole negli ultimi cinque anni.
Per i cittadini della zona, proprietari di garage, di appartamenti, di locali ad uso commerciale e di case di campagna, la presenza dei cinesi è stata ed è una fonte economica molto solida, una vera e propria “manna”; i cinesi, infatti, sono molto precisi nel provvedere al pagamento dell’affitto e non fanno molte storie sul prezzo. “Qualche anno fa - racconta un commerciante - affittare una bottega rendeva meno di 500 mila lire. Gli orientali, al loro arrivo, hanno cominciato a pagare più di un milione”.
Un colpo mortale, invece, è stato dato alle micro-imprese artigiane e commerciali locali, con il crollo netto del lavoro a domicilio (tipico di questa zona fino a pochi anni fa) e del lavoro nero in genere.
I cinesi non solo lavorano a costi molto bassi, ma sono molto precisi nella consegna dei lavori; nei laboratori artigianali (per lo più fatiscenti) gestiti dai cinesi, si lavora soprattutto di notte, in condizioni igienico-sanitarie pessime e con un orario di lavoro di dieci/dodici ore.
All’inizio - raccontano i commercianti locali - si vedevano solo vantaggi: duemila gonne, che gli italiani confezionavano in due settimane, loro ci impiegavano due giorni. Poi, piano piano, sono riusciti ad aprire ingrossi di vendita e hanno innescato un mercato di importazione “MADE IN CHINA” di capi falsificanti i marchi registrati, come Fila, Nike, Valentino, ecc., che ha soppiantato la produzione tipica della zona vesuviana. Non si riesce a capire come questi prodotti possono passare inosservati ai controlli doganali, eppure si trovano sul mercato in modo considerevole.


Rapporto tra i cinesi ed istituzioni locali

La comunità cinese ha leggi proprie e costituisce una sorta di “enclave” chiusa, molta integrata all’interno e poca aperta all’esterna: in genere, si tende a conservare tradizioni e comportamenti del paese di origine. Infatti, “per il cinese d’oltremare il legame con la madrepatria e la sua cultura è ben più di un valore culturale: è una vera e propria risorsa immateriale, una chiave di appartenenza ad un sistema sociale specifico, quello della comunità, che gli permette di accedere a risorse fondamentali per il raggiungimento del proprio progetto migratorio”3. Una caratteristica fondamentale di questo tipo d’immigrazione, a causa della cultura confuciana da cui proviene, è che non “disturba” e non crea problemi sociali alla comunità ospitante, seppure sempre quella cultura favorisce pratiche di sfruttamento rispetto a stranieri di altre provenienze.
Il sindaco di San Giuseppe Vesuviano in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno (19/03/2003) afferma che i cinesi sono “gente onesta, precisa, dedita alla produzione” e non ricorda “neppure un matrimonio misto tra cinesi ed italiane”4. Questo atteggiamento “pacifico” fa si che le autorità locali politiche e le forze dell’ordine assumano un atteggiamento non persecutorio, abbastanza tollerante e non rigido nei controlli.
Per le amministrazioni locali il problema più faticoso e costoso, che arrecano la presenza dei laboratori tessili gestiti dai cinesi, è la raccolta e l’eliminazione dei residui di stoffe, seta e materiali vari per la produzione di scarpe, guanti e borse. I cinesi si disfano dei loro residui o riempiendo tutti gli spazi disposti per la raccolta dei rifiuti, o ammassandoli in luoghi solitari non controllati dalla pubblica autorità o, ancora, bruciandoli. Questo stato di cose negli ultimi giorni è diventato una vera e propria emergenza igienico-sanitaria. Sono state istituite apposite “guardie ecologiche” ma i risultati,almeno per ora, sono molto scadenti.
Nel distretto in questione, inoltre, emerge un dato molto preoccupante: la presenza del fenomeno usuraio. L’usura è un fattore di minaccia dell’economia, al quale sono vulnerabili in particolare il settore della piccola impresa e quello commerciale. Le vittime di usura sono, infatti, soprattutto piccoli imprenditori, commercianti ed esercenti (cinesi ed italiani) in difficoltà i quali, dopo aver contratto il debito e non riuscendogli a far fronte, si vedono costretti a cedere le loro attività economiche all’organizzazione malavitosa. Inoltre, il problema dell’usura è particolarmente difficile da combattere in quanto un ruolo importante lo gioca la vittima, che spesso evita di denunciare il reato per le pressioni subite e finisce così a contribuire alla costruzione del delitto, entrando in questo modo in un circuito dal quale è difficile uscire.
La mossa vincente è quella messa in atto dal comune di Prato di organizzare dei corsi specifici con alcuni soggetti bancari, in presenza di mediatori linguistici e di esperti, al fine di guidare i nuovi venuti al risparmio e all’investimento attraverso canali istituzionali, sottraendoli a uomini-vampiri ed organizzazioni finanziare senza scrupoli.


