Il termine italiano "bullismo" è la traduzione letterale della parola inglese bullying, termine ormai comunemente usato nella letteratura internazionale per indicare il fenomeno delle prepotenze tra pari, e può coinvolgere sia i singoli, sia i gruppi di bambini o ragazzi.
Originariamente, nei paesi del Nord Europa sono stati usati i termini mobbing (Norvegia e Danimarca) e mobbning (Svezia e Finlandia). La radice dei due termini è mob, il cui significato si riferisce ad un'azione iniziata e portata avanti da un gruppo.

Dan Olweus, tutt'ora considerato la massima autorità mondiale in materia di bullismo, lo ha definito nel modo seguente: "Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente, nel corso del tempo, alle azioni messe in atto da parte di uno o più compagni"a.
Sonia Sharp e Peter K. Smith ne danno una definizione particolarmente articolata, specificando che il comportamento del bullo è un'azione che mira deliberatamente a fare del male o a danneggiare, spesso è persistente, talvolta dura per settimane, mesi o persino anni, e per coloro che ne sono vittime è difficile difendersi. Alla base dei comportamenti sopraffattori c'è un abuso di potere e un desiderio di intimidire o dominare.
Rispetto alla prima definizione di Olweus è evidente l'aggiunta di due criteri importanti: lo squilibrio di forze, accolto dalla comunità scientifica come condizione per parlare di bullismo, e l'intenzione del bullo di ferire la vittima, fatto sul quale, invece, non c'è pieno accordo.

Anche in Italia il bullismo ha trovato una sua definizione ad opera di Ersilia Menesini, che riportiamo integralmente: "Diciamo che un ragazzo subisce delle prepotenze quando un altro ragazzo o un gruppo di ragazzi gli dicono cose cattive e spiacevoli. E' sempre prepotenza quando un ragazzo riceve colpi, pugni, calci e minacce, quando viene rinchiuso in una stanza, riceve bigliettini con offese e parolacce, quando nessuno gli rivolge mai la parola e altre cose di questo genere. Questi fatti capitano spesso e chi subisce non riesce a difendersi. Si tratta sempre di prepotenze anche quando un ragazzo viene preso in giro ripetutamente e con cattiveria. Non si tratta di prepotenze quando due ragazzi, all'incirca della stessa forza, litigano tra loro o fanno finta"2.

Nel passaggio dallo studio teorico alla osservazione della realtà, esistono incertezze e dubbi su una concezione univoca dell'oggetto in questione. Il concetto di prepotenza, infatti, presenta un carattere soggettivo e, pertanto, relativo, che può assumere valori ed estensioni diverse a seconda dei paesi, dei contesti e dei soggetti stessi.
Ada Fonzi sottolinea come il termine bullying sia difficilmente traducibile nella lingua italiana, in quanto, nel nostro vocabolario, "bullo" presenta una duplice accezione: persona arrogante, violenta, teppista, oppure ragazzo che ostenta la propria vanità, magari a vantaggio di una ragazza a cui vuole piacere. Un ulteriore problema è che questa concezione accredita l'idea di bullismo come fenomeno al maschile, il che è ben lontano dalla realtà.

Per ovviare ai fraintendimenti è stata condotta un'indagine3 da cui è emerso che la maggior parte dei soggetti definisce coloro che compiono azioni di bullismo come "prepotenti" o "cattivi". Sulla base dei risultati, perciò, si è preferito optare per la parola "prepotenze" che, oltre ad essere familiare ai ragazzi e al vasto pubblico, presenta un'accezione vasta di significati (includendo così le diverse forme di bullismo), è più ampia della parola "violenti" (le prese in giro o le esclusioni non vengono comunemente riconosciute come forme di violenza verbale o psicologica, anche se lo sono) e sfugge ai toni moralistici del termine "cattivi".

Note bibliografiche

1 Olweus, D. (1993). . Oxford: Blackwell Publishers. Trad. it. Bullismo a scuola. Ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono. Firenze: Giunti, 2001
2 Menesini, E. (2000). Bullismo. Che fare? Prevenzione e strategie d'intervento nella scuola. Firenze: Giunti.
3 Maggi, M. & Buccoliero, E. (2006). Progetto bullismo. L'esperienza e il confronto di quattro progetti di prevenzione. Piacenza: Berti.

Angelo Feggi
Articolo tratto dalla tesi Contrastare il bullismo: una lettura sinottica della valutazione di efficacia degli interventi