Le teorie sottoculturali, derivanti dai lavori sui conflitti culturali della scuola di Chicago, considerano la delinquenza non più come un problema individuale, ma come l'espressione collettiva dei problemi di una determinata comunità.

Cohen, ad esempio, elabora una teoria sulla delinquenza giovanile sub-culturale, riallacciandosi alla Scuola di Chicago e alla teoria dell'anomia di Merton.
Anche Cohen, infatti, parte da un'analisi strutturale in base alla quale la mancanza di possibilità di successo uguali per tutti portino alcuni gruppi all'interno della società a indirizzarsi verso atti devianti (teoria dell'anomia di Merton). D'altra parte però esso si distanzia da tale teoria affermando che la devianza è una reazione collettiva e non individuale. La devianza è infatti guidata dai valori tipici della subcultura, quindi il modo in cui si comporta il delinquente è giusto, secondo i principi della subcultura a cui appartiene, mentre è ingiusto secondo le norme del sistema sociale.
Cohen quindi ammette ad una subcultura, anche deviante, un carattere adattivo: essa soddisfa bisogni che i modelli culturali vigenti non soddisfano, permettendo quindi il raggiungimento di quelle mete altrimenti inaccessibili.

Le teorie conflittuali degli anni 60 riconducono la devianza alla più complessiva interpretazione delle dinamiche sociali. La prospettiva conflittualista sostiene che certe persone e certi atti vengono etichettati come devianti e altri no, perché nella società esiste un conflitto di valori e di interessi, tra coloro che hanno il potere di applicare un'etichetta e coloro che non hanno né il potere né la forza di respingerla; la "legge" quindi non è altro che un mezzo con cui i gruppi dominanti impongono la loro volontà su quelli più deboli.

Coser considera il conflitto come una normale dinamica sociale, come un mezzo per scaricare la tensione prima che si raggiunga un livello pericoloso per la stabilità del sistema, piuttosto che come la causa di turbamento.
Coser analizza le funzioni della devianza nei gruppi, sia dal punto di vista dei rapporti fra i membri del gruppo stesso, sia verso l'esterno. Secondo lui il comportamento deviante non è sempre disfunzionale, anzi alcune volte esso provoca maggior coesione morale ed etica nei confronti della norma violata all'interno del gruppo, come affermava già Durkheim.
Il punto centrale delle teorie di Coser è la distinzione tra devianza innovatrice e devianza criminale: l'individuo innovatore agisce e persegue uno scopo che avrà successivamente ricadute positive sull'intera collettività; l'individuo criminale, invece, è colui che agisce per un mero interesse personale.

Valentina Claudili

Articolo tratto dalla tesi Il percorso evolutivo del concetto di devianza