1. I sistemi locali del lavoro sono aggregazioni di comuni che derivano da una ricerca condotta da Istat ed Irpet in collaborazione con l'Università di Newcastle Upon Tyne a partire dai dati relativi al pendolarismo dei componenti delle famiglie per motivi di lavoro ricavati dagli appositi quesiti posti nel Censimento Generale della Popolazione del 1991. L'obiettivo di base è la costruzione di una griglia sul territorio determinata dai movimenti dei soggetti per motivi di lavoro; l'ambito territoriale che ne discende rappresenta l'area geografica in cui maggiormente si addensano quei movimenti. In questo modo si aggregano unità amministrative elementari (Comuni) individuati sul territorio dalle relazioni socio-economiche.
2. “In questo sito è ben tenuta una villa settecentesca che conserva strumenti di vinificazione dell’epoca. Ancora oggi il vino di Terzigno è un amico inseparabile dei napoletani. Di colore violetto, asciutto, dalla schiuma vivace; gli esperti gli riconoscono un certo pregio di carattere popolaresco, suggerendone lunghe sorsate con un piatto di fichi e prosciutto. I vini campani pur se molti vi trovano”il calore del vulcano e il sapore della lava”, sono ingiustamente poco conosciuti fuori dalla regione.Tranne il Capri, il Ravello, il Greco, il Lacrima Christi, il quale, ormai anch’esso ridotto a mito, è tipico del Vesuvio. La leggenda dice che Lucifero si portò via un pezzo di paradiso per uso personale e così naque il golfo di Napoli: Il Signore, accortosi che mancava la parte migliore, versò lacrime che caddero proprio sul Vesuvio. Facendo germogliare le viti. La storia ricorda che gran parte di questi vigneti apparteneva alla Compagnia di Gesù.”(Touring Club itinerari turistici illustrati da Napoli 1990 pag. 26).
3. Lorenzo breveglieri e Arturo lanzani, Cina a Milano, Abitare Se gesta, Milano,1997,p.231.
4. Nella fase iniziale dell’immigrazione cinese nel milanese ci furono numerose coppie miste fenomeno dovuto alla mancanza di donne cinesi, allora il quartiere Canonica-Sarpi pullulava di popolazione, anche femminile, proveniente da altre province, forse donne più libere e meno condizionate dalla famiglia di origine nelle opzioni matrimoniali. La maggioranza delle future mogli era lavorante alle dipendenze dell’immigrato cinese. La frequentazione e la vicinanza quotidiana furono i requisiti fondamentali per la nascita della coppia all’interno della quale l’immigrato cinese trovò il modo di soddisfare le proprie esigenze e la moglie italiana di ascendere nella scala sociale sposando un uomo di status economico più elevato sebbene culturalmente distante. Quando l’emigrazione dalla Cina delle donne divenne possibile i matrimoni misti sono scomparsi.



    1 Successiva
ARTICOLI AUTORI LIBRI DOSSIER INTERVISTE TESI GLOSSARIO PROFESSIONI LINK CATEGORIE NEWS Home

Skype Me™! Tesionline Srl P.IVA 01096380116   |   Pubblicità   |   Privacy