La politica italiana sta vivendo in questi ultimi mesi un periodo di infatuazione per il web. Questa nuova attenzione, per la sua esplosività, ha i caratteri della scoperta e si configura come una risposta, nemmeno troppo ordinata, alle rivoluzionarie modalità di conduzione della campagna elettorale per le elezioni presidenziali statunitensi.

L'elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti ha mostrato quali potenzialità in termini di organizzazione, decentralizzazione e partecipazione offra la rete. Non solo. Ad elezione avvenuta, stiamo infatti assistendo al tentativo di dare continuità alla strategia di coinvolgimento e partecipazione della campagna elettorale. Change.gov, infatti, si pone l'obiettivo ambizioso di dare maggior peso ai cittadini nella soluzione dei problemi che il governo federale deve affrontare. Inoltre, risponde all'esigenza del Presidente eletto di creare un nuovo livello di trasparenza nel processo decisonale. "Tell us your ideas and be part of the change you're looking for" è la chiarissima richiesta dello staff di Barack Obama.

Lawrence Grossmann, già nel 1997 evidenziava con sincero ottimismo che: "le attuali tecnologie di telecomunicazione probabilmente permetteranno al nostro sistema politico di tornare alle radici della democrazia occidentale, così come essa è esistita nelle antiche città greche"1. Sappiamo bene come questa previsione sia ancora lontana dal dirsi avverata, ma l'esperimento tentato da Change.gov è ciò che più si avvicina all'idea di "repubblica elettronica" evocata da Grossmann più di dieci anni orsono.

In Italia, il quadro è meno incoraggiante. Il carattere inaspettato delle ultime elezioni politiche non ha permesso la creazione di una web campaign strutturata2, mentre le elezioni del 2006 videro il web come luogo di informazione più che di partecipazione3. Il ritardo italiano si deve a molteplici cause: la non capillare diffusione della banda larga, la predominanza del mezzo televisivo nell'informazione politica e una scarsa attitudine dei partiti italiani a confrontarsi con il nuovo.

Nonostante le premesse, esistono diverse esperienze positive. Italia dei Valori e Partito Democratico, seppur molto lontani dal modello americano, hanno investito molto per fare del web un luogo importante dell'attività di partito. Italia dei Valori, in particolare, ha sviluppato una piattaforma4 per facilitare il dialogo tra gli utenti del sito ed i propri parlamentari. Ognuno di essi possiede un profilo dal quale si possono visualizzare, oltre ai contatti, la biografia, l'attività parlamentare e gli ultimi contributi, sotto forma di video o articoli, realizzati per il sito web.

Nel campo del centrodestra, invece, sono i singoli parlamentari o ministri ad anticipare i partiti nella capacità di sfruttare le potenzialità del web. L'inequivocabile affinità del Partito delle Libertà con il sistema televisivo, del resto, non può che sfavorire un investimento strategico verso le nuove forme di comunicazione. Il mezzo televisivo rimane ancora quello più adatto ed immediato a raggiungere le più ampie fasce di popolazione: esso è fruibile da utenti con eterogenei livelli di istruzione, è diffuso capillarmente su tutto il territorio nazionale ed è economicamente più accessibile dell'acquisto di un computer e della stipula di un contratto che consenta la navigazione.

Proprio per il carattere di originalità in un contesto così poco dinamico, invece, la semplice apertura del canale Youtube del Ministro Gelmini ha interessato molto la carta stampata italiana e gli utenti del web. Il successo dell'operazione è evidente (e la stessa Gelmini lo ha voluto riconoscere in un video di risposta che comparirà a giorni nel suo canale): più di 240mila visualizzazioni e quasi 8mila commenti in una settimana a fronte di un video della durata di 27 secondi. Poco importa che buona parte di essi siano sfottò, l'obiettivo è stato raggiunto: molti studenti hanno risposto nel merito dei problemi e si è creato un dibattito tra i protagonisti della riforma in un luogo non riconducibile direttamente alla politica.

Non è possibile, al momento, definire la rilevanza politica dell'azione intrapresa dal Ministro dell'Istruzione. I suoi futuri passi ci diranno se l'operazione è stata demagogica o meno. Una volta aperto un canale di dialogo, coloro che vi partecipano, pretendono che il flusso di scambio sia continuativo e, soprattutto, che le critiche mosse vengano analizzate e prese in considerazione. Le nuove tecnologie donano al politico una platea di ascolto potenzialmente illimitata che, se attivata, costringe a costruire con essa un rapporto quotidiano di scambio. Saper valorizzare queste relazioni, organizzarle ed informarle costantemente è il nodo fondamentale della questione, dalla quale dipende il successo di una buona strategia web.

Barack Obama è riuscito ad interpretare al meglio queste tendenze e, spesso, nei suoi discorsi si è definito "candidato open source" rendendo perfettamente, con una metafora tecnologica, il disegno di fondo della sua campagna elettorale. Barackobama.com è stato il luogo in cui questa idea ha preso piede giorno dopo giorno.

Uno dei limiti dell'approccio italiano, dunque, sta nella mancanza di interazione tra le pagine dei social networks e quelle dei siti ufficiali dei politici o dei partiti. Aprire un profilo su Facebook, su Youtube o su Twitter è relativamente semplice ed è relativamente semplice anche creare discussioni su queste pagine. Ciò che permetterebbe un salto di qualità, però, sarebbe la capacità di integrare queste esperienze con le piattaforme più complesse e strutturate.

Barack Obama e John McCain, infatti, hanno utilizzato i vari social networks per conoscere pubblici diversi e per raggiungere utenti che mai avrebbero visitato un sito politico, ma il loro obiettivo finale non era quello di ottenere il dialogo. L'obiettivo fondamentale era quello di spingere all'azione gli utenti toccati dai messaggi e allo stesso tempo di decentralizzare il messaggio delle campagne elettorale. Per fare questo tutti i contatti esterni sono stati convogliati agli action center dei portali ufficiali. Ad un primo livello di conoscenza di carattere "amicale" sui social networks è stato affiancato un livello superiore e più complesso con l'obiettivo di spingere l'elettore ad azioni concrete a favore del candidato. Dall'ascolto alla proposta, dal dialogo all'azione.

Il rapporto tra comunicazione politica e web in Italia, dunque, deve ancora consolidarsi, deve ancora maturare. Agli esempi positivi citati potrebbero di certo aggiungersene molti altri, ma appare chiara la mancanza di esperienze strutturate capaci di avvicinarsi alla complessità5 del modello americano.

Federico Viano

Nel nostro archivio è presente la sua tesi La comunicazione politica online in Italia

Note
1. Lawrence Grossman, The electronic republic. Reshaping democracy in the information age, New York, Viking; trad it. La repubblica elettronica, Roma, Editori Riuniti, 1997, pagina 43.
2. Marco Mori, La campagna elettorale online 2008: un'occasione sprecata, Compol.
3. Cristian Vaccari, Informazione senza partecipazione: la comunicazione online dei partiti politici italiani nelle elezioni 2006.
4. Parlamentari Idv.
5 Andrew Raseiej e Micah L. Sifry, fondatore ed editore del Personal Democracy Forum, The Web: 2008's winning ticket.