A seconda di chi è l’attore che compie le azioni vessatorie, ed in base, anche, alla loro direzione ed intensità, si può parlare di Mobbing orizzontale, di Mobbing verticale, di Mobbing trasversale, di Bossing, di Mobbing strategico,di Mobbing relazionale, di Mobbing diretto e indiretto, di Mobbing leggero e pesante.
Vediamo adesso nello specifico come sono posti in essere queste diverse tipologie di Mobbing.

Mobbing orizzontale. Si parla di Mobbing orizzontale, quando le azioni vessatorie sono compiute da colleghi di pari grado rispetto alla vittima. In questo caso, si ricorre al Mobbing per impedire ad uno o più colleghi di fare carriera, e dunque, di avanzare sulla scala gerarchica.

Mobbing verticale. Il Mobbing verticale, in genere, è posto in essere da colleghi di grado superiore rispetto alla vittima. Esistono, però, anche casi in cui esso è attuato da colleghi di grado inferiore, od anche da altro personale facente parte della stessa struttura lavorativa. In genere, i sottoposti compiono Mobbing sia per mantenere i piccoli privilegi di cui godono, sia perché, temendo la rivalsa del capo-mobber, si comportano, nei confronti della vittima, con la sua stessa aggressività, diventando, a loro, volta, mobber. Questi sottoposti, che partecipano tacitamente alle azioni vessatorie di un capo-mobber nei confronti di un suo subordinato, sono indicati con il termine di co-mobber o side mobber. Una caratteristica tipica del Mobbing verticale, è sia la sua efficacia quanto il suo passare inosservato. Ciò avviene, perché il capo, grazie al potere derivatogli dalla sua posizione, può mascherare le persecuzioni psicologiche dietro l’aspetto di misure disciplinari necessarie.

Mobbing trasversale. Il Mobbing trasversale è una forma un po’ più complessa di vessazione psicologica, perché riguarda anche persone che si trovano al di fuori dell’ambito lavorativo. In questo caso, il mobber, nell’intento di creare “terra bruciata” intorno alla sua vittima designata, crea alleanze anche in ambienti esterni all’ufficio, dove il mobbizzato potrebbe cercare appoggio o farsi apprezzare. Il dipendente, dunque, sarà circondato dall’indifferenza, e di colpo, si accorgerà che nessuno gli rivolge neanche più il saluto.

Bossing. Si parla di Bossing, quando il Mobbing è attuato dal diretto superiore od anche dai vertici dell’azienda. In questo caso, è creata un’apposita strategia, messa in atto per allontanare deliberatamente un certo dipendente dal proprio posto di lavoro. Fa parte di questa tattica, l’estromettere poco per volta il lavoratore da ogni possibilità d’avanzamento e di crescita nel lavoro. In questo caso, la vittima potrà anche rimanere in servizio fino alla fine del suo contratto lavorativo, poiché, l’obiettivo fondamentale di chi compie Bossing, consiste nell’aver reso il dipendente impotente, in modo tale che altri, ma non lui, possano andare avanti.

Mobbing strategico. Il Mobbing strategico si può verificare, perlopiù, all’interno delle grandi Imprese, delle Industrie, nelle Aziende e nei grandi Enti. Si tratta, dunque, di luoghi di lavoro, dove per il fatto stesso che vi sono numerosi dipendenti con gradi e posizioni diverse, esistono condizioni d’instabilità. Tale instabilità è generata dalla necessità di continui cambiamenti, che possono portare ad una riduzione e/o ad una riqualificazione del personale, od anche dal fatto che vi sono troppi dirigenti in posizione intermedia che devono avanzare di grado. In questo caso, la strategia di estromissione è intenzionale, siamo cioè alla presenza di un tipo di Mobbing voluto e pilotato, messo in atto per allontanare definitivamente dal mondo del lavoro dipendenti considerati non più utili. In genere, si tratta di dipendenti che lavorano in reparti da chiudere, di soggetti da riqualificare e ritenuti costosi per la nuova organizzazione, o ancora, può trattarsi di lavoratori indesiderati, semplicemente perché, nella strategia prefissata, sono altri che devono fare carriera.

Mobbing relazionale. Il Mobbing relazionale concerne i rapporti interpersonali. Esso può essere di due diversi tipi: cognitivo o emozionale. Si parla di Mobbing relazionale di tipo cognitivo, quando la vessazione psicologica è inerente in particolar modo, alle strategie di potere. In questo caso è seguito il motto: “Dividere per imporre meglio il proprio potere”. Si assiste, così, alla creazione di situazioni atte a provocare invidie e gelosie, con lo scopo preciso di mettere i lavoratori gli uni contro gli altri, per poi poterne squalificare alcuni e destabilizzare altri. Si tratta di una procedura abbastanza complessa, che è posta in atto rifiutando o travisando la comunicazione diretta, mentendo, ed inviando “doppi messaggi”, in modo tale che la vittima, qualsiasi cosa faccia, sbagli comunque. Si parla, invece, di Mobbing relazionale di tipo emozionale, quando l’atto di prevaricazione è legato agli aspetti della personalità della vittima. Esso è provocato da sentimenti quali l’invidia, la gelosia, la rivalsa, il timore di essere superato dal dipendente, o ancora da differenze di genere, di cultura o di classe. Lo scopo preciso del mobber, è, in questo caso, quello di rendere la sua vittima inaffidabile, al fine di estromettere il soggetto dal processo lavorativo e bloccargli la carriera.

Mobbing diretto e mobbing indiretto. Si parla di Mobbing diretto, quando le azioni vessatorie sono indirizzate specificatamente verso la vittima. Si parla invece, di Mobbing indiretto, quando il comportamento persecutorio è rivolto, non direttamente alla vittima, bensì alla sua famiglia o agli amici.

Mobbing leggero. Il Mobbing leggero, si verifica, quando il mobber agisce attraverso gesti e comportamenti sottili e silenziosi, difficilmente dimostrabili. Azioni di questo tipo, sono per esempio, quelle finalizzate all'isolamento progressivo della vittima e quindi alla sua esclusione dal gruppo dei colleghi, al fine di farla sentire sola e indifesa, in un ambiente a lei completamente ostile.

Mobbing pesante. Il Mobbing pesante, si verifica, quando le azioni mobbizzanti oltre a risultare evidenti, sono anche violente. Esse si manifestano attraverso aggressioni verbali o fisiche, urla, riferimenti alla sfera privata o sessuale, alle idee religiose o politiche, risultando, dunque, estremamente invasive.


Articolo tratto dalla tesi di Monica Piccolo, Il mobbing, un'analisi attenta dei fenomeni persecutori in ambiente di lavoro, con uno sguardo rivolto anche alle più recenti introduzioni della letteratuta scientifica (come per esempio il fenomeno dello stalking